La musica che gira intorno/70

In Musica

Che cosa passa questa settimana al convento delle sette note? Concerti all’aperto a gogò complice l’estate. Parte il festival Terraforma a Villa Arconati, al Castello Sforzesco potrete ascoltare Marina Rei e Paolo Benvegnù, all’Ippodromo (in serate diverse) Santana e Caparezza, a Mediolanum Forum Jovanotti. Questi per citarne alcuni. Chi predilige la musica colta, invece, potrà contare su due appuntamenti interessanti: “Il Pirata” di Bellini alla Scala e François Couperin a Santa Maria della Passione. Disco d’oro al sassofonista Emanuele Cisi. Si intitola “No eyes: Looking at Lester Young”. Ancora un giro intorno alla musica per Roberto Casalini che si appresta ad andare in vacanza. Arrivederci a settembre con nuove proposte

St. Vincent da club, Negramaro da stadio
Due appuntamenti tra cui scegliere mercoledì 27 giugno. Al Magnolia, ore 21, si esibisce nell’unica data italiana l’americana e modernista St.Vincent, al secolo Annie Clark, già Polyphonic Spree e già nella band di Sufjan Stevens, dodici anni di carriera solista, cinque album, una collaborazione prestigiosa (Love this giant con David Byrne, 2012) e un Grammy per il “best alternative album” nel 2015. Il repertorio è quello di Masseducation, l’ultimo album dell’ottobre scorso: testi acidi e ironici, filastrocche sulla dipendenza da psicofarmaci (Pills) e sulle megalopoli spersonalizzanti (Los Ageless, gioco di parole), qualche ballatona con il groppo in gola (Happy birthday Johnny). Funky e glam, pop ed elettronica, tra Donna Summer e Talking Heads, per me da non perdere. Buona alternativa, per chi vuole giocare in casa, i Negramaro di Amore che torni, l’album-terapia dopo che lo scioglimento era quasi cosa fatta. Canzoni più ritmiche e rock che in passato, con una sensazione come di ansia e di fiatone e una buona dose di elettronica vintage. A San Siro, ore 20.45.

Santana o lo Stabat Mater di Pergolesi?
Va bene che ha venduto 100 milioni di dischi, va bene che ha vinto dieci Grammy e tre Latin Grammy, va bene che è sulla scena da quarant’anni, ma il Carlos Santana di Soul sacrifice e di Woodstock, persino quello ruffiano di Samba pa ti, è lontano anni luce. Ora suona fisso a Las Vegas e fa sortite solistiche abbastanza kitsch (l’ultimo album è Power of peace del 2017 con i veterani Iseley Brothers, quelli di Twist and shout). Se mettete la nostalgia sopra tutto e non temete la delusioni, l’appuntamento è per giovedì 28 giugno all’Ippodromo di San Siro, ore 19.45. Io sono tentato di andarmene a Santa Maria della Passione dove alle 20 il clavicembalista e direttore francese Christophe Rousset, che ho trovato splendido alle prese con François Couperin, affronta con Les Talents Lyriques (Sandrine Piau soprano e Christopher Lowrey controtenore) lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi.

Terraforma a Villa Arconati
«Da qualche parte nell’universo, così come qui sulla Terra, immaginiamo che la natura e la musica possano favorire il processo teorico di terraformazione, contribuendo alla nascita di nuovi ecosistemi, atmosfere, vite sostenibili». Un festival aspirazionale Terraforma di Villa Arconati, al confine tra Milano e Bollate, giunto alla quinta edizione. In passato ci ho sentito Fossati e molti altri valorosi, oggi si celebra il connubio fra musica e sostenibilità. Da venerdì 29 giugno a domenica 1 luglio -il programma è immersivo, difficile accattarsi concerti singoli- arte e ambiente marciano allo stesso ritmo, con concerti, laboratori, installazioni, possibilità di campeggio. Nel folto cartellone vedo nomi che mi incuriosiscono: Jeff Mills e Lanark Artefax il cui immaginario attinge alla fantascienza, la dj e produttrice giapponese Powder, il percussionista iraniano Mohamed Reza Mortazavi -“le dita più veloci del mondo”-, il berlinese antemarcia Byetone, la diaspora africana di Nkisi, i nostri Valentino Mora e Donato Dozzy. Per il programma completo c’è il sito di Terraforma, per i video portate pazienza: gli ospiti del Terraforma mettono su YouTube pippe da un’ora e passa, manco fossero Gustav Mahler.

Il Pirata di Bellini, naufragio alla Scala
Se non avete voglia di affrontare le zanzare a Villa Arconati (possibile che Autan non abbia pensato di sponsorizzare un festival estivo?) potete riparare alla Scala dove, da venerdì 29 giugno al 17 luglio, va in scena Il Pirata di Vincenzo Bellini. Opera romantica quant’altre mai composta da un Bellini ventisettenne, con amori contrastati, naufragi sulle coste siciliane – gli unici a cui assisteremo questa estate, se a Salvini non viene la faringite – e la donna contesa, la bella Imogene, che esce pazza. L’ultima volta che Il Pirata passò alla Scala fu sessant’anni fa, con la Callas a smaniare d’amore. Oggi lo fa la bulgara Sonya Yoncheva, classe 1981, che è stata un’apprezzabile Mimì nella scorsa stagione scaligera ed è la regina in carica del Metropolitan di New York (avviso ai naviganti: nel video qui sotto, Yoncheva si cimenta con Puccini).

Sentieri d’Oriente a Palazzo Marino
Per la rassegna Sentieri d’Oriente domenica 1 luglio, ore 11, nella Sala Alessi di Palazzo Marino il cremonese Trio Kanon (Lena Yokoyama al violino, Alessandro Copia al violoncello e Diego Maccagnola al pianoforte) esegue musiche del cinese Bright Sheng e del giapponese Toshio Hokosawa. Finale con il Trio in la minore di Maurice Ravel. Non so come lo interpreteranno i cremonesi (bene, ad ascoltare i loro Brahms e Beethoven), ma qui sotto vi fate un’idea dei due compositori asiatici omaggiati. Niente male.

Martedì 3 luglio Milano si fa in quattro
Bastano le indicazioni dei concerti, per dare l’idea dell’effervescenza milanese. Dunque, al Castello Sforzesco, ore 21.30, ci sono Marina Rei e Paolo Benvegnù. All’Ippodromo di San Siro, ore 21, si esibisce Caparezza. Jovanotti conclude il suo tour, che proprio a Milano era partito, al Mediolanum Forum, ore 21 (replica mercoledì 4). E infine al Carroponte c’è Enzo Avitabile con i Bottari, ore 21.30. Ognuno scelga il suo.

Il sax di Emanuele Cisi per Lester Young
Lester Young (1909-1959) l’eccentrico mite, l’apatico, lo stralunato. Il gigante del sax tenore, l’amico di Billie Holiday che lo considera il più grande e lo chiama Prez, il Presidente. Lester Young che a militare si fa un anno e cinque mesi di galera per la coca ed è congedato con disonore. Lester Young prodigioso e gentile e rilassato ma sempre troppo avanti o troppo indietro per i gusti anche dei colleghi. Lester Young il matto gentile che indossa sempre un cappotto nero che gli arriva alle caviglie. Lo schizofrenico che passa giorni a lasciarsi morire, guardando dalla finestra di un albergo sulla 52.a Strada. Lester che non mangia, beve soltanto e s’intossica e non dice niente e sorride, perso infine a questo mondo troppo complicato. A Lester Young dedica un disco tutto da ascoltare, il più bello che ho sentito in questo 2018, il sassofonista torinese Emanuele Cisi. Si intitola No eyes: Looking at Lester Young, ci canta dentro Roberta Gambarini e secondo me non dovreste perdervelo. Poi però andate ad ascoltarvi Prez, per scoprire l’incanto che nasce da un dolore quieto, da un’altra logica, da un altro mondo.

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