Il pluripremiato drammaturgo inglese in dialogo con il pubblico – e gli addetti ai lavori – in un incontro organizzato da Lyra Teatro e Laura Tanzi presso la Fabbrica dell’Esperienza
Ama l’arte in te e non te stesso nell’arte. Questa è la scritta che appare a fianco dell’ingresso della Fabbrica dell’Esperienza di Milano dove in collaborazione con Lyra Teatro centro di produzione ideato da Laura Tanzi è andato in scena l’incontro pubblico con il drammaturgo Simon Stephens.
Autore premiato con il Tony Award e l’Olivier Award, tra i successi più acclamati nel Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Olanda di recente spicca il suo adattamento teatrale dell’opera cechoviana intitolata Vanya con Andrew Scott impegnato in otto ruoli.
Stephens, che ha curato Young Writers Programme al Royal Court Theatre di Londra ed è professore di sceneggiatura alla Manchester Metropolitan University, torna a Milano nel fine settimana 14-15 giugno per un workshop di due giorni presso lo spazio Slow Mill.
Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, riadattamento del romanzo di Mark Haddon a cura del drammaturgo britannico fu un successo di pubblico a Milano e della regia firmata Ferdinando Bruni, Elio De Capitani. Fu lo spettacolo più visto nella storia del Teatro dell’Elfo. Più di ventimila spettatori ad avvicendarsi nella sala del teatro.
Numeri che sono il frutto di duro lavoro, passione, amore e coraggio. Quest’ultima la parola davvero più anarchica per Stephens. In un mondo dove l’AI e i social imperversano espressione di una società improntata sul narcisismo il limite della democrazia è che non sa come contenere la tecnocrazia con i suoi rischi, anche anarchici e quindi distruttivi. L’anarchia distrugge e spesso molti artisti che si sono professati anarchici in realtà erano conservatori.
Ma c’è qualcosa che non è interscambiabile nell’arte teatrale – riflette Stephens mentre dialoga con Laura Tanzi (che il drammaturgo definisce la sua spalla destra) sull’AI nell’arte – ovvero l’essere nel qui e ora per eccellenza. Quel momento unico e irripetibile che accade in quell’istante, con quell’energia, con quel pubblico, con quel dato feeling e con quella sua unicità irriproducibile.
A chi gli chiede quali consigli darebbe a un artista che vuole vivere di teatro e/ scrittura ha una sola risposta. Non pensare alla ricchezza e ai soldi, ma davvero all’amore, alla passione, al duro lavoro, al crederci anche. Io stesso ho guadagnato cifre incredibili e a volte neanche una lira, ma non è quello, afferma, mentre lo intervistiamo e si diverte a intrattenersi con gli interpreti dell’English Theatre Milan che hanno offerto a noi spettatori un assaggio di Punk Rock, un testo che esplora la violenza, l’ansia e la vulnerabilità dell’adolescenza. Sono stato al Cimitero Monumentale, tutto simmetrico, con quelle opere, con le date, ma la ricchezza fa il valore delle persone?
L’amore e la generosità sono le sue parole chiave. Lo si intuisce da come accoglie chi gli porta un dono, una traduzione di Dante che colloca per noi in Italia al pari di Shakespeare, da come interagisce con un papà con un bambino piccolo ad ascoltarlo, con chi ha letto il suo testo.
Un autore che ama scrivere ma poi ammirare ciò che può uscire dall’invenzione degli esseri umani, da un’improvvisazione, da una verifica sulla scena di ciò che accade perché l’arte teatrale è creazione collettiva. Dove la libertà di esplorare si unisce poi come in un quadro che si dipinge. Disegnare per la scena, con le luci e con quel pizzico di mistero che poi avviene immaginandosi tra il pubblico. Un fare insieme che si contrappone a una iperconnessione che ci lascia tutti un po’ più soli.
Scrive così Stephens, partendo da se stesso, dalla propria identità – forse poi l’unico modo per creare davvero – non pensando a calcoli e soldi, gold dice, ma credendo in se stesso. Lo afferma sorridendo.
Impugna poi il microfono e sperimenta toni di voce e ci dimostra così che nessuna intelligenza artificiale e nessun algoritmo può produrre un fattore così umano.
Quel fattore umano che resta in teatro e lo rende unico. E allora ama l’arte in te e non te stesso nell’arte forse non è solo una coincidenza. Lo salutiamo chiedendo che cosa ne pensi del sistema culturale milanese, ma risponde che non lo conosce bene quindi non può dare una risposta, ma certo è che si ha l’impressione che lui porti avanti una tradizione connotata nel teatro inglese e/o nel mondo anglosassone, ovvero l’attenzione alla scrittura per la scena, mentre nel teatro tedesco sempre di più sembra emergere un’attenzione alla regia e al regista e alla sue indicazioni.
Forse quell’estetizzazione che per molto tempo abbiamo visto anche a Milano in un tempo dove invece sembra emergere di più un modo di fare teatro che pone l’accento sulle nuove drammaturgie e su un’interpretazione più naturale. Specchio dei tempi, forse, anche di crisi e cambiamenti. E allora resta una domanda da farci. Che cosa è il progresso e quali le conseguenze per la working class? Un interrogativo ricorrente nel dialogo con Stephens che è emerso mentre gli è stato chiesto che cosa pensasse della Brexit.