Dante, che suono!

In Teatro

Uno spettacolo per mettere in scena le parole ma anche i suoni di Dante. Una Divina Commedia musicale, fatta di testo e di pause ricche di significato. I silenzi della musica e il ritmo di un grande jazzista, Enrico Intra, che si fondono nell’esperimento teatrale “Il suono di Dante”, sabato 27 e domenica 28 novembre al Teatro LabArca

Dieci anni dal vivo, dieci anni di teatro e musica “da vicino”. Li festeggia LabArca, nel suo spazio ipogeo a due passi da corso Genova a Milano. Un piccolo teatro off e un laboratorio per le arti performative e musicali, che proprio attraverso musica e letteratura celebra il tempo trascorso nel quartiere che anima e vuole continuare ad animare. La sfida, simile a quella della sua resistenza come centro di cultura e d’arte, in questo anniversario, è di portare in scena la parola più bella e complessa della lingua e della letteratura italiane, la parola di Dante.

Lo farà, sabato 27 e domenica 28 (ore 19.00), con lo spettacolo “Il suono di Dante”, che al testo e alle letture di Inferno, Purgatorio e Paradiso (a cura di Anna Bonel) affianca la musica del pianoforte del maestro Enrico Intra e le sonorità elettroniche di Alex Stangoni. Come sempre, si parte dal jazz, da un’improvvisazione studiatissima, che con l’allenamento si fonde alle parole del poeta, alla riscoperta della profonda musicalità della Commedia.

Un esperimento che ci ha raccontato il maestro Intra, cercando di spiegarci come si sia improvvisato attore e come abbia letto, da jazzista, parole pause e silenzi dei Canti danteschi.

Quando ha deciso di mettere in musica Dante? Quando la sua musica l’ha incontrato?

Non è stata una decisione ma un desiderio che sentivo da tempo. Il dubbio era come e cosa fare. Quando Anna Bonel, direttrice artistica di LabArca, me lo ha proposto credo di aver trovato finalmente la soluzione. Sonorizzerò la punteggiatura prevista da Dante e inoltre tra una terzina e l’altra comporrò istantaneamente una breve sonatina della durata di quaranta secondi. Quindi non sarà solo un accompagnamento, ma entrerò nel testo con dei suoni in sostituzione dei respiri e delle pause previste dal grande Dante.

Che cosa c’è in comune tra Dante e il jazz?

In comune tra Dante e jazz, in realtà, nulla. Le musiche eseguite live, però, saranno comunque inventate da un jazzista, ed è questo il collegamento tra parola e suono.

Qual è stato il metodo con cui lei e l’attrice Anna Bonel avete creato il legame tra il suo suono e la parola letta?

Nella sua scrittura, Dante è già ritmico, musicale, non avrebbe bisogno di null’altro. I suoi versi e le sue terzine sono musica. Lavorando allo spettacolo ho pensato: l’accompagnamento rischia di sviare l’attenzione e di sovrapporsi al suono della parola. Dunque, cosa fare?  Quando l’attrice Anna Bonel, che leggerà frammenti di Inferno, Purgatorio e Paradiso, mi ha proposto un intervento musicale, ho avvertito immediatamente il problema del “cosa fare”. Ho preso tempo e il tempo spesso ti è amico.

Ecco come interverrò: leggendo e rileggendo, chiaramente improvvisandomi attore, rispettando tutte le brevi pause e interruzioni come previste dalla punteggiatura. Ebbene, i miei interventi musicali entreranno nella scrittura dando suono alla punteggiatura. La virgola (breve suono), il punto e virgola più accentuato, il punto, naturalmente, sarà rispettato con un intervento adeguato.

E potete immaginare il punto esclamativo: certamente mi comunicherà vibrazioni sonore così come il punto di domanda. Lo spazio bianco che divide le terzine mi consentirà di riassumere in suoni il senso delle parole. In sostanza, non agirò come sottofondo, non mi sovrapporrò, ma entrerò nel testo sonorizzando i respiri e la pause come avviene nella lettura. Sarà una lettura sonora della punteggiatura.

Ha appena pubblicato il libro “L’improvvisazione è improvvisata?”: cosa significa? Come funziona l’improvvisazione?

L’improvvisazione è improvvisata? La risposta è certamente no. Per improvvisare è necessario conoscere diversi repertori che ci sono arrivati dalla storia nel suo percorso evolutivo ed essere attrezzati e preparati a operare una sintesi simultanea all’esecuzione. Operazione che i jazzisti fanno regolarmente durante le loro performance. Specificando, però, che l’improvvisazione è stata praticata da tutti anche nel passato. Spiego: Chopin, per esempio, prima di codificare la sua invenzione “improvvisava”, “creava”, “cercava”. Dopodiché metteva il tutto sul pentagramma. La differenza tra l’improvvisazione classica e quella jazzistica è la seguente: quella classica viene praticata prima, poi, il risultato, fissato su carta e in seguito eseguito come opera compiuta. Quella jazzistica è composizione istantanea, trasmessa mentre la si crea. Di conseguenza, il jazz comunica emozioni immediate ed estemporanee a chi suona, suscitando allo stesso tempo emozioni a chi ascolta. Un fenomeno musicale straordinario. Un modo particolare e contemporaneo di fare musica viva, e che vive un reciproco abbraccio con il pubblico nel momento in cui si suona. Uno scambio di piacere reciproco. Certo rischioso per il musicista ma sicuramente coraggioso.

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