Migrazioni, ambiente, istituzioni totali, ma anche la storia di AstroSamantha: All’Unicredit Pavillion fino a domani il festival dedicato al documentario e registi da tenere d’occhio
Appassionate intelligenze femminili, di qualità crescente, trovano un pubblico in questi giorni (fino a domani, domenica 13) al nuovo Unicredit Pavillon milanese, in piazza Gae Aulenti 10, che apre significativamente alle immagini in movimento con il debuttante festival Visioni dal Mondo – Immagini dalla Realtà, la prima rassegna milanese (e tra le prime in Italia) interamente dedicata al cinema documentario destinato alle sale, al video, al web. Le regista da tenere d’occhio è innanzitutto Barbara Cupisti, un passato di attrice e un presente di testimone attento dell’oggi. Dopo aver vinto nel 2007 con Madri il David di Donatello e aver documentato, in anni più vicini, alcuni casi di moderna schiavitù e le condizioni di vita nei carceri italiane, propone qui la sua trilogia Esuli: dove affronta in primo luogo l’effetto della guerra sulle migrazioni dei popoli (dalla Siria alla Somalia), entrando nel più grande campo profughi oggi del mondo, Dadaab, in Kenya (350mila rifugiati), ma ripercorrendo anche i destini dei decennali esuli palestinesi in Giordania e il crescente dramma dell’ingrossarsi delle tendopoli turche al confine con Iraq e Siria. Un secondo capitolo, a tematica più ambientale (si può vederlo domenica alle 16.30) affianca le decennali persecuzioni delle tribù e del territorio Guaranì nel Mato Grosso, Sud del Brasile, con effetti devastanti su esseri umani e natura, a un’intervista molto interessante a una volontaria americana al lavoro in un’area desertica californiana, dove da mesi, in alcuni casi anni, la gente vive quasi completamente senz’acqua. Completa il lavoro di Cupisti un lungo reportage arricchito di molte interviste (compresa quella, in chiusura al Dalai Lama XIV) sulla diaspora tibetana seguita alla presa di possesso di Lhasa e del Paese da parte delle truppe maoiste cinesi nel 1950. Con 80mila rifugiati al seguito, si ricostruì a Dharamsala, sull’altipiano del Laddak, in India, la vita di un intero popolo partendo dal governo in esilio per arrivare alle scuole primarie, ed è qui che pressoché tutto il film è girato.
Un’altro nome da tenere d’occhio è la 42enne palermitana Costanza Quatriglio: circola attualmente nelle sale italiane, in modo un po’ clandestino in verità, il suo agghiacciante 87 ore, che ricostruisce la morte per soffocamento, il 4 agosto 2009, nell’ospedale psichiatrico di Vallo di Lucania, del maestro Francesco Mastrogiovanni, in seguito all’applicazione disumana e dissennata di un Trattamento Sanitario Obbligatorio disposto dalle autorità per il suo comportamento giudicato folle; ma qui porta la sua opera successiva (quasi tutti i film in mostra al Pavillon sono del 2015), Triangle (il riferimento è alla celebre fabbrica di New York che aveva quel nome, e che prese fuoco nel 1911 facendo strage di operaie) in cui affronta un’altra tragedia, la morte a Barletta di 5 operaie morte nel crollo di un maglificio familiare fatiscente, esattamente un secolo dopo i terribili fatti americani.
Visioni dal mondo si è aperto con un’interessante Master Class di Gianni Amelio, che ha portato il suo recentissimo Registro di classe: avvincente montaggio di materiali di repertorio diviso in due “libri”, una prima parte relativa al periodo 1900-1960 e in una seconda, che era finora inedita, concentrata sul periodo 1968-2000, interroga e mostra alunni, genitori e insegnanti alle prese con il “loro” bilancio della scuola dell’obbligo italiana, tra grandi aspettative e delusioni profonde. Amelio Amelio ne vuole girare un terzo, «in cui parleremo della “buona scuola”», ha detto vagamente minaccioso e il titolo nasce dal doppio senso di «registro dove si segnano i voti e le assenze ma soprattutto come rivelatore di una discriminazione sociale, di classe appunto, che c’è sempre, solo che si è spostata dai figli dei contadini lucani a quelli degli immigrati marocchini». Registro di classe è destinato a una diffusione nelle sale e nel circuito dei festival e poi sarà sui canali Rai, intanto moltissimi presidi l’hanno richiesto, insieme al suo regista, per proiezioni nelle scuole.
Nel week end il festival offre molti appuntamenti di interesse, come la maratona di film firmati in coppia da Martina Parenti e Massimo D’Anolfi, in cartellone sabato dalle 15 (uno dei quali ci porta per un anno dentro lo scalo di Malpensa, in una sorta di Terminal all’italiana), la masterclass di Erik Gandini (il regista di Videocracy), completata alle 21 dal suo racconto di decennali modernità e altrettante solitudini nella Svezia di Theory of Love (con il commento del sociologo Zygmunt Bauman), e Fukushima: a Nuclear Story di Matteo Gagliardi, (ancora sabato alle 17.30) che racconta la tragedia giapponese e i successivi quattro anni seguendo le orme e i servizi del giornalista Pio D’Emilia, da 30 anni corrispondente da Tokyo. Domenica ultima giornata con Nessuno mi troverà di Egidio Eronico (alle 17.15), ricostruzione storica della scomparsa, nel 1938, del celebre fisico italiano Ettore Maiorana, di cui non si seppe più nulla ma si favoleggiò ogni cosa, dal “semplice” omicidio, al suicidio, alla fuga nell’Urss; Wrad 54 in cui la neopresidente della Rai Monica Maggioni (ore 18.50), per molti anni inviata sui fronti di guerra, Medio Oriente in prima fila, documenta la vita, i ricordi, l’angoscia, dei reduci di guerra americani ricoverati nel braccio psichiatrico del Walter Reed, l’ospedale per veterani di Washington e La linea sottile di Nina Mimica e Paola Sangiovanni, storia di Bakira, bosniaca sopravissuta alle violenze della guerra e Michele, ex militare in missione di pace in Somalia (alle 15.30). Si chiuse alla grande: alle 21.15 il ritratto AstroSamantha, la donna dei record nello spazio di Gianluca Cerasola.