I personaggi di “Storie di Amsterdam” di Nescio sono degli hippy ante litteram di inizio Novecento sempre in bilico tra anarchia e malinconia
Una bohéme malinconica quella raccontata con ironia e disincanto da Nescio in queste Storie di Amsterdam: forse perché siamo in ritardo di più di mezzo secolo rispetto al romanzo di Henry Murger da cui Puccini ha tratto la celebre opera, La Bohéme appunto, e gli entusiasmi rivoluzionari sono svaniti; o forse perché non siamo a Parigi, ma nella brumosa e laboriosa Olanda.
Già lo pseudonimo latino Nescio, ‘non so’, di Jan Hendrik Frederik Grönloh, denuncia il suo scetticismo. C’è una frattura profonda tra la sua vita di uomo d’affari di successo nella Holland-Bombay Trading Company, di marito esemplare e padre di quattro figlie e i suoi entusiasmi rivoluzionari giovanili che fa rivivere con amarezza nei racconti. Interessante, il suo caso, perché quando escono tra il 1911 e il 1935 se ne accorgono in pochi. Solo tra gli anni sessanta e settanta esplode il caso Nescio e diventa un successo straordinario.
Il gusto è finalmente cambiato: la sua scrittura sommessa e ironica, il linguaggio colloquiale incontrano un nuovo pubblico ormai estraneo all’artificiosità della tradizione letteraria e poi gli hippy, i figli dei fiori, i sessantottini si riconoscono nei Giovani Titani di Nescio.
Oggi la sua raccolta di racconti è un classico ed è considerata tra i dieci libri più belli della letteratura nederlandese. Finalmente eccola anche in Italia nella bella traduzione di Fulvio Ferrari.
Si comincia con Lo scroccone, «che ti trovavi sdraiato sul tuo letto con le scarpe sporche quando rientravi tardi la sera. Lo scroccone che fumava i tuoi sigari…si scaldava col tuo carbone, metteva il naso nei tuoi armadi, prendeva in prestito i tuoi vestiti». Si chiamava Japi, senza cognome, e oltre a farsi mantenere da un gruppetto di giovani sognatori, squattrinati, la sapeva lunga: «Si rendeva conto che il sole non aveva bisogno di aiuto per calare… E la marea si alzava e la marea si abbassava, l’acqua avanzava e si ritirava… Così un giorno toccava l’altro». Ogni tanto Japi scompariva, per fare, meglio, per non fare le stesse cose da qualche altra parte. L’avevano visto scroccare anche a Parigi, ma tornava sempre ad Amsterdam. Poteva trascinarsi all’infinito, poi un giorno si lascia cadere da un ponte, senza drammi. Così.
I Giovani Titani è la denominazione sarcastica per dei miseri ribelli a quel Dio dell’Olanda che non solo permette, ma protegge la grassa borghesia avida solo di guadagni, il sapere e il potere costituito. In segreto coltivano un’arte suprema che non riescono a raggiungere, si ubriacano, vagano in cerca di un contatto con la natura– le descrizioni di mare, campagna, città sono magnifiche – si tormentano, alcuni scendono a compromessi e diventano piccoli impiegati di quel grande capitale che li sfrutta, altri non ce la fanno, si lasciano andare, si suicidano.
Il piccolo poeta è forse il racconto più originale, con quel suo tono malinconico, di piccole illusioni, piccoli amori, richiama un po’ le poesie di Guido Gozzano.
Storie di Amsterdam di Nescio, Iperborea, 2015, pp. 224, 16€
Immagine di Joop Reuvecamp