Dall’1 al 10 aprile scorsi Federico Pepe e Le Dictateur Studio hanno presentato “Nothing™️”, progetto artistico curato da Elena Volpato nell’ambito di Esterno GAM e dislocato in diversi spazi e città, attivandosi attraverso una serie di eventi e installazioni che hanno puntato i riflettori sul concetto di vuoto e sul suo significato.
L’1 aprile, agli albori dell’art week milanese, vengo invitata da Federico Pepe in via Melzo 19. Sono abituata a fermarmi di fronte, al numero 34, sede dello studio Le Dictateur, arteria pulsante di Milano nel campo della pubblicità e della creatività. Ma attraverso la strada, e mi accorgo che a pochi metri di distanza da una delle boutique erotiche più chic della città ha aperto un nuovo spazio. Un furgone con il bagagliaio aperto pieno di scatole di cartone ci si è parcheggiato davanti. Una decina di ragazze e ragazzi scaricano le scatole all’interno dello spazio e poi ne caricano altre sul furgone con un ritmo perpetuo che appare quasi una danza, una catena di montaggio umana che scarica e carica pacchi, dal furgone allo spazio, dallo spazio al furgone. Sbirciando oltre la vetrina un’insegna luminosa con un design molto attraente recita ‘Nothing™’. Guardando bene le scatole, le divise dei ragazzi e i poster appesi fuori dallo spazio, la scritta appare ovunque: sullo scotch utilizzato per chiudere i cartoni, sugli adesivi, sui cappellini, sulle pareti, dappertutto aleggia Nothing™, una brandizzazione totale di questo misterioso prodotto.

Che cos’è Nothing™? Il nulla, marchio registrato.
Nothing™ è un prodotto non tangibile della società dei consumi nella quale viviamo, un concetto, un pensiero che si offre alla libera interpretazione.
Registrare un marchio significa garantire la sua qualità, è un segno di affidabilità da parte di chi detiene il brand, è molto difficile che si tratti di una frode, i tuoi soldi saranno al sicuro. Infatti di soldi e transizioni bancarie non se ne vedono, nemmeno desiderandolo si può acquistare Nothing™. Ma è effettivamente possibile desiderare, vendere e comprare il nulla? Il solo fatto che si possa registrare come brand dovrebbe farci riflettere su quanto le nostre vite siano pregne del niente, su quanto siamo abituati ad acquistare prodotti il cui valore intrinseco è nullo, la cui comunicazione e spettacolarizzazione costituisce la maggior parte del loro valore.
Guardando la storia dell’arte – ambito nel quale si muove Federico Pepe, autore di questo progetto – numerose sono state le operazioni artistiche che hanno svuotato gli spazi espositivi e consegnato il nulla agli spettatori. Da Klein alla Galerie Iris Clert a Parigi, alle opere invisibili di De Dominicis, alle performance non-performance di Tino Sehgal, a Cattelan che chiude la galleria neon o che invita numerosi ospiti a una biennale inesistente. Nel caso di Nothing™ però il vuoto ci viene presentato impeccabilmente, concepito e infiocchettato secondo i criteri più sofisticati del marketing.
Pepe si muove su due livelli, il primo è quello leggero, ironico, con cui riesce a sollevare una critica alla società dei consumi e alla veicolazione dei suoi prodotti.

C’è poi un livello ontologico, un’indagine più profonda circa il concetto su cui si basa il tutto.
Facendo un passaggio dalla storia dell’arte alla filosofia, il dibattito sul tema del nulla ha sempre scaldato gli animi di molti pensatori oltre a rappresentare uno dei quesiti esistenziali primordiali dell’essere umano. Esiste il nulla? Che cos’è il nulla? Dai presocratici in poi, sono stati diversi i filosofi che si sono interrogati sull’esistenza e sul significato di questa entità non-entità, possibilità non-possibilità. Uno dei primi e dei più celebri fu Parmenide, colui che sosteneva che il nulla equivalesse al non-essere e quindi fosse una condizione impossibile, addirittura impensabile. Platone fu il primo a sottolineare i paradossi delle teorie di Parmenide, seguito poi da Aristotele e da molti altri pensatori fino all’età contemporanea. Lacan, riprendendo le teorie Freudiane della sublimazione, sostiene che il tratto specifico del lavoro artistico sia “l’organizzazione del vuoto”. Secondo il filosofo francese, la sublimazione – ovvero un appagamento della pulsione per altre vie rispetto a quelle sessuali – può verificarsi prevalentemente tramite l’opera d’arte. Nel Seminario VII, Lacan paragona la sublimazione artistica alla pratica del vasaio: quest’ultimo può creare un vaso solo a partire dal vuoto, non esiste prima la materia e poi il vuoto, la materia si plasma intorno al vuoto. Il vuoto è terribile, spaventoso, si sottrae da ogni possibile rappresentazione, ma è la condizione di esistenza della materia, quindi del vaso, quindi della pratica artistica.

L’arte è organizzazione del vuoto.
Ma l’essere umano è veramente in grado di concepire il vuoto, il nulla? In questo articolo purtroppo non troverete risposte, solo ulteriori quesiti e riflessioni stimolate dall’operazione – forse radicale – di Nothing™.
Nel marasma di fonti che esistono sul tema, vorrei concludere con la celebre frase del chimico Lavoisier “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Trovo ironico come presenti di per sé un paradosso: nel sottolineare che il vuoto non esiste perchè non esiste né creazione né distruzione, utilizza due volte la parola ‘nulla’. Si tratta solo di una necessità linguistica o dell’assenza di chiarezza circa uno dei concetti più complessi a cui l’essere umano sia mai stato messo davanti? Probabilmente non ne verremo mai a capo.
Tutte le immagini: Nothing™ di Federico Pepe e Le Dictateur Studio. In copertina: foto di Gerardo Brentari.