Nicaragua: versi e musica ‘urgenti’ per la nuova rivoluzione

In Letteratura, Musica, Weekend

La poesia sta rinascendo in Nicaragua. Versi, rap nati sulle barricate, canzoni. Effetto della rivolta contro il regime di Ortega, diventato un caudillo autore di una feroce, sanguinosa repressione dei movimenti di protesta in quella che è stata la patria della rivoluzione sandinista. ‘Misiva urgente a Nicaragua’ è il titolo dell’antologia in preparazione che pubblicherà a breve i testi di autori nicaraguensi e centroamericani sulla situazione attuale

“A che cosa serve la poesia rivoluzionaria?” Si chiedeva Roque Dalton, (poeta e rivoluzionario salvadoregno, ndr). “Per creare poeti o per fare la rivoluzione?” Roque era già morto quando la risposta arrivò, da Managua, nel 1979. Perché la rivoluzione sandinista fu anche una rivoluzione di poeti: Ernesto Cardenal, Mejia Godoy, Gioconda Belli, Rosario Murillo, sì proprio lei, l’attuale vicepresidente del paese. Persino Daniel Ortega, suo marito e presidente, si addentrò nella poesia e alcuni suoi poemi ricevettero addirittura il plauso di Salman Rushdie.” Così scriveva due anni fa Carlos Dada, giornalista di El Salvador, su El Faro, il primo quotidiano online dell’America Latina, specializzato in giornalismo investigativo, da lui fondato nel 1998.

La rivoluzione finì nel 1990, Ortega perse davanti a Violeta Chamorro, nel 1996 contro Arnoldo Aleman, nel 2001 contro Enrique Bolaños. Vinse di nuovo nel 2006. Ma non aveva più niente del giovane rappresentante di una rivoluzione vittoriosa che aveva fatto sognare una generazione in tutto il mondo. Si era trasformato, un po’ alla volta, in un classico caudillo. Ha cambiato la costituzione per farsi rieleggere all’infinito, ha eliminato il diritto all’aborto terapeutico per ingraziarsi la chiesa, ha messo i suoi figli a capo di imprese pubbliche e private, dei mezzi di comunicazione. Come colpo finale, alle elezioni del 2016 ha nominato sua moglie Rosario Murillo, la poeta, vicepresidente. “Murillo,” concludeva Dada nel suo articolo di due anni fa, “non è più poeta, l’orteguismo l’ha trasformata in una burocrate. In Nicaragua non ci sono più poeti, come trent’anni fa. Il sandinismo non ha più niente di poetico. Né di rivoluzionario. Oggi è solo un affare, un grande affare familiare”.

Oggi invece, due anni dopo le tristi considerazioni di Baca, la poesia sta rinascendo in Nicaragua. Forse proprio perché è nata una nuova rivoluzione? È iniziata il 19 di aprile. La goccia che ha fatto traboccare la rabbia che covava da tempo sotto le ceneri del “paese più sicuro del Centroamerica” come ama definirlo Ortega, è stata la riforma delle pensioni. Segni di un profondo malcontento della società civile si vedevano però già da tempo. Nel 2014 nasceva un forte movimento contadino prima e di tutta la società civile poi contro la costruzione di un canale interoceanico affidato al tycoon cinese Wang Ching, la cui controparte nicaraguense è la società Pronicaragua presieduta, guarda caso, da uno dei figli di Ortega, Laureano. Che, in realtà, sarebbe un tenore in attività, tanto da invitare nel paese per ben tre volte, e molti si chiedono con quali soldi, il Festival Pucciniano di Torre del Lago e cantare con gli artisti. Nemmeno pessimo, pare. Le moltissime manifestazioni contro il canale vengono duramente attaccate dalla polizia di Ortega. Come altrettanto duramente la polizia si scatena ai primi di aprile di quest’anno contro i manifestanti per l’incendio che ha distrutto 5.500 ettari della riserva biologica dell’Indio Maiz, mentre Murillo per giorni continuava a dire che il fuoco era sotto controllo.

Le manifestazioni iniziate il 19 arile e che continuano ancora oggi sono state fermate nel sangue. Una campagna di repressione durissima, portata avanti dalla polizia officiale e da bande paramilitari appoggiate dal regime Ortega-Murillo. In pochi mesi ci sono stati quasi cinquecento morti, la stragrande maggioranza studenti, ragazzini alcuni, più di tremila feriti, centinaia di prigionieri politici e desaparecidos.

E sono ricomparsi i poeti. In una nuova forma. Anche se Gioconda Belli ha scritto poesie sui fatti di aprile, la nuova poesia sta soprattutto in decine di canzoni, sia dei “vecchi” musicisti come Carlos e Enrique Mejia Godoy, che dei giovani: con un rap spesso nato proprio sulle centinaia di barricate che si sono alzate in tutto il paese cantano la “nuova” rivoluzione.

Amaya, Victoria, Elsa, Yaritza,”scrive Belli nella poesia La verità incarcerata dedicata alle ragazze rinchiuse nella prigione El Chipote, “con i loro volti senza segni e senza rughe, con ancora nelle orecchie il suono delle risa nelle marce, la stanchezza di protestare, l’entusiasmo di pensare…”“Quelli di prima non siamo necessari”, scrive in  Cambio della guardia,  “si eredita l’ardore contro i tiranni.” E ancora, in Gli alberi della mia città sugli enormi e costosissimi alberi della vita in metallo alti venti metri che Murillo ha fatto mettere in tutta la città, di cui alcuni sono stati fatti crollare durante le proteste, “Canto alla ceiba, al corbezzolo, al rovere…agli alberi monumento delle nostre terre…dureranno quanto la mia vita, dei miei figli e forse dei miei nipoti. Gli alberi elettrici-gli alberi di latta invece moriranno. Una a una si spegneranno le sue luci…”

“Ricordati”, risponde il rap duro di Plomo (piombo) di Erick Nicoya, “che noi siamo quelli che hanno cacciato Somoza…il popolo si è sollevato…incediamo questa molotov, prepariamo i mortai… affinché tutti questi ratti sentano l’acquazzone.”

Il sito www.managuafuriosa.com ha elencato più di trenta canzoni nate dopo il 19 aprile. Si va da Nicaragua te quiero libre di Clara Grun a Mi grito es di Moises Gadea, dal rap di strada Somos la voz que se levanta di Bryan David Moreno e Mayo Urbina e El pueblo està sufriendo di Bryan Enrique Sandoval, alla ballata Que se vayan della militantissima Gaby Baca e persino quella del principe della salsa Luis Enrique che canta “perché non torni a scorrere il sangue dei miei fratelli”, a moltissime altre. Versi di rabbia, di dolore e di omaggio, come la canzone che Enrique Mejia Godosy ha scritto per la Comandante Macha, Nahomy Urbina il suo vero nome, una ragazza di 21 anni, malata di cancro, che è stata per mesi sulle barricate. La sua foto con il mortaio in mano è diventata un’icona come lo fu, durante la rivoluzione sandinista, quella della giovane donna con un bimbo al seno e il fucile in spalla. Il 15 agosto, sulla sua pagina Facebook ha scritto che è incinta e ha dovuto lasciare il paese per le minacce ricevute. Per le stesse pesanti minacce anche Carlos Mejia Godoy, le cui numerosissime canzoni del passato, dalla Misa campesina a Pobre la Maria, per non parlare di Ahi Nicaragua Nicaraguita, vero inno del paese, sono state la colonna sonora degli anni della rivoluzione, si è autoesiliato. Carlos non solo ha scritto almeno una dozzina di nuove canzoni di protesta, per gli studenti, per i vescovi e i sacerdoti nicaraguensi che si sono schierati per la difesa dei diritti umani, per le madri i cui figli sono stati ammazzati dalla polizia, ma si è anche esposto in prima persona schierandosi fuori dal carcere El Chipote per chiedere la liberazione dei prigionieri.

 

Se i cantanti stanno accompagnando, fin da aprile, quanto succede in Nicaragua, anche scrittori e poeti stanno facendo sentire la proprio voce. Sempre la Belli, scrittrice ben nota anche in Italia, oltre alle poesie ha scritto una lunga e durissima lettera pubblica a Rosario Murillo che si conclude con queste parole: “Né tu né Daniel passerete alla storia in quella pagina colorata e magnifica che avrai immaginato. A voi né la storia né il popolo vi assolverà mai”. Quasi quotidianamente interviene con articoli e sul suo sito o sulla sua pagina Facebook.

L’ormai 93enne poeta e sacerdote Ernesto Cardenal, ministro della cultura durante la rivoluzione sandinista, ha pubblicamente e ripetutamente chiesto la fine della repressione. “Sia Rosario Murillo che Daniel Ortega,” ha scritto, ”si comportano da padroni.” E ancora, in una lettera inviata a Pepe MujicaOrtega e Murillo non possono continuare a trovare legittimità nei movimenti di sinistra che con i loro atti senza scrupoli hanno tradito. Gli eroi e i martiri della rivoluzione sandinista non meritano che la loro memoria sia macchiata dagli atti genocidi di un dittatore che li ha traditi. Le vittime di Ortega e Murillo meritano giustizia.” Pepe Mujica ha accolto la richiesta del vecchio Cardenal ed è intervenuto. ”Coloro che erano rivoluzionari ieri,” ha detto in una seduta del Senato di Montevideo, “hanno perso il senso della vita.”

Sergio Ramirez, uno dei massimi dirigenti politici negli anni della rivoluzione, oggi famoso scrittore, vincitore del premio Cervantes 2017, il più importante di lingua spagnola, autore già nel 1999 di Adiòs muchachos sull’involuzione del progetto rivoluzionario, ha dichiarato: “Ora desidero scrivere un libro su tutto quello che sta succedendo. Voglio dare un volto ai ragazzini morti, ai ragazzini di quattordici, quindici anni che sono stati assassinati, alle donne, ai prigionieri, una galleria di volti di persone con la loro storia, un libro che sia anche una esposizione parallela di come io ho visto questi fatti e la loro interpretazione basata sulla storia del caudillismo.” Intanto, anche lui, come Belli, interviene con articoli e sul suo sito e sulla sua pagina Facebook.

Di poesie, racconti e canzoni ne nasceranno sempre di più. Perché la repressione continua: da fine settembre sono vietate marce e manifestazioni, la polizia le ha dichiarate illegali e chi continua a “violentare la pace” verrà arrestato. Non sarà difficile quindi per la casa editrice salvadoregna IC trovare materiale per Misiva urgente a Nicaragua, un’antologia che pubblicherà a breve con testi di autori nicaraguensi e centroamericani sulla situazione attuale. Di certo Silvio Rodriguez, il famoso cantante cubano, mai avrebbe immaginato che la sua Cancion urgente para Nicaragua scritta nei primi anni ‘80 sarebbe ritornata di così tragica attualità.

 

Immagine di copertina © Voice of America [Public domain], via Wikimedia Commons

(Visited 1 times, 1 visits today)