Locarno 2018

In Cinema

Programma ricchissimo, forse pure troppo, per il festival n. 71, l’ultimo della gestione di Carlo Chatrian, dal 2020 direttore della Berlinale. C’è la ricca retrospettiva di Leo McCarey, “inventore” di Stanlio & Ollio e regista dei Fratelli Marx, Denzel Washington e Diego Abatantuono protagonisti, e per l’Italia il ricordo del decennio ’68-78 di Silvano Agosti (“Ora e sempre riprendiamoci la vita”) e “Sembra mio figlio” di Costanza Quatriglio. Il regista e produttore cinese Jia Zhang-ke presiede la giuria

Quest’anno la festa nazionale svizzera coincide con l’inaugurazione del Locarno Festival, edizione n. 71. Dall’1 all’11 agosto gli schermi della piazza Grande e del Palacinema, della Morettina e del Fevi, del Gran Rex, del Kursaal e del Palavideo s’illumineranno per proporre film agli appassionati cinefili. Quest’anno però c’è una novità e non da poco, il direttore artistico, il valdostano Carlo Chatrian, è in partenza. Andrà a dirigere il festival di Berlino, dal 2020. Questa sarà quindi la sua sesta e ultima edizione Made in Switzerland prima di passare al Made in Germany. Inutile dire che i “rumors” sul successore (ma è vocabolo che può funzionare anche al femminile) si sprecano.

Per ora meglio tenersi ancorati alle certezze che fornisce il programma 2018. E allora ecco che la tradizionale preapertura (martedì 31 in piazza Grande) propone il musical Grease in occasione del quarantennale, mentre l’inaugurazione vera e propria si avrà con i ventitre minuti musicati dal vivo di Liberty di Leo McCarey, avvocato mancato, creatore della coppia Laurel e Hardy (e Stanlio e Ollio sono proprio i protagonisti di Libertà), ma anche regista dei Fratelli Marx, anticomunista doc, premio oscar per L’orribile verità del ’38 e La mia via del ’45 (a lui è dedicata la ricca e gustosa retrospettiva). A seguire, nella serata inaugurale Les Beaux Esprit di Vianney Lebasque, commedia contemporanea francese su una disabile truffa sportiva.

Tra le anteprime della piazza, da segnalare Searching di Aneesh Chaganty, che su un canonico thriller legato alla scomparsa di una ragazzina innesta un singolare lavoro di immagini da computer e telefono, il promettente sequel The Equalizer 2 di Antoine Fuqua con Denzel Washington, e Un nemico che ti vuole bene dello svizzero Denis Rabaglia, con Diego Abatantuono che involontariamente salva la vita a un sicario e questi vuole ringraziarlo offrendogli i suoi servigi. Da Cannes arriva Spike Lee con BlacKkKlansman, la storia paradossale e vera di un poliziotto afroamericano infiltrato nel Klan, e ci sarà anche Duccio Chiarini con L’ospite, opera seconda dopo il garbato Short Skin.

Sempre in piazza verranno consegnati i vari premi. Ethan Hawke riceverà l’Excellence Award con proiezione di Blaze, il biopic che ha diretto su un cantante country. Pardo d’onore a Bruno Dumont, con proiezione di un paio di episodi della serie tv Coincoin et les z’inhumains. Meg Ryan verrà insignita del premio Leopard Club, mentre Ted Hope riceverà il premio Rezzonico come produttore indipendente e infine a Kyle Cooper, designer di titoli e altro (suoi erano i pluripremiati titoli di testa di Se7en) andrà il Vision Award. Infine Paolo Taviani verrà invece omaggiato, insieme al fratello Vittorio recentemente scomparso, attraverso la proiezione di Good Morning Babilonia.

Tra i film del concorso si nota l’argentino La Flor, quattordici ore dirette da Mariano Llinas con protagoniste le Piel de lana, quattro attrici di teatro protagoniste dei sei episodi che compongono l’avvincente maratona. Intrigante è poi M di Yolande Zauberman, girato in yiddish, su un ragazzino cresciuto nella comunità ortodossa, dolce frequentatore della scuola talmudica, rinomato interprete di canti liturgici che, divenuto grande, racconta le violenze subite da bambino nella sua religiosissima comunità. Guai anche per la chiesa cattolica in Menocchio di Alberto Fasulo, racconto di un indomito contadino friulano del ‘500 che si oppone nientemeno che all’Inquisizione. Fuori concorso, Narcissister si dirige in Narcissister organ player.

Poi, gli italiani: Ora e sempre riprendiamoci la vita di Silvano Agosti racconta quel che è successo nel decennio dal ‘68 al ’78, Sembra mio figlio di Costanza Quatriglio  affronta la questione dei giovani migranti afghani e, disseminati in altre sezioni (sono tantissime, troppe), fra gli altri, ci sono Likemeback di Leonardo Guerra Séragnoli (“Cineasti del presente”), Dulcinea di Luca Ferri (“Signs of Life”), Frase d’arme di Federico di Corato (“Pardi di domani”), e fuori concorso My home in Libya di Martina Melilli.

La giuria è capitanata da Jia Zhang-ke e composta, tra gli altri, da Emmanuel Carrère, Sean Baker, Tizza Covi e Isabella Ragonese: a loro il compito di assegnare i pardi. Grande attesa, grandi speranze, e, come sempre, dita incrociate per scongiurare la maledetta pioggia.