Oltre lo specchio, e quel che Agata vi trovò

In Arte

In Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carroll, Alice attraversa una soglia fatta di vetro e nebbia d’argento. Da questa immagine prende vita E quel che Alice vi trovò, progetto di Lucia Pezzulla di Red Lab Gallery e Andrea Contin di Corpi sul palco®, che invita a intervenire in un luogo liminale, reale e simbolico insieme, nascosto nel cuore di Milano. La prima ad affrontare il mondo oltre lo specchio, fino a un giorno indefinito d’estate, è Agata Ferrari Bravo, con il suo mondo surreale fatto di cappelli, disegni, maschere e pozioni magiche.

Di un libro capitatomi tra le mani di recente, ricordo alcune righe tratte da un dialogo tra il protagonista e la ragazza di cui s’innamora. Lei vuole fare l’artista e lui, vedendo un suo lavoro (un accrocchio di roba), le chiede se tutto quell’insieme di cose faccia parte di una sua installazione. Si accorge subito di aver fatto una domanda un po’ ingenua, pentendosene e ammettendo a se stesso di essere poco esperto d’arte. La ragazza, raccogliendo un biglietto che fa parte dell’installazione, legge le parole lì scritte: gli dà il benvenuto nello spazio, che è una camera dimenticata in una casa disabitata da molti anni, e quella camera gli darà la possibilità di guardare indisturbato alle cose, al passato, alla vita, a lei.

Agata Ferrari Bravo, E quel che Alice vi trovò, 2025. Courtesy l’artista, Red Lab Gallery e Corpi sul palco®, foto Simona Foi

Mi piacciono le ecfrasi estranee, quelle che capitano per caso, che non sono state cucite addosso all’opera dopo averla più o meno lungamente osservata, e queste righe sono l’ecfrasi estranea perfetta per quel che Agata Ferrari Bravo ha messo in scena e in mostra, con il fondamentale supporto di Thomas Michael Saccuman, per “E quel che Alice vi trovò”, il progetto seriale organizzato da Corpi sul parco e Red Lab Gallery, che nei suoi spazi, nei prossimi mesi, ospiterà mostre e performance di artiste desiderose di finire nel Paese delle Meraviglie.

Agata Ferrari Bravo, E quel che Alice vi trovò, 2025. Courtesy l’artista, Red Lab Gallery e Corpi sul palco®, foto Simona Foi

Durante l’inaugurazione, tra sculture e disegni, oltre a vino e grissini, al pubblico veniva offerta una piccola boccetta con un tappo di sughero di cui si chiedeva di bere il contenuto – aria (non fritta, credo, piuttosto al vapore o alla piastra: leggera, salutare). Questa bevuta era propedeutica all’uscita sul tetto-terrazzo, dove si trovava l’installazione-performance dell’artista. Dietro una pesante tenda nera su cui era appeso un biglietto come quello dell’installazione del libro che ho letto, dentro a un uovo (per la precisione, dentro a Humpty Dumpty), svegliata da due campane tibetane, viveva una stramba creatura in calzamaglia a metà tra il cammello e il nonsoché; si muoveva al suono di sonagli, tra sassolini e sibili.

Il Mago Manon in Agata Ferrari Bravo, E quel che Alice vi trovò, installation view, 2025. Courtesy l’artista, Red Lab Gallery e Corpi sul palco®, foto Simona Foi

In “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” di Lewis Carroll, Alice, attraversando una soglia di vetro e nebbia d’argento, giunge a un altrove dove tutto è possibile, a patto di saperci entrare. Nello spazio presidiato dal cammello-nonsoché si entrava solo con lo sguardo, voyeuristicamente, dimenticandosi il corpo davanti alla tenda. Se questa dimenticanza fosse, poi, merito dell’aria o del vino, a esser sincera, non lo so ancora, ma forse poco importa.

Agata Ferrari Bravo, E quel che Alice vi trovò, installation view, 2025. Courtesy l’artista, Red Lab Gallery e Corpi sul palco®, foto Simona Foi

Il retrogusto a metà tra l’onirico e la confusione lasciato dall’incontro con la stramba creatura rendeva fisiologico chiedersi se ai party di Dalì o Cocteau o chi per loro, nel giro surrealista, si vivesse così. Se celebri, in quel giro lì, erano i tarocchi di Leonora Carrington, da Red Lab Gallery era Andrea Contin – curatore del progetto insieme a Lucia Pezzulla – a fare le carte, un’altra forma di specchio da attraversare per conoscersi. Per superare la tragedia della mia azzeccatissima tirata di carte (l’Arcano XIII, l’Imperatore, la Forza – tutte e tre al contrario – con l’Eremita), ho ripreso a guardarmi attorno. Sulle pareti c’erano cornici, cornicine e cornicette piene di disegni in qualche modo figli (forse adottati?) di Carol Rama e Leonor Fini – si dice sempre, nella vulgata, di uccidere il padre, per liberarsi, e che si continui pure con l’ammazzamento di quello, mentre due madri così è giusto tenersele strette.

Agata Ferrari Bravo, Cigno che porta una testa, 2025, vecchia scarpa, carta pesta, argilla, hennè,
acquarelli, cm15x24, courtesy l’artista, Red Lab Gallery e e Corpi sul palco®

In un angolo del soppalco tramite cui si accedeva al tetto-terrazzo, se ne stava il calco di uno stivale, o forse era uno stivale vero e proprio? O forse era una scarpa con la calza che saliva su? Insomma, se ne stava un oggetto che voleva essere una calzatura, con un placido volto lunare dipinto sopra. Lì nell’angolo, come fosse la sua bisettrice, mi è sembrato l’oggetto più silenzioso della mostra, ma è anche quello che meglio ricordo: come l’Eremita dei tarocchi, da solo, semplicemente essendoci, ha illuminato la via.

Agata Ferrari Bravo, E quel che alice vi trovo, Red Lab Gallery, Milano info: +39 340 3992431 – info@redlabgallery.com

In copertina: Agata Ferrari Bravo, E quel che Alice vi trovò, 2025. Courtesy l’artista, Red Lab Gallery e Corpi sul palco®, foto Simona Foi

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