Sopravvivere al Bataclan: Mia e la nuova vita che nasce dentro l’orrore

In Cinema

“Riabbracciare Parigi” di Alice Winocour, premiato a Cannes 2022, torna agli attentati terroristici del novembre 2015 con la storia di una traduttrice impegnata a ricostruire quei lunghi minuti in cui ha rischiato la morte e che ha quasi del tutto dimenticato. Nel suo difficile tragitto verso una nuova consapevolezza, costruirà con altri scampati alla tragedia una complicità inevitabile e per lei costruttiva. Ottima la prova della protagonista Virginie Efira, grazie alla quale ha vinto il Cesar

Ha la forza e il pathos della vita vissuta Riabbracciare Parigi, quarto film scritto e diretto dalla 47enne francese Alice Vinocour, passato lo scorso anno al Festival di Cannes dov’era già stata premiata nel 1915 per Disorder. Proprio al novembre di quell’anno risalgono i drammatici attentati, opera di un gruppo di terroristi di matrice islamica, che fecero 130 morti a Parigi, in prevalenza alla sala Bataclan, dov’era in corso un concerto, poi allo Stade de France e in alcuni bar e ristoranti della città. In uno di questi locali si trovava il fratello della regista, scampato alla morte come Mia, la protagonista di questo film realizzato nel 2022 su quegli eventi e soprattutto sulle conseguenze psicologiche che sconvolsero le vite degli scampati. Se n’è occupato lo scorso anno anche Un anno, una notte di Isak Lacuesta dove i sopravvissuti erano due, e già nel 2018 Netflix aveva realizzato una serie sugli aspetti di cronaca di quella terribile notte e dei giorni successivi.

Mia (l’ottima, misuratissima Virginie Efira, interprete belga, vincitrice per questo Revoir Paris del Cesar alla miglior attrice), è una traduttrice (soprattutto dal russo) e vive una relazione contrastata con il medico Vincent (Gregoire Colin), che proprio la sera di quel 13 novembre la lascia sola, in uno dei locali che saranno poi investiti dalla violenza cieca degli attentatori. Come accade a tanti dei sopravvissuti la sua esistenza, le relazioni con il mondo, la città, le persone, ne uscirà sconvolta al punto che a lungo non riuscirà a ricordare quasi nulla dei lunghi minuti di quella notte. Chi è la persona che l’ha presa per mano e portata in salvo, alla fine delle sparatorie? E’ vero, come dice un’altra signora vittima e sconvolta come lei, che si è chiusa a chiave in un bagno del ristorante, impedendo ad altri di mettersi in salvo? Si può, e come, sopravvivere non solo alla violenza altrui ma ai contraccolpi interiori di tutto questo, a cominciare dal senso di colpa di essere ancora viva a differenza di tanti altri?

E soprattutto, cosa resterà della Mia di prima, che già sembrava piena di dubbi, di fronte a una tragedia che in modo crudele riscrive un prima e un dopo di tutti i rapporti, creando un’empatia, forse a tratti quasi malsana, una complicità con chi è stato lì come te, ha subito e vissuto i momenti di terrore, la sensazione di una morte vicinissima. Empatia che nel film si traduce in una nascente relazione sentimentale tra Mia e Thomas (Benoît Magimel), l’uomo d’affari che nel locale stava festeggiando il suo compleanno, e lei ritrova gravemente ferito, mesi dopo, in un gruppo di aiuto e solidarietà “guidato” da Sara (Maya Sansa) presidentessa dell’associazione delle vittime. E soprattutto nella necessità di identificare il cuoco nigeriano Assane (Amadou Mbow), col quale, nascosta, si è salvata la vita. Oltre a ridare un senso alla sua vita, Mia passa i i mesi successivi alla tragedia tentando di ricostruire quello che non si ricorda (e in parte anche non sa), cercando in particolare quell’uomo, quella mano salvatrice.

Questa indagine personale dà a un film fortemente ancorato ai traumi psicologici della protagonista e degli atri suoi compagni di sventura anche un passo quasi “noir” e al tempo stesso da inchiesta giornalistica. In fondo lei lavora a France Radio. Con un effetto tutto sommato positivo di ricostruzione del contesto, doloroso ma salutare per lei come per gli altri: non solo per arrivare alla “verità dei fatti” (che anche per Vinocour difficilmente è assoluta), ma per ricostruire un legame con quella città (da cui il titolo) che è sempre stata la sua, filmata in tutto il film spesso in modo sfocato, da troppo in alto o troppo vicino, a richiamare la visuale distorta, confusa, che è spesso del ricordo, e soprattutto di un evento come questo. La perdita di coordinate spaziali e temporali contraddistingue molti racconti di sopravvissuti agli attentati di massa: restando ai fatti del Bataclan, si può ricorrere a V13 di Emmanuel Carrere, resoconto di un testimone efficace, e di notevole qualità letteraria, delle udienze del processo ai responsabili.

Riabbracciare Parigi, di Alice Vinocour, con Virginie Efira, Benoit Magimel, Gregoire Colin, Amadou Mbow, Maya Sansa, Nastya Gobuleva Carax, Souleymane Touré, Ema Zampa, Clarisse Makundul

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