Anderson giocoliere sopraffino. Ma il suo nonsense frenetico non incanta più

In Cinema

“La trama fenicia” è zeppo, intorno al protagonista Benicio Del Toro, di così tante star che non si fa in tempo a riconoscerle che son già sparite. Il tutto per raccontare le vicende di un capitalista immortale, un magnate capace di scampare a incidenti, attentati, catastrofi , tragedie. Sconfitto solo dalla sovrana indifferenza alle sorti dell’impero economico di famiglia dell’erede designata, cui dà volto Mia Threapleton, figlia di Kate Winslet. Gli accadimenti sono innumerevoli e la logica spesso latita, in un armonico trionfo di colori e geometrie. In cui l’equilibrio tra forma e sostanza è messo a dura prova

Il capitalismo è immortale: questo sembra dirci Wes Anderson con il suo ultimo film, La trama fenicia, appena passato in concorso al Festival di Cannes. Il protagonista, Anatole Zsa-zsa Korda (Benicio Del Toro), è infatti un magnate indistruttibile, capace di scampare a un numero imprecisato di incidenti, attentati, catastrofi e tragedie. Fin dalle prime immagini lo vediamo precipitare ripetutamente solo per rialzarsi con infinita energia, in nome di un afflato vitalistico che sconfina nella nietzschiana volontà di potenza ma si scontra con la sovrana indifferenza dell’erede designata, una figlia quasi suora, Liesl, dal volto imperturbabile di Mia Threapleton (nella realtà figlia di Kate Winslet).

Liesl accetta a malincuore di occuparsi dell’impero Korda, ma la sua decisione di non scontentare l’augusto genitore ha un unico scopo: ottenere in cambio la risposta alla domanda cruciale che la giovane donna si pone da sempre, riguardo alla verità sulla morte misteriosa di sua madre. E di verità da appurare ce ne sono in realtà più d’una: sul nuovo rocambolesco progetto industriale che Zsa-zsa vuole assolutamente portare a termine prima di passare la mano, ma anche sull’atteggiamento degli altri nove figli del magnate, tutti potenziali eredi, non necessariamente in ordine di nascita e nemmeno di intelligenza.

Se la trama fin qui riassunta vi sembra contorta, conviene forse specificare che si tratta di una minima parte di ciò che succede nel film. Comunque – e c’era da aspettarselo, trattandosi di Wes Anderson – la trama non è di certo l’elemento di maggior interesse di un’opera esteticamente impeccabile ma narrativamente sospesa, capace di solleticare dall’inizio alla fine il nostro senso della meraviglia evitando di fornire risposte plausibili a (quasi) tutte le domande che lo spettatore, più o meno legittimamente, potrebbe aver voglia di porsi.

Anderson ancora una volta si dimostra maestro dell’assurdo, ma soprattutto giocoliere sopraffino. Gioca con l’armonia dei colori e la simmetria delle geometrie per creare paesi immaginari al tempo stesso respingenti e bellissimi. Gioca con l’enfasi teatrale che impone alla recitazione di tutti gli attori e le attrici di cui infarcisce ogni inquadratura (da Charlotte Gainsbourg a Bill Murray, da Willem Dafoe a Scarlett Johansson, da Tom Hanks a Benedict Cumberbatch), al punto che non fai nemmeno in tempo a riconoscerli e già sono spariti dallo schermo. Gioca con il gusto calligrafico e lo spirito retrò, gli outfit raffinatissimi (i costumi sono firmati dal premio Oscar Milena Canonero) e i dettagli stravaganti, la voglia di inventare nuovi mondi e il bisogno di parlare ancora e sempre di morte.

La parola “gioco” è fondamentale, perché se l’autore gioca, con così plateale sprezzo delle regole di verosimiglianza e coerenza, lo spettatore può solo stare a questo gioco, lasciarsi andare, divertirsi e basta, senza lamentarsi di ridondanze e surreali derive in un universo dove a dominare è l’ironia surreale e un frenetico nonsense. Oppure può dire “Non gioco più, me ne vado”, dalle sale dove questo film verrà proiettato, per esempio. Personalmente rimpiango la capacità che Wes Anderson una volta aveva di tenere insieme forma e sostanza, storie bizzarre e personaggi dotati di autentica profondità psicologica ed emotiva, in capolavori indimenticabili sotto il segno della poesia più struggente. Parlo di film come I Tenenbaum, Moonrise Kingdom e L’isola dei cani. La trama fenicia purtroppo conserva solo a tratti qualche riflesso di quello splendore. Insomma, non incanta, pur riuscendo a rimanere una visione sorprendente, piacevolmente eccentrica, divertente.

La trama fenicia di Wes Anderson, con Benicio Del Toro, Mia Threapleton, Michael Cera, Riz Ahmed, Charlotte Gainsbourg, Bill Murray, Willem Dafoe, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Benedict Cumberbatch

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