Un giorno Star Trek e Star Wars si misero d’accordo: copiamo Korngold

In Musica

Chi era costui? Il suo nome dice poco alla maggioranza di noi ma la sua musica probabilmente l’abbiamo sentita tutti. Erich Wolfgang Korngold, compositore austriaco chiamato dagli Stati Uniti giusto in tempo per sfuggire ai nazisti, diventerà autore di colonne sonore, un paio tanto apprezzate da meritare l’Oscar (e da ispirare gli autori delle due celebri saghe stellari). In Europa ebbe successo una sua opera “Die Tote Stadt”, dal 28 maggio alla Scala di Milano

Al nome Korngold non suona alto un nitrito. Anzi, l’abbonato di turno A B C o D, il turista giapponese, russo, coreano o yankee già alzano gli occhi al cielo dopo aver realizzato con raccapriccio che da martedì 28 maggio non traviate né aide né tosche vedranno alla Scala, ma La città morta (Die Tote Stadt, in tedesco, attenti) dell’Artista Ignoto.

Eppure la musica di Korngold la conosciamo tutti. Al naturale o nelle sue infinite derivazioni l’hanno ascoltata quelli che sono entrati mille volte, o anche una sola, in certe sale buie con in fondo un grande schermo, ma anche chi ormai la fiction la consuma su tutti i pollici del piccolo. La Colonna Sonora come genere, forma, arte, stile e professione, senza di lui non esisterebbe. In calce alla pratica “musica da film”, la sua firma è tra le prime e scritta in grande, molto in grande. Non ci credete? Un attimo di pazienza.

Francesco Giuseppe
Erich Wolfgang Korngold nasce suddito delI’Impero asburgico che ha ancora vent’anni di vita e non lo sa: in Moravia nel 1897, a Brünn, vale a dire Brno. Genio è genio: lo certifica Gustav Mahler dopo aver ascoltato una Cantata che Erich compone a nove anni e gli viene eseguita davanti. A 11 anni Korngold stupisce l’imperatore Francesco Giuseppe in persona con il balletto L’uomo di neve, all’Opera di Corte di Vienna. Richard Strauss consiglia il padre, Julius Korngold, critico musicale potentissimo quanto conservatore, schierato dalla parte sbagliata della storia, di non far perdere tempo al ragazzino: inutile farlo studiare in accademia quando ne sa già più degli insegnanti.

Die Tote Stadt
Quando ha 19 anni, Erich Korngold scrive due opere, L’anello di Polykrates e Violanta, che vanno in scena a Monaco dirette da Bruno Walter, non uno qualunque. Il 4 dicembre del 1920, in un’Europa ancora stordita sopra le macerie della Prima Guerra e dell’Impero austro-ungarico, va in scena Die Tote Stadt, l’opera di Korngold che di quelle macerie fisiche e psichiche porta i segni, trasformati in sogno sinistro e surreale. Un anno prima, nel 1919, di là dell’Atlantico Al Jolson faceva esplodere Swanee, primo grande successo di Jakob Gershovitz, alias George Gershwin, coetaneo di Korngold (Brooklyn, 1898). Due anni avanti, quando il primo delirio del vecchio mondo si era definitivamente davanti a una montagna di cadaveri, a Lawrence, Massachusets, nasceva Leonard Bernstein. Qualcosa in comune fra i tre? Molto: l’America, il cinema, la teatralità riversata nella musica pura, la religione ebraica, l’effluvio tematico, la lingua mai disancorata dalla tonalità, il dono della melodia.

L’America, il cinema
Dopo aver giocato, negli anni Venti, una parte molto promettente sulla scena musicale della vecchia Europa (ascoltando al pianoforte la musica della Città morta, solo per lui, a Vienna, Puccini vaticina che il collega di 23 anni sia “la più grande speranza della nuova musica tedesca”), Korngold va incontro a un deragliamento del destino ch’è la sua fortuna, ma non a casa. Nel 1934 viene chiamato dagli Stati Uniti giusto in tempo per sfuggire al nazismo e per vendere al grande schermo il suo talento. Di là dall’oceano, qualcuno che sa di quel talento melodico-tematico, il drammaturgo Max Reinhardt, gli chiede musica “d’après Mendelssohn” per una versione cinematografica del Sogno di Shakespeare; versione che, molto d’après Korngold, viene toccata da un successo che decide la nuova vita dell’esule, operista, sinfonista e camerista, come autore di musiche da film.

Due Oscar, subito.
Dal ’34 al ’45 – sempre le guerre a dividere i capitoli di vita e di morte–, Korngold scrive almeno 16 colonne sonore per le quali guadagna due Oscar e due nomination. Per quali film? L’uomo è serio, asburgico e non accetta commissioni se non per soggetti ben ponderati e sceneggiature passate sotto la lente. Alle porcate, non si concede.

L’offerta per il secondo film, Captain Blood, non lo entusiasma: le storie di pirati non fanno per lui. Ma quando assiste alle prime prove di Michael Curtiz cambia idea, aiutato dal vedere “in action” Errol Flynn, che insieme a Olivia de Havilland dà carne e sangue alla pellicola (allora si chiamava così perché era così). Su Captain Blood, che inaugura anche la leggenda di Errol Flynn come eroe romantico della celluloide, Korngold compone il suo primo capolavoro, un po’ citando Liszt e molto usando i mezzi del poema sinfonico, anticamera del pensiero cinematografico. I due Oscar arrivano quasi subito: nel 1936 per Anthony Adverse e nel 1938 per Le avventure di Robin Hood.

Un posto alla Warner e la leggenda Erroll Flynn.
Nel 1938 Korngold torna a dirigere in teatro a Vienna, ma la fortuna lo tocca ancora sulla spalla: la Warner Brothers gli offre un posto alto nello staff degli Studios, appena in tempo per sfuggire all’Anschluss dell’Austria al Terzo Reich. I beni della famiglia Korngold sono confiscati. “Ci pensavamo viennesi, Hitler ha fatto di noi degli ebrei”. Anche volendo, è impossibile tornare indietro.
La galleria dei film, tutti di qualità, qui comincia e di qui si allarga: in Juarez (1935), l’uomo aperto al mondo combina il suo album personale (Schubert, Chopin) con la fascinazione del sudamerica, il sapere sinfonico con la musica popolare messicana e La Paloma, che cita; in The Private Lives of Elizabeth and Essex (1939) – questa volta con Flynn c’è Bette Davis – compie la definitiva “confusione” dell’Opera nella musica da film; in The Sea Hawk (1940), Korngold è chiamato a “commentare” uno dei film più lunghi mai prodotti da Hollywood, due ore abbondanti; con The Sea Wolf (1941), Korngold scrive musica che si perde più nelle nebbie di Conrad che di Jack London, dal quale il film è tratto, e accanto alla stella Edward G. Robinson può dire con orgoglio di aver dato il meglio di sé un comprimario senza speranze, almeno nel cinema, Ronald Reagan. Ma Korngold non scrive solo colonne sonore da maestro, forte di una prodigiosa padronanza di ogni dimensione della musica (intuibile anche dalle piccole registrazioni rimaste di lui al pianoforte), ma stabilisce il format moderno dello scrivere per l’immagine in movimento.

L’orecchio di Hitchcock, il fiuto delle Stars (Trek & Wars)
Già nel 1934, certe sue trascrizioni dai valzer degli Strauss erano piaciute per far da base alla musica di un film di Hitchcock che ancora non era Hitchcock. Anni luce più tardi, dopo l’avvento dell’hitchcockiano Bernard Herrmann e di tanti che a Korngold devono molto se non tutto, Gene Roddenberg, creatore di Star Trek, avrebbe imposto al suo compositore di seguire una traccia: la musica di Captain Blood. John Williams, il più onorato e pagato dei compositori di Hollywood, avrà almeno l’onestà di ammettere che Korngold era stato il suo modello per la tetralogia di Star Wars. Ma Indiana Jones e Jurassic Park? E Titanic? E le tonnellate di serial tv sonorizzate a copia/incolla di tutto i sinfonismi primo Novecento?

Vienna non più
Appena finita la Seconda Guerra, Korngold fu tentato di riavvolgere il nastro del tempo e di tornare a Vienna, a scrivere opere, sinfonie, musica da camera. Il bellissimo Concerto per violino Op. 35 è tra i primi prodotti (1945) di quell’illusione. Ma come dimenticare il cinema? Infatti non lo dimenticò: il Concerto è pieno di citazioni da (sue) colonne sonore che evidentemente nessuno conosceva a Vienna e comunque a nessuno spiacque ascoltare nel lirismo che trabocca nel Moderato nobile e nella Romanza, prima che all’Allegro finale scappi un gesto virtuosistico che più trionfale e cinematografico non potrebbe essere. Pre-John Williams anche questo. Il Concerto piacque subito, anche perché lo debuttò Jascha Heifetz con piglio da “Caruso e Paganini insieme” (parola di Korngold). Ma l’Europa non aveva più orecchie per certo suo passato, e Vienna non era più la vera casa.

Erich Wolfgang Korngold, nato in Moravia nel 1897, la morte attese solo altri dodici anni per venirlo a prendere, sessantenne, nel 1957. Ma bussando al 9936 di Toluka Avenue, Los Angeles, vicino agli studi WB e non lontano dal Hollywood Forever Cemetery in cui è sepolto. Korngold, uno sconosciuto?

 

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