L’amore tra un padre single e un piccolo figlio (quasi) fino all’ultimo secondo

In Cinema

“Nowhere Special” è il delicato e appassionante terzo film di Uberto Pasolini (“Still Life”), tratto da un fatto vero e interpretato con naturalezza dal piccolo Daniel Lamont (4 anni) e da James Norton, forse il futuro 007. Malato di tumore, John vive i suoi ultimi mesi di vita cercando una famiglia cui affidare il piccolo Michael, che ha cresciuto da solo. La scelta sarà sorprendente, nel segno della libertà

Nowhere special (2020) è il terzo, importante film di Uberto Pasolini, italiano di nobili lombi cinematografici (cugino di Pier Paolo Pasolini e nipote di Luchino Visconti) ma da tempo trasferitosi in Gran Bretagna, dove nel 1997 ha prodotto la sorprendente commedia The Full Monthy, campione d’incassi in tutto il mondo, per seguire poi una carriera da regista sensibile, originale; ottimo direttore d’attori, apprezzato ai festival da Venezia a Roma, ha girato nel 2008 Machan, storia di una squadra di cingalesi che si fingono giocatori di pallamano per fuggire dal loro paese e Still Life, premiato a Orizzonti 2013, protagonista un sensibile funzionario del comune di Londra che rintraccia i parenti di persone morte in totale solitudine, condizione esistenziale che condivide e che è alla base del film. 

La sua terza prova è ambientata a Belfast e in altre location dell’Irlanda del Nord, compresi alcuni scorci marini, e racconta con toni quotidiani, quasi documentari, e sulla base di un articolo di giornale che riferiva una storia vera, la straziante, tenerissima relazione tra John, padre single quasi 34enne minato da un tumore che presto lo ucciderà e Michael, il figlio di 4 anni che mai ha conosciuto la madre che li ha lasciati per tornare in Russia. Il racconto usa come contrappunto della loro vita, comune nei gesti, nei toni ma percorsa da un’inevitabile vena sotterranea inquietante che John cerca comunque in ogni modo di sdrammatizzare, gli incontri organizzati per trovare una coppia affidataria cui destinare il piccolo quando rimarrà solo, cosa abbastanza imminente. Genitori più o meno plausibili, uno spaccato di vita reale, uno sguardo nel corpo della società britannica fatto di frammenti che dicono molto con poche parole. Sullo sfondo, un po’ alla Ken Loach, la condizione, spesso drammatica, delle classi meno abbienti (John fa il pulitore di finestre) all’apparenza in secondo piano ma certo non invisibile. 

Una situazione genitoriale estrema che l’ottimo James Norton, che molti indicano come il più probabile candidato alla successione di Daniel Craig-007, interpreta con straordinaria naturalezza, un tatuaggio sul collo e altri sulle braccia, il credibile accento irlandese, seguendo le scelte narrative e registiche dell’autore. Che innanzitutto vanno nella direzione di “recitare” il meno possibile, nonostante l’unico attore non professionista del film, il piccolo Daniel Lamont, abbia finito per diventare, durante la lavorazione del film, il più in parte di tutti. “Per me il cinema in questo momento è una scusa per capire di più della vita degli altri” ha spiegato Pasolini al cast e alla troupe. Aggiungendo che il suo non è un racconto sulla morte ma sull’amore e l’attenzione per gli altri, sull’abnegazione e la responsabilità, sul senso del nostro stare al mondo, fino all’ultimo secondo. 

Il lavoro tra regista e attore è stato indirizzato il più possibile in levare, togliere quello che poteva enfatizzare il ruolo di attore, o a nasconderlo almeno, perché il tentativo principale era catturare una realtà, anche psicologica dei personaggi, al di là del lavoro filmico. Il pubblico non doveva assistere a una storia, che può essere vera o falsa, raccontata da un gruppo di professionisti, ma condividere un momento nel rapporto tra due persone molto speciali ma anche molto comuni, trovando la propria connessione con quello che succede sullo schermo. Così la macchina da presa è sempre ad altezza d’occhio (del genitore o del bambino) e la musica è ridotta al minimo, perché i sentimenti vanno comunicati con le immagini, togliendo nella recitazione qualsiasi forma di enfasi. 

In questo impegno sorprendente e adorabile è il piccolo Daniel, la cui prova, forte di un training di conoscenza e amicizia con Norton partito prima dell’inizio delle riprese, ha consentito a Pasolini di mostrare un rapporto non costruito, ma diventato vero nella realtà, prima che sul set. Per sequenze di uno o due minuti padre e figlio stanno nell’inquadratura insieme, e questo conferma un rapporto vero, non riprodotto grazie all’aiuto del montaggio. E alla fine si può quasi dire che sia il piccolo a scegliere la sua futura destinazione, in un gioco di trasgressione che lo porterà nella casa di una donna single non ricca né giovanissima, complice un disegno che esprime il suo senso di libertà. A coronamento di uno script e di un film che hanno aspetti drammatici ma riescono a tenersi con maestria lontanissimi dal melodramma e dal sentimentalismo. 

Nowhere Special, di Uberto Pasolini, con John Norton, Daniel Lamont, Eileen O’Higgins, Valerie O’Connor, Stella McCusker, Bernadette Brown, Chris Corrigan, Valene Kane, Louise Mathews, Keith McErlean, Rhoda Ofori-Attah  

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