La vittima è donna, chi indaga uomo. E il colpevole resta senza volto

In Cinema

“La notte del 12” di Dominick Moll è un noir ben congegnato e non scontato che tradisce però anche ben solide aspirazioni sociali e culturali. Nel cercare il colpevole di un orrendo delitto a sfondo sessuale, un giovane capitano si rende conto che molte idee sue e di altri investigatori della polizia sono viziate da un pregiudizio di fondo, tutto maschile. La diffidenza verso una bella ragazza che coi suoi modi disinvolti si è forse “offerta” come preda dell’assassino. Attori a noi quasi ignoti e in forma

Viene proposto come un “noir femminista”, ma non è questo il vero punto di forza di La notte del 12, settimo lungometraggio del franco/tedesco Dominik Moll, grande successo in Francia a oltre vent’anni dal suo titolo più famoso, Harry, un amico vero. La vita in provincia, la vita tranquilla, d’improvviso lacerata come uno strappo nel bel mezzo di un sipario scarlatto dalla morte assurda di una ragazza: Clara (Lula Cotton-Frapier), vent’anni appena, bruciata viva in una pigra notte d’autunno. Da qualcuno che la conosceva? È possibile. 

Il giovane capitano Yohan Vivès (Bastien Bouillon), della polizia giudiziaria di Grenoble, indaga sulla vita della ragazza, sulle sue abitudini e frequentazioni, a volte pericolose, a volte soltanto superficiali, frutto di consuetudini e curiosità, di un bisogno di scoperta che può apparire fin troppo spavaldo ma resta sacrosanto. E l’indagine su un atroce delitto, a poco a poco, diventa una sorta di pubblica messa in scena della vita della vittima. Non un processo, per carità. Nessuno dice esplicitamente che Clara se l’è andata a cercare, la sua morte orribile. Nessuno lo pensa. Probabilmente. Ma c’è un fatto, ed è incontrovertibile: troppo spesso la vittima è una donna, quasi sempre a indagare è un uomo. 

Accade in Francia, ma non solo. Accade un po’ ovunque nel mondo. E soprattutto accade che i delitti restino irrisolti. Per mille inspiegabili motivi contingenti, ma soprattutto perché, come scriveva Nietzsche, “tutte le cose sui piedi del caso preferiscono danzare”. E per quanto si tenti di trovare una ragione, un ordine, una spiegazione, nella maggior parte delle occasioni delitti e pene sembrano disporsi con assoluta e beffarda casualità. 

Nella lunga e faticosa indagine che il capitano Vivès porta avanti, con abnegazione e spirito di sacrificio, sensibilità e intelligenza, non mancano i presunti colpevoli e i colpi di scena, ma il senso dell’investigazione, e del film, sono solo in parte questo. È della verità che si va alla ricerca, non possiamo farne a meno, ne abbiamo bisogno, ma al tempo stesso lo sappiamo: la realtà ha mille sfaccettature, ombre, sfumature. E non è mai detto che le varie tessere del puzzle possano incastrarsi secondo giustizia. Anzi. 

Un noir realistico, claustrofobico, emozionante, che racconta la paura, la rabbia, l’ossessione, e infine la stanchezza, la vita quotidiana di chi dovrebbe combattere per il trionfo del bene, schierato sempre e soltanto dalla parte della luce, ma si ritrova troppo spesso a brancolare nel buio, a mani nude, privo di strumenti, di bussole, di una direzione. Un film labirintico che trova nella malinconia la sua cifra, e la sua chiave più profonda nel desiderio di sbatterci in faccia i nostri pregiudizi, la nostra indifferenza, la superficialità del nostro sguardo sugli altri. E l’impotenza che condiziona le nostre vite. La storia di Clara e della sua morte atroce è un racconto di finzione, ma ispirato a fatti veri; e, come ci informa una disperante didascalia proprio a inizio film, ogni anno in Francia ci sono ottocento casi di omicidio, di cui più del 20% è destinato a rimanere irrisolto.

La notte del 12, di Dominik Moll, con Bastien Bouillon, Bouli Lanners, Lula Cotton-Frapier, Anouk Grinberg, Théo Cholbi, Johann Dionnet.

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