Spazi residui e battiti d’ali: il volo effimero tra materia e visione di Giorgio Andreotta Calò

In Arte

Anche quest’anno, Palazzo Bentivoglio a Bologna ospita nel suo giardino un artista contemporaneo e invita il pubblico al calare del sole per scoprirne un angolo inedito. Dopo un progetto su John Giorno e Ugo Rondinone nel 2023 e la performance robotica di Riccardo Benassi ULTRAMORE l’estate scorsa, fino al 21 giugno l’appuntamento è per otto serate di proiezione di ΊΚΑΡΟΣ (Icarus) (2020/21, 30’23”) di Giorgio Andreotta Calò. E assieme alle opere del giardino i visitatori potranno vedere per la prima volta anche Il coniglio del Borgo, realizzato per il luogo da Ericailcane.

Ogni estate, Palazzo Bentivoglio apre le porte del suo giardino per trasformarlo in luogo d’arte e di ascolto. Un gesto semplice, ma potente: lasciare che un angolo verde nel cuore di Bologna diventi laboratorio di immaginari, rifugio notturno e scenario per nuove narrazioni. Dopo il progetto dedicato a John Giorno e Ugo Rondinone nel 2023, e la performance robotica ULTRAMORE di Riccardo Benassi lo scorso anno, è ora Giorgio Andreotta Calò a dare voce allo spazio più segreto del palazzo.
Dall’11 al 21 giugno, per otto serate consecutive dal mercoledì al sabato, il giardino accoglierà ΊΚΑΡΟΣ (Icarus) (2020–21, 30’23”), film dell’artista veneziano che non si limita a essere proiezione, ma si fa esperienza sensoriale.

Giorgio Andreotta Calò, ΊΚΑΡΟΣ (Icarus), 2020/21, frame da video


Un progetto che non è né mostra né installazione, ma un’esperienza immersiva, in cui mito, entomologia e poesia si fondono tra foglie, schermi e battiti d’ali. Il film, girato tra il 2020 e il 2021 all’interno di un padiglione abbandonato per lepidotteri a Emmen, nei Paesi Bassi — poco prima che venisse definitivamente demolito — diventa il palcoscenico di una narrazione sospesa e profonda. Qui, Giorgio Andreotta Calò reintroduce una colonia di falene e ne segue il ciclo vitale, affiancato da due figure reali: l’entomologo Enzo Moretto e il giovane autodidatta Bart Coppens. Nel loro dialogo — tra sapere scientifico e fascinazione spontanea — emerge con naturalezza la figura mitica di Dedalo e Icaro, come se la conoscenza tecnica e il racconto archetipico potessero risuonare in un’unica, sottile trama.
Calò non impone una lettura: lascia che le falene disegnino traiettorie spiraliformi, attratte dalla luce artificiale, e che l’osservatore colga da sé la potenza del simbolo. “Il volo non è mai lineare — spiega —. È un movimento disorientato, che può condurre alla dissoluzione. Come Icaro, attratto dal sole.” Le luci usate nel film non sono casuali: lampade ai vapori di mercurio che simulano la frequenza della luce lunare, quella a cui le falene si orientano durante le migrazioni. Se ingannate da una fonte diversa, entrano in una spirale che le porta a perdere l’equilibrio, a bruciarsi. Un volo verso l’ignoto che si fa metafora.

Giorgio Andreotta Calò, ΊΚΑΡΟΣ (Icarus), Palazzo Bentivoglio, Bologna, foto Carlo Favero


A Bologna, l’opera si incarna in un nuovo corpo: la struttura che ospita le proiezioni — anch’essa in attesa di essere smantellata — è stata trasformata in una voliera temporanea. Qui, settanta bozzoli si schiudono nei giorni dell’evento. Le falene si muovono tra il pubblico, vivono e muoiono durante la visione. Non è solo un film a raccontare la metamorfosi: è la metamorfosi stessa che accade, sotto gli occhi di chi guarda. “Abbiamo voluto proiettare il film al crepuscolo — racconta Calò —, perché è in quel momento che la percezione cambia, che le falene si animano, che il mito si riattiva. È uno spazio liminale, tra giorno e notte, tra sonno e veglia, in cui qualcosa può succedere.” Come in altre sue opere, anche qui Calò lavora sull’instabilità, sull’impermanenza. Il film nasce in un luogo che sta per sparire, e viene proiettato in uno spazio a sua volta destinato a scomparire. “Mi interessano gli interstizi, i luoghi in bilico — confida —. È lì che si può ancora immaginare.”
I visitatori potranno anche vedere l’opera di Ericailcane di cui da tempo i passanti scorgono una parte spuntare oltre il muro di recinzione. Si tratta del Coniglio del Borgo, lavoro che, dopo un lungo dialogo con Palazzo Bentivoglio, l’artista ha realizzato per il giardino. L’opera è applicata a parete su cinque pannelli, alta 8 metri e si completerà con la pubblicazione di un libro che ne racconta la storia.

ericailcane, il coniglio di via del borgo, 2024, foto carlo favero

Il giardino sarà aperto da mercoledì 11 a sabato 14 giugno e poi da mercoledì 18 a sabato 21, sempre dalle 20 alle 23. Subito dopo, lo spazio verrà chiuso per lavori di restauro. Un’occasione irripetibile per attraversare un paesaggio in trasformazione, abitare un tempo diverso e lasciarsi toccare da una bellezza effimera, fragile, ma potentissima.

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