Le cosmicomiche e La boutique del mistero: raccolte prodigio

In Teatro

Dalla luna ai grattacieli, dalla nostalgia alla disperazione, un affascinante viaggio nella letteratura e nei mirabolanti racconti di Buzzati e Calvino

La passione di Calvino per la luna e il suo mistero è ben documentata nelle sue Lezioni americane, in cui scrive: “… in un primo momento volevo dedicare questa conferenza tutta alla luna: seguire le apparizioni della luna nella letteratura d’ogni tempo e paese. Poi ho deciso che la luna andava lasciata tutta a Leopardi.” In realtà, la prima de Le cosmicomiche (scritte da Calvino tra il 1963 e il 1964) è riservata alla sua amata luna e lo spettacolo in scena al Teatro Out Off (fino al 27 maggio) si apre proprio con quel racconto, surreale e incantato.

Strutturato come un sogno a occhi aperti, il tema centrale de La distanza della luna è quello dell’amore, raccontato dalla voce di un personaggio che si dissolve e diventa sempre meno “corporeo” nel corso della narrazione: Qfwfq. Lontananza, incomprensione, nostalgia, malinconia, struggimento… tutti i sentimenti che circondano il rapporto d’amore vengono proiettati come un fascio di luce a illuminare la nostra realtà di spettatori. Ci ritroviamo solidali con quella voce senza neppure capirne il motivo, seguendone il variare di tono come rapiti.

Questo primo racconto, intrepretato da Pietro Bontempo, trova il suo opposto perfettamente combaciante nell’ultimo in scena: Inviti superflui di Buzzati (che fa parte de La boutique del mistero, raccolta pubblicata da Mondadori nel 1968). Paolo Bessegato dà voce a uno dei più delicati racconti buzzatiani; doloroso e appassionante, il finale dello spettacolo mette in scena l’amore non realizzato, mai compreso e sempre agognato.

“Vorrei che tu venissi da me una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo…”

Niente di più struggente a porre fine a un alternarsi sapientemente costruito: un racconto di Calvino ad aprire lo spettacolo e un racconto di Buzzati in chiusura, due dei più importanti scrittori italiani del Novecento legati dai temi che pervadono i loro racconti. Lorenzo Loris alla regia riesce infatti a definire dei terreni comuni tra i due narratori ed è lì che ci accompagna, tra la luna e l’amore mai realizzato, con altri due racconti altrettanto potenti e poetici: La memoria del mondo di Calvino e Ragazza che precipita di Buzzati. Nel primo continua la disillusione amorosa iniziata con La distanza della luna, nel secondo si supera invece la concezione terrena dell’amore e il sentimento diventa qualcosa di leggero e impalpabile, che non può essere posseduto.

Calvino ne La memoria del mondo ci presenta un uomo a cui viene affidata la memoria del mondo: egli deve decidere cosa merita di essere ricordato e cosa invece risulterebbe accessorio per chi entrerà in contatto con la terra in futuro. Un compito arduo e, allo stesso tempo, una missione che gli permette di cancellare quello che non vorrebbe fosse mai accaduto: il tradimento della moglie, ad esempio. In scena ci sono due uomini, uno è il dispotico marito a capo dei ricordi del mondo e l’altro sembra solo un futuro sostituto incaricato di apprendere il mestiere: così non è e la situazione precipita. Il disamore lascia spazio alla violenza e la disillusione all’omicidio.

Buzzati, nel suo racconto onirico Ragazza che precipita, riassume i precedenti racconti di Calvino e li sintetizza nella caduta del sogno, nell’innocenza della gioventù che corre e ha “fretta di arrivare”, nell’immagine di una ragazza che nel suo cadere incontra una variegata serie di “tipi” umani. Poche righe dipingono la vita che si affanna e che, quando s’accorge che il viaggio è breve, l’ha già terminato: emergono così caducità, finitezza e solitudine così semplicemente umane.

La scena curata da Daniela Gardinazzi, con letti sospesi su strutture di legno in cui alternativamente dormono i due scrittori e da cui si alzano i diversi personaggi dei racconti, mette in primo piano due macchine da scrivere: non è un caso perché il personaggio principe di questo spettacolo è proprio la scrittura, intesa come “la terra promessa in cui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere” (così Calvino definisce la letteratura).

L’indagine di Lorenzo Loris all’interno della storia della letteratura prosegue da diverso tempo: nel 2017 infatti il regista aveva già messo in scena Gli amori difficili di Calvino, con una commovente regia e una grande capacità degli attori di variare e variarsi all’interno dei diversi racconti. Lo spettacolo “Le cosmicomiche/La boutique del mistero” dà ora risalto alla vicinanza (almeno dal punto di vista dei temi trattati e dell’atmosfera della narrazione) di due grandi scrittori che, nella loro ricerca di verità sono giunti (seppure per strade diverse) a una medesima conclusione, ben riassunta dalle parole di Buzzati nel suo romanzo Un amore: “tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure (…), la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d’amore”.

 

Fotografie © Agenzia Dorkin

 

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