Trio Bobo, tra electro-dance e umori brasiliani

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Il trio – composto da Alessio Menconi, Faso e Christian Meyer – ha presentato al Blue Note il nuovo album “Pepper Games”

La pioggia cade fine in Via Borsieri domenica sera, un forte odore di pesce arrosto proviene dall’interno dei ristoranti. Entro al Blue Note, in cartellone il Trio Bobo. Pubblico abbastanza diversificato anche se la maggior parte ha più di 40 anni. La prima persona che mi salta all’occhio è l’onnipresente Roberto Cifarelli con le sue eclettiche camice e l’enorme obiettivo accanto. La sua chioma riccia ha un riflesso blu. Sfumature blu sulla cravatta dei camerieri, sui vassoi, sui bicchieri di Martini.

Le luci si abbassano, una voce annuncia che il concerto sta per iniziare. Applausi. I tre protagonisti salgono sulla pedana: Meyer e Menconi in camicia bianca, Faso in blu. La batteria è al centro, il basso alla destra e la chitarra alla sinistra del pubblico. Ringraziano, presentano il nuovo album (Pepper Games) e si dicono felici di esser tornati a Milano.

Parte il suono secco e deciso della batteria. Menconi si introduce con un arpeggio e inizia a dialogare con Faso. Sembra che stiano giocando, si guardano, sorridono. Fanno musica perché li diverte. Un crescendo porta al solo di batteria per poi far spazio al tema iniziale. Scatta l’applauso.

Durante il secondo brano Meyer, prima di entrare, tamburella il tempo (dispari, naturalmente!) sul rullante e, a brano iniziato, a turno indica i suoi compagni con entrambe le bacchette alla fine e all’inizio dei soli. Quando è il suo turno, invece, stringe le labbra tra i denti e le bacchette tornano sui piatti. Stacco. Applausi. Ripresa. Meyer introduce il terzo “brano di composizione”, da lui stesso considerato migliore proprio perché non loro: si tratta di Echapaya scritto dal parigino Mario Canonge per gli Ultramarine, noti per i ritmi improbabili che anche il Trio Bobo dice di non aver compreso.

Le tende mutano da blu a viola, Menconi si mette un cappello degno di Marcus Miller. Il riff è africano, caldo e sognante, Faso chiude gli occhi, stringe il basso a se e balla. Segue a ruota Soona e poi l’esilarante “canzoncina” James Bobo, omaggio del Trio a James Brown sostenitore del “groove in 1”.

Faso ci racconta che, per omaggiarlo, hanno deciso di sovrapporre al riff di batteria in 10/4 un riff di basso e chitarra in 30/4: l’ironia dei tre si fa più sottile. L’energia di Brown passa dall’uno all’altro. Parte in loop un verso ritmato del Re del Blues. Durante il brano Meyer fa un occhiolino al pubblico e iniziano così i famigerati 30/4: tutti e tre sono estremamente teatrali e coinvolgenti anche grazie all’aiuto di sketch sonori che riprendono sonorità electro-dance.

Some Other Time, brano di “un certo” Leonard Bernstein, è preceduto da un grottesco dialogo sull’interpretazione di Meconi, sulla sua tecnica chitarristica “del gancio” (pollice a gancio sulla tastiera in modo da schiacciare sia le corde più basse che quelle più alte, ndr). Si fanno seri: suonano, l’atmosfera è più vellutata, sembra quasi stiano usando una sordina. Successivamente ci catapultano di nuovo su questo roller coaster semiserio con  Viagem Para Norte di cui il tema è lo scippo subìto da Menconi in Brasile e il leitmotiv è una musica da “trenino di capodanno forse in 4/4” con uno stile dinamico che riprende le cadenze del Frevo.

Ultimo brano è Wah Wah Termidor: dopo un excursus sull’effetto Wah Wah nei polizieschi, Meyer e Faso si urlano in faccia il tempo in tedesco ed inizia il pezzo. Incredibile la capacità di controllo della dinamica e dei colori, qui più evidente. Gli inchini sono a ritmo di pedale e i ringraziamenti sentiti. Con la “pantomima del bis”, scelto dai presenti, si chiude davvero il concerto: parte del pubblico sale sul palco insieme ai musicisti.  Riprendono a suonare coinvolti e con questa performance condivisa, l’umanità e l’ironia dei tre protagonisti è ancora più evidente. Oltre a essere strumentisti eccezionali, trasmettono felicità e passione per quello che fanno e, in un live, nulla è più importante.

Un Luca Mangoni vestito di rosso, quasi fosse un cameo, nascondendosi tra la folla, corre fuori dal Blue Note. Ed io con con lui.

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