L’impossibile, quasi vera amicizia tra una regina inglese e il suo servo indiano

In Cinema

Che succede se scocca una scintilla di vero pathos umano tra la donna più potenti della terra, Queen Victoria, imperatrice (siamo a fine 800) di un miliardo di persone e uno qualsiasi dei suoi sudditi indiani, forte solo del suo sorriso, finito per caso a Londra a consegnarle una moneta-omaggio del subcontinente a tanta maestà? Un grande scandalo, ovviamente, che Stephen Frears racconta nel suo delicato e intelligente film, forte di due protagonisti come Judy Dench, irresistibile che faccia il capo di MI6 in 007 o qualsiasi altra cosa, e Ali Fazal, star di Bollywood in positiva trasferta occidentale

Negli ultimi anni dell’Ottocento ad Agra, nell’India settentrionale, uno scrivano di nome Abdul tiene i registri dei prigionieri rinchiusi nel carcere locale. La sua bella presenza e l’inusuale altezza gli valgono un invito che cambierà la sua vita: dovrà imbarcarsi per Londra e arrivare fino al cospetto della regina Vittoria, alla quale dovrà consegnare una tanto prestigiosa quanto inutile moneta commemorativa, un servile dono all’imperatrice delle Indie da parte dei suoi fedeli sudditi (l’indipendenza della regione è ancora piuttosto lontana, arriverà solo nel 1947).

L’incontro fra la regina e il servo, illustrato da Vittoria e Abdul diretto dal grande Stephen Frears, come del resto ogni momento della giornata a corte, è regolato da un minuzioso cerimoniale e scandito da infinite, severissime regole: prima fra tutte quella che impedisce ad Abdul di incrociare lo sguardo della sovrana. Ma lui contravviene alla norma e fissa incuriosito negli occhi quella donna piccola, grassa e ringhiosa, che s’ingozza infelice durante interminabili banchetti addormentandosi stremata fra una portata e l’altra, profondamente annoiata e condannata a un’assurda solitudine, pur essendo in ogni momento circondata da domestici e cortigiani.

Da quello sguardo incauto – e da un ingenuo sorriso, che l’etichetta di corte nemmeno aveva saputo prevedere – nasce un legame intenso e vitale, assolutamente casto ma inevitabilmente scandaloso, ribelle alle convenzioni e destinato a durare anni, fino alla morte della sovrana nel 1901. Un’amicizia impossibile che si nutre di curiosità e rispetto reciproco, ogni tanto inciampa sulle differenze ma ogni volta riemerge più forte e consapevole.

Nei panni di Abdul c’è Ali Fazal (acclamata star di Bollywood in temporanea trasferta occidentale), in quelli della regina Vittoria una Judi Dench in forma smagliante, autoironica, affascinante e sorprendente. E dietro la cinepresa Frears aggiunge un altro straordinario ritratto alla sua galleria di grandi donne, dalla cantante lirica stonata incarnata da Meryl Streep in Florence alla tormentata regina Elisabetta II interpretata da Helen Mirren in The Queen.

Il tutto ispirato a fatti realmente accaduti, recita la scritta iniziale. Ma il regista e lo sceneggiatore (il Lee Hall di Billy Elliot) hanno aggiunto un sibillino “per lo più”, come a volersi garantire più libertà del lecito nel raccontare la storia dell’incontro fra una delle donne più importanti della storia e un uomo radicalmente privo di potere, ma proprio per questo capace di incarnare istanze culturali e poetiche di straordinaria forza.

Gli scaffali delle librerie da un po’ di tempo si stanno riempiendo di libri appartenenti a un nuovo filone, il cosiddetto “feel good”, libri che “fanno stare bene”, a volte manuali su come conquistare in modo rapido e duraturo la felicità, altre volte storie più o meno vere di scoperta e rinascita, capaci di convincerci, almeno per un po’, che il mondo può essere un posto pieno di gentilezza, luce, bontà. Il film di Stephen Frears sembra voler aprire la strada al filone “feel good” anche nelle sale di cinema: perché si presenta come una storia vera (ma non del tutto), e pur non affannandosi a negare le brutture del mondo, sembra credere che nelle pieghe della storia (di tutte le storie, piccole e grandi) possa annidarsi sempre la possibilità tutta umana di conquistare qualche brandello di felicità.

Tutto questo per dirvi che Vittoria e Abdul è un film edificante? No! Lo definirei piuttosto un film ottimista, un racconto gentile, sorridente, un buon antidoto alla quotidiana sfiducia e all’occasionale disperazione. Un modo per affrontare “l’inferno che abitiamo tutti i giorni”: e, come diceva Italo Calvino, “saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Vittoria e Adbuldi Stephen Frears, con Judi Dench, Ali Fazal, Adeel Akhtar, Simon Callow, Michel Gambon

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