Stagioni 1/ Teatro alla Scala, il piacere della leggerezza

In Copertina Musica

Tredici opere, otto balletti, sette programmi sinfonici, sette concerti di canto. E poi i grandi pianisti, le orchestre ospiti, le matinée da camera, il concerto di Natale. All’insegna dell’ottimismo, il Piermarini affronta il 2021/’22 con un programma in linea con quelli degli anni “sani”, e la serena sontuosità di sempre

Quando la lotta si fa dura – per sopravvivere, è chiaro -, quando si cerca la forza per rialzarsi, anche la terra su cui si puntano i piedi trasmette una scossa. Il Teatro alla Scala ha le pietre di una antica chiesa sotto le fondamenta. Pura fra molte distrazioni, una città “che conta” lo porta in palmo di mano. Diversi milioni di milanesi lo sentono come cosa loro anche se non ci hanno mai messo piede. Sulle rovine dei bombardamenti, Milano decise che il primo edificio da ricostruire, prima ancora del Palazzo (giusto), prima ancora delle periferie (forse no), dovesse essere la Scala. A ogni “grado zero”, la storia di questo rapporto privilegiato si ripete.

Il giorno dopo aver salutato con le lacrime agli occhi la figlia del tranviere Fracci, la Carlina che sulle punte fu quel che “la Maria” (Callas) fu per il canto, la Scala è riuscita ad annunciare con la sontuosità di sempre, addirittura in sala grande, la stagione del “dopo”: 2021-2022. E non è una stagione di rammendi; così come la Fondazione, motore del teatro, non mostra i segni della malattia che l’ha messa in ginocchio per quasi un anno. 

Come Presidente del Consiglio di amministrazione, Giuseppe Sala può rilanciare il mantra “i conti sono in ordine”. Lo sono da venticinque anni. “E non era scontato che lo fossero”, vero. “Non ci siamo mai fermati”, insiste Sala. E questo non è proprio vero. Ma è vero che viaggia a pieno regime il motore della costruzione della Palazzina di Via Verdi ormai diventata “torre”, dal momento che il progetto di ampliamento dell’edificio storico, approvato e finanziato, è quello “A” di Mario Botta, il più ambizioso e volumetrico. 

Insomma, la Scala ricomincia da Milano. Milano raccoglie dalla Scala (Inter e “Scala del calcio” permettendo) la forza per rilanciare l’allure internazionale che l’Expo aveva portato in alto nel 2015. Expo che, non tutti sanno o ricordano, fu assegnato con i voti decisivi di alcuni paesi del centro Africa conquistati grazie alla Scala e a una tournée in Ghana dell’Orchestra con Daniel Barenboim. Quel che Dio unisce, Milano non divide. 

La Stagione
Tredici titoli d’opera, dal 7 dicembre 2021 al 18 novembre 2022, otto spettacoli di balletto (compreso quello dell’Accademia in cui alzano la testina i nuovo talenti), sette programmi sinfonici da tre serate ciascuno, sette concerti di canto, cinque “Grandi pianisti”, cinque orchestre ospiti, tre appuntamenti straordinari, fra cui il concerto di Natale, otto matinée da camera nel Foyer Toscanini con solisti “interni” (Orchestra e Filarmonica) sono una stagione in linea con quelle consolidate in anni “sani”. “Una Stagione che somiglia alla Tradizione della Scala”, suggerisce il sovrintendente Dominique Meyer, “in equilibrio fra repertori storici del teatro e aperture all’oggi”. Formula che “conviene al funzionamento del teatro, morbido e ben organizzato”, annota Meyer con self-laude. 

Riccardo Chailly
Prima dell’estate, ci aspettano solo Le nozze di Figaro di Mozart nella sacra regia di Strehler e la direzione benedetta di Daniel Harding. Ma alla riapertura vera di settembre, il cartellone è pieno: cinque opere e un balletto.  Allarga il cuore una trilogia RossiniL’Italiana in Algeri finalmente in scena dopo il rinvio per Covid di questi giorni, Il barbiere di Siviglia e Il Turco in Italia – seguita da La Calisto di Francesco Cavalli, opera barocca in prima scaligera, L’Elisir d’amore di Donizetti nella versione in punta di matita di Tullio Pericoli e Madina, partitura contemporanea che Fabio Vacchi ha composto con destinazione coreografica (protagonista Roberto Bolle).  

È una stagione d’autunno sul filo della leggerezza, in cui il direttore musicale della Scala si assume il ruolo di propulsore: Riccardo Chailly dirige Il barbiere di Siviglia, opera che aveva lasciato molti anni fa anche in disco in una edizione incipriata da Marilyn Horne, e lo fa, soprattutto, lanciando una nuova produzione, la prima del dopo pandemia, in cui il regista Leo Muscato debutta alla Scala, con un cast che promette molto.

Per Chailly il Barbiere è un ritorno a Rossini, così come “conseguenza, non una scelta”, sarà il Macbeth che aprirà la stagione ’21-22 il 7 dicembre. L’opera di Verdi si è praticamente scelta da sola a completamento della trilogia giovanile di cui sono già andate in scena Giovanna d’Arco e Attila.  Anche la forma in cui Chailly intende proporre Macbeth sembra “necessaria”, almeno come diversa proposta rispetto al passato: nell’edizione di Parigi, 1865, con “i ballabili come parte integrante e l’aggiunta della Morte di Macbeth che precede il coro finale. Me la chiese Piero Cappuccilli in un’edizione che diressi a Salisburgo nel 1984. Mi è sembrato giusto proporla al protagonista di oggi: Luca Salsi”. 

Chailly si prenderà anche il secondo dei tre Verdi in cartellone, Un ballo in maschera (maggio 2022), anche in questo caso intrecciando i motivi del ritorno e del nuovo: “Ho sempre diretto Un ballo in maschera all’estero,  mai in Italia. Così come non ho mai lavorato con il regista di questo spettacolo, Marco Arturo Marelli, che firma un progetto scenico di grande novità. Mi ha colpito molto”. E nel “cast ideale” spiccano i nomi di Francesco Meli, Sondra Radvanovsky e Luca Salsi

Registi
Su tredici titoli d’opera, nove sono nuove produzioni Scala, tre gli spettacoli non visti a Milano perché prodotti all’estero o coprodotti. Il tema regia è in prima linea. “Ci prendiamo dei rischi – confessa Chailly -. Del resto, in materia, i rischi non sono mai esclusi, anche quando i registi li conosciamo bene. Ma il grande repertorio ha bisogno di rinnovamento”. 

Davide Livermore Foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Così, il prediletto Davide Livermore, che ha già firmato due sette dicembre, oltre a Macbeth si occuperà della Gioconda di Ponchielli (giugno 2022).  Anche Mario Martone si farà in due, per il Rigoletto tre volte rinviato (“Martone ha capito, è un angelo”, parola di Meyer) e Fedora di Giordano (ottobre-novembre 2022). Adrian Noble firma la seconda opera in cartellone, I Capuleti e i Montecchi di Bellini (gennaio-febbraio 2022);  Olivier Py la rara (per Milano e l’Italia) Thaïs di Massenet (febbraio-marzo);  Matthias Hartmann una nuova Dama di picche di Čaikovskij diretta da Valery Gergiev tra febbraio e marzo; David McVicar una Adriana Lecouvreur nata al Covent Garden di Londra (marzo)

Di Robert Carsen torna il Don Giovanni scaligero al quadrato (marzo-aprile), di Sven-Eric Bechtolf arriva una Arianna a Nasso di Strauss da Vienna e Salisburgo, che sostituisce un Cavaliere della rosa slittato al 2024. Irina Brook, che ha racchiuso in una semplice scatola scenica il dittico Weill diretto da Chailly, darà corpo al Matrimonio segreto di Cimarosa con cui  l’Accademia si mette in  mostra sul palcoscenico grande (settembre 2022) e il genio Robert Lepage porterà finalmente alla Scala The Tempest di Thomas Adès, opera contemporanea che ha conquistato New York e che replica scenicamente il Don Giovanni di Carsen: l’impianto fu pensato dal regista canadese come “replica” della sala del Piermarini. 

Balletto
Con il debutto di Manuel Legris alla direzione, anche il Balletto esibisce cose di rispetto: La bayadère, che aggiunge un altro pezzo al repertorio Nureyev della Scala (dicembre 2021-gennaio 2022, con Svetlana Zakharova), un bel trittico Dawson/Kratz/Kylian (gennaio 20220), i Jewels di Balanchine (marzo), Sylvia di sé stesso (Legris) in maggio, un dittico stravinskiano di Wayne McGregor tutto da gustare (AfteRite-Les Noces giugno-luglio),  Giselle di Coralli-Perrot idealmente dedicata a Carla Fracci (luglio) e il ritorno di Onegin di Cranko per la gioia di chi ama Bolle, cioè tutti. 

E qualche sorpresa
Nella stagione sinfonica, farà breccia l’arrivo sul podio di Speranza Scappucci (maggio 2022). Con la Filarmonica della Scala prima (novembre 2012) e poi l’Orchestre de Paris (29 aprile) tornerà il sempre desiderato  Esa-Pekka Salonen. E per tre volte Daniel Barenboim: con la Statskapelle Berlin il 3 e 4 novembre 2021, l’8 febbraio 2022 come pianista, il 6 maggio con la West-Eastern Divan Orchestra. 

Un applauso interminabile si è alzato alla conferenza stampa di lunedì. Per chi? Per Bruno Casoni, il maestro del Coro che a ottant’anni se ne va in meritato riposo, ma tenendo un piede in teatro, per fortuna, alla guida delle Voci bianche. E applauso meritato a chi lo sostituisce, Alberto Malazzi, eccellente suo collaboratore per anni. Il tutto per garantire quel che Casoni ha assicurato per anni: la qualità del comparto che sempre ha rappresentato la continuità, la verità del canto italiano. In una parola, la Scala. 

Immagine di copertina:Riccardo Chailly (Foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala)