Una mostra in cui Chagall si fa illustratore della Bibbia. Un percorso parallelo, ma centrale, per capire l’opera in mostra a Palazzo Reale.
Anche se si è già stati a Palazzo Reale non ci si può perdere Chagall e la Bibbia, piccola ma preziosa mostra in corso al Museo Diocesano, pensata da Paolo Biscottini come una sezione distaccata dell’ampia retrospettiva dedicata al pittore russo, che nulla ha però del doppione o della rassegna di stampo religioso. Cuore della mostra sono ventidue gouaches, realizzate nel 1931 da Marc Chagall (Vicebsk, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) come studi preliminari per una Bibbia illustrata. Rapide pitture su carta nelle quali, con tratto corsivo e una chimica coloristica che non scade mai nella banalità delle corrispondenze univoche, l’Antico Testamento è reinterpretato ora in chiave quasi ironica, ora secondo accordi di profonda malinconia.
Come spesso accade, però, il progetto subisce alterne, e tormentate, vicende: con la Seconda Guerra Mondiale di mezzo e l’inattesa morte di Belle, la prima moglie, il pittore porterà a termine l’impresa solamente nel 1956. Difficoltà certo non secondarie, che si riflettono nella fitta tessitura di segni e campiture delle acqueforti finali, coltri a prima vista impenetrabili, dentro le quali si nasconde un mondo minuto, intimo e remoto, quasi sopraffatto dall’azione dell’acido e del tempo. Denominatore comune, fra gouaches e acqueforti, è la calcolata semplicità: quella eterna e paziente di Dio che plasma le venature di una foglia, quella immediata e gioiosa del bambino che in poche righe traccia il suo mondo.
«Il sogno che [la Bibbia] contiene è come se fosse sotto chiave, sommerso nelle lacrime di millenni», scrive Chagall in un diario rimasto inedito sino alla pubblicazione nel catalogo (unico fra Palazzo Reale e Museo Diocesano). In queste pagine, che meritano di essere lette, si dipana una vita spesa nell’appassionata ricerca di sé, nella continua alternanza di meditazioni esistenziali e aneddoti gustosi, implacabili rincorse di memoria e attualità, compenetrazioni di storia e simbolo: le stesse tematiche – insomma – che animano le opere.
Alla fine, anche quel paio di stravaganze e debolezze della macchina espositiva passano in secondo piano, travolte dalla contagiosa felicità che Chagall ha infuso nelle sue storie e che noi ancora oggi ritroviamo.
“Chagall e la Bibbia”, Museo Diocesano, fino al 1 gennaio 2015.
Foto: Marc Chagall, Roi David Bleu, 1967.