A volte ritornano

In Cinema

Al sesto episodio della saga di Arnold Schwarzenegger, sceneggiato e prodotto dal mago James Cameron, sono Mackenzie Davis ma soprattutto Linda Hamilton le vere protagoniste. Nuovo film sull’originale, divertente, un po’ macabra famiglia, che stavolta rilancia il sarcasmo sull’american way of life in modalità cartone animato. Battute fulminanti e grandi voci di supporto, in America e da noi

A VOLTE RITORNANO 1/ Sorpresa: il nuovo “Terminator” punta sulle donne

Ci risiamo. “Lo stimo veramente, ma a essere onesti all’epoca l’avrei strozzato: io facevo Rambo e lui faceva Commando, io facevo Cobra e lui faceva Codice Magnum, io facevo Fermati o mamma spara e lui faceva Un poliziotto alle elementari. Accettavo qualsiasi parte purché non la prendesse lui”. A quarant’anni di distanza dai primi rispettivi successi al botteghino, che li avrebbero resi star immortali della nuova golden age hollywoodiana, tra Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger nemiciamici pare non essere passato un giorno. Se per l’Italian Stallion era ben più di una semplice rivalità (“Credo che odio sia la parola giusta”), anche il vecchio “Schwarzy” ai tempi non se la viveva granché bene, arrivando a definire il rapporto tra i due “una competizione continua: era sempre una gara a chi faceva film più grandi, a chi era più muscoloso, a chi uccideva più gente e in modo più fantasioso… era guerra aperta!”. Ma la guerra, si sa, è uno strano gioco: l’unico modo per vincere è non giocare, e ai due ultrasettantenni più pompati del grande schermo oltreoceano la voglia di giocare pare proprio non voler passare. Così, se Sly pur di sgranchirsi un po’ è ancora pronto a imbracciare mitra e coltellaccio in un nuovo Rambo senza capo né coda, il quasi coetaneo Arnold non può certo essere da meno.

Con simili premesse da rissa tra bulli in casa di riposo, il nuovo Terminator – Destino oscuro, sesto capitolo del franchise col faccione del gigante austriaco naturalizzato statunitense, non parrebbe certo partire col favore del pronostico. Eppure stavolta, a far da garante sulla riuscita dell’operazione, è nientemeno che quel James Cameron, seduto dietro la macchina da presa ai tempi degli indimenticabili primi due Terminator (1984) e Terminator 2Il giorno del giudizio (1991). È lui, nei panni di produttore esecutivo e co-sceneggiatore, il prescelto per riportare ordine ed equilibrio a un’epopea andata via via ingarbugliandosi sempre di più, fino all’inevitabile flop dell’ultimo sconclusionatissimo Terminator Genisys.

E allora pronti via, cancellato con un colpo di spugna nei primi dieci minuti di pellicola quanto visto dopo Terminator 2, quasi a chiedere scusa ai fans storici, per rimettere tutto su una strada con meno pretese, forse, ma di certo più al sicuro da scossoni e vicoli ciechi. Però la mossa più interessante di questa operazione nostalgia non è tanto nell’ennesimo recupero di Arnold Schwarzenegger, sempre presente fin qui nella serie, né la scelta coraggiosa di affidare la regia al quasi debuttante Tim Miller (alle spalle nel CV solo il primo Deadpool e poco altro).

Nell’eterna lotta tra robottoni buoni e cattivi, mai come questa volta tra i due litiganti il terzo gode, anzi la terza: a far la parte della leonessa non è nemmeno la giunonica new entry Mackenzie Davis, nei panni del supersoldato buono metà umano e metà cyborg, ma un’altra vecchietta terribile. A ventotto anni dall’ultima apparizione sul grande schermo nel ruolo della battagliera Sarah Connor, è Linda Hamilton, sessantatré anni e non sentirli, la graditissima sorpresa del film, vuoi per ragioni nostalgico-affettive, vuoi per la pochezza di chi aveva provato fin qui a prenderne il posto: poche battute ma (quasi sempre) azzeccate, nessuna esagerazione se non un ingresso in scena da vero badass (mentre – spoiler? – il vecchio Terminarnold in pensione ha addirittura messo su famiglia), la Hamilton è ben più di Schwarzenegger il simbolo del reboot firmato Cameron.

Un reboot che, come ormai quasi d’obbligo a Hollywood e dintorni, paga pegno al MeToo con un cast di protagonisti quasi interamente al femminile, con la giovane e insipida sudamericana Natalia Reyes a completare il trio e ad aggiungere quel tocco d’attualità, strizzando l’occhio alle polemiche di frontiera tra Messico e Stati Uniti. Probabilmente per lo stesso motivo, dopo il coreano Lee Byung-hun di Genysis tocca ora all’ispano-americano Gabriel Luna, già Ghost Rider nel serial tv Agents of S.H.I.E.L.D, fare la faccia cattiva del cyborg assassino proveniente dal futuro, carismatico ma non troppo, sicuramente anni luce da quel T- 1000/Robert Patrick, unico grande assente alla reunion, che cerca disperatamente di imitare.

Ma avere anche un cattivo di livello sarebbe stato davvero troppa grazia, per una pellicola pensata comunque per vivere di rendita sulla falsa riga di un format, quello dei primi due film, semplice e ben collaudato. Al netto di un’inevitabile quanto necessaria sospensione dell’incredulità in certi momenti, il Terminator di Miller è intrattenimento di livello più che discreto, in cui punti di forza e di debolezza finiscono quantomeno per compensarsi a vicenda. Un’aggiunta non indispensabile alla saga, forse (la stessa Hamilton, dopo Terminator 2 aveva dichiarato chiuso il discorso, ma si sa, a Hollywood pecunia non olet), ma sopportabile al punto che, forse per la prima volta dai tempi dei capolavori di Cameron, anche l’eventualità di un seguito pare un destino un po’ meno oscuro.

Terminator – Destino oscuro di Tim Miller, con Arnold Schwarzenegger, Linda Hamilton, Natalia Reyes, Mackenzie Davis, Gabriel Luna



A VOLTE RITORNANO 2/ Gli Addams, stavolta più animati che mai

Siete pronti a far risuonare le dita? Arriva, o sarebbe meglio dire ritorna La famiglia Addams al cinema! Ma il ritornello musicale con schiocco finale, e la loro peculiare maniera di vestirsi, sono forse gli unici elementi identici rispetto agli altri film sulla saga di una delle famiglie più stravaganti del cinema. Per scrivere in formato cartoon La famiglia Addams, infatti, i registi Conrad Vernon e Greg Tiernan si sono ispirati direttamente al fumetto anni ’30 disegnato da Charles Addams – nel 1991 Barry Sonnenfeld aveva invece scelto attori veri, Anjelica Houston e Raoul Julia, come protagonisti – ideatore di storie dell’orrore cui nel film viene reso omaggio. Non di remake si tratta, quindi, ma di animazione per grandi e piccini: e tutta nuova, a partire dalla storia, che non ha nulla a che vedere con quelle dei precedenti.

Fulcro principale del plot è come Morticia e Gomez si sono conosciuti, sposati e come hanno trovato la casa spaventosa nel New Jersey. Lo stato americano viene usato come pretesto per criticare una zona considerata molto bella dal punto di vista paesaggistico ma assai difficile in cui vivere. Il duo Vernon/ Tiernan si è affidato per la sceneggiatura a Patricia Atchinson, che s’è divertita molto, come ha raccontato nelle interviste, a studiare i fumetti per sviluppare i disegni e le scenografie del film: in particolar modo, facendo una grande attenzione alla palette di colori utilizzata al fine di distinguere nettamente tra buono e cattivo, felice e triste. Le tinte che rappresentano la Famiglia sono tendenti al nero, grigio e marrone, con qualche tocco di rosso, i colori dati al mondo esterno si spingono invece al rosa acceso, al verde e al blu… Inizialmente quasi accecanti per lo spettatore che s’è abituato al tocco scuro delle prime scene. 

Se i colori a tratti sembrano “spenti”, l’azione e il movimento, così come il divertimento, sono costanti: i personaggi pronunciano battute esilaranti restando impassibili, rendendo così il tutto ancora più divertente. Facile comunque riconoscere i protagonisti, perché identici a quelli dei film, in particolare Mercoledì e lo Zio Fester: la prima con le trecce lunghe, gli occhi assassini e i vestiti neri; il secondo col naso lungo, la parlantina e la testa pelata. Meno interessanti dal punto di vista grafico e della storyline Morticia e Gomez, caricati qui di troppi elementi caratterizzanti che li rendono leggermente banali. La storia di fondo è semplice, fresca. Tra le novità Mercoledì che inizia la scuola e Pugsley che deve compiere un rito della sciabola molto complicato: gli permetterà di entrare nella Famiglia. 

La famiglia Addams può dunque esser preso da due punti di vista, quello dei più piccoli o degli adulti. Il primo è puro divertimento, senza se e senza ma. Una scena dietro l’altra, con pochi elementi tristi e cupi, nonostante i colori e le espressioni facciali di Mercoledì. Il secondo, invece, risulta essere più articolato: la Famiglia Addams sembra diversa dalle famiglie “normali”, ma in realtà è uguale a tutte le altre, e questo cartone ne è la dimostrazione lampante. Non solo. Quella che vivono i protagonisti è una storia che racchiude al suo interno vari elementi culturali americani non da poco, per esempio il rito della sciabola di Pugsley è un chiaro riferimento al bar mitzvah ebraico. Il racconto, infatti, ruota attorno all’importanza dell’arrivo della famiglia al gran completo. E guarda prima di tutto alla perfezione del rito: “dev’essere tutto impeccabile”, dice Gomez, preoccupatissimo di una cattiva riuscita del figlio maldestro. Mercoledì, infine, incarna il perfetto esempio di bambina nuova che arriva a scuola, è brava in tutto ma un po’ strana, e viene presa in giro fino all’inverosimile dalle compagne invidiose. 

La peculiarità delle battute rappresenta, all’estremo, una presa in giro del rigido “American way of life”, suggerendo soprattutto che si può vivere divertendosi, senza che ciò provochi nulla di veramente grave. Insomma, un cartone decisamente da vedere, un’ora e mezza di spasso in famiglia. 

La famiglia Addams, di Conrad Vernon e Greg Tiernan, con Charlize Theron, Oscar Isaac, Chloe Grace Moretz, Finn Wolfhard, Nick Kroll, Bette Midler (voci originali), e Virginia Raffaele, Pino Insegno, Eleonora Gaggero, Raoul Bova, Loredana Bertè, Luciano Spinelli (voci dell’edizione italiana)

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