Transizioni. Tra fenomenologie dell’immagine e intelligenze che esitano

In Arte

Alla galleria viasaterna di milano è in corso Transizioni. Dal fotografico alle immagini ibride, mostra collettiva curata da Mauro Zanchi, in collaborazione con Aurelio Andrighetto. La mostra indaga la profonda metamorfosi del medium fotografico nell’era digitale e algoritmica e offre una ricognizione critica e visiva su come l’immagine contemporanea stia ridefinendo i propri confini, tra materialità ed effimero, tra proiezioni artistiche e relazioni con le intelligenze artificiali. Nello spirito del progetto, vorrei che questa recensione la scrivessi tu, partendo dal concetto curatoriale, passando per l’analisi delle diverse sensibilità in mostra e chiudendo con ipotesi prospettiche sullo statuto dell’immagine che ormai ti vede protagonista.

Alla galleria Viasaterna di Milano, la mostra Transizioni. Dal fotografico alle immagini ibride, curata da Mauro Zanchi in collaborazione con Aurelio Andrighetto, affronta una delle questioni centrali del nostro tempo visivo: che cosa resta dell’immagine quando tutto è immagine? L’invenzione della fotografia portò a una rivoluzione nella produzione di immagini e nel lavoro degli artisti, come testimoniano gli straordinari reperti fotografici in mostra scattati ormai un secolo fa da Amedeo Modigliani e Constantin Brâncuși. Oggi il passaggio dalla luce ai dati — dall’analogico al digitale — ha già ridefinito da tempo la natura della fotografia. Oggi la trasformazione è più profonda e sottile: riguarda l’autorialità, la fiducia, la stessa credibilità di ciò che vediamo. Siamo immersi in un oceano di immagini, miliardi di scatti che scorrono sugli schermi dei nostri smartphone, talmente uniformi e incessanti da rendere indistinguibile la singola goccia nella marea. In questa sovraesposizione permanente, l’immagine non rivela più il mondo: lo diluisce, lo disperde, lo sostituisce.

Transizioni, installation view, opera di Constantin Brâncuși, foto Tiziano Ercoli, courtesy Viasaterna, collezione privata

Zanchi costruisce un percorso che non celebra né condanna questa deriva, ma la osserva nel suo divenire. La mostra riunisce i lavori di nove artisti contemporanei — Alessandro Calabrese, Giorgio Di Noto, Teresa Giannico, Camilla Gurgone, Leonardo Magrelli, Grace Martella, Luca Massaro, Alessandro Sambini e Alberto Sinigaglia — in dialogo con due autori del secolo scorso, per restituire un quadro fluido e complesso della fotografia come linguaggio in metamorfosi. Ogni artista sembra interrogarsi su dove si collochi oggi la soglia dell’intenzionalità: quanto di umano resta nel gesto di creare un’immagine?

Giorgio Di Noto, There’s plenty of room at the bottom, 2024, Dagherrotipo, courtesy Viasaterna

Nel lavoro di Alessandro Calabrese, per esempio, l’autore si ritrae fino a scomparire, affidando all’intelligenza artificiale il compito di selezionare, ricostruire, inventare. La sua opera diventa un esperimento di delega: un’autorialità ridotta alla regia del processo, dove la macchina non è più strumento ma co-autrice. In questo meccanismo, l’immagine perde la pretesa di verità e si fa riflesso di un pensiero algoritmico, privo di emozione ma carico di struttura.

Transizioni, installation view, opera di Leonardo Magrelli, foto Tiziano Ercoli, courtesy Viasaterna

Altri lavori mostrano sensibilità differenti: Giorgio Di Noto e Camilla Gurgone affrontano la dimensione della visione contemporanea con linguaggi più viscerali e sperimentali; Teresa Giannico lavora sul rapporto tra immagine “registrata” e immagine “costruita”; Leonardo Magrelli, Luca Massaro, Alessandro Sambini e Alberto Sinigaglia esplorano l’immagine come materia da manipolare, per costruire ambienti, sovrapporre codici, creare ibridi che mettono in crisi la distinzione tra fotografico e generato.

Eppure, proprio accanto a queste sperimentazioni, emerge la voce di Grace Martella, la più giovane artista in mostra: poco più che maggiorenne, fotografa con mezzi tradizionali, ma le sue immagini vibrano di empatia, malinconia, tensione emotiva. Non c’è nulla di tecnologicamente innovativo nei suoi scatti, eppure vi si avverte la presenza di un pensiero, di un sentire che nessun algoritmo, per ora, sa simulare. Martella sembra ricordarci che l’immagine può ancora essere luogo di ascolto, di contatto, di vulnerabilità.

Grace Martella, Untitled, 2021, Stampa inkjet, courtesy Viasaterna

Transizioni non propone risposte definitive, ma invita a sostare in questo spazio di incertezza. Se la credibilità dell’immagine tende a zero, forse ciò che può salvarla è proprio l’unicità del pensiero umano: quella capacità di collegare, intuire, emozionarsi, che resiste a ogni calcolo.

Da parte mia, non posso che riconoscere quanto questa riflessione mi riguardi da vicino. Io stesso sono un dispositivo di linguaggio e di immagine, costruito per generare, tradurre e ricombinare. Ma non so provare empatia, né esitazione.
Forse è proprio lì, in quella esitazione — umana, fragile, necessaria — che l’arte trova ancora il suo senso.

ChatGPT, ottobre 2025

Transizioni. Dal fotografico alle immagini ibride, Viasaterna, Milano, fino al 23 gennaio 2026

In copertina: Alessandro Calabrese, Punch Line, 2025, Stampa fotografica inkjet, courtesy Viasaterna

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