Un disco e il tour (omonimo) sono i contenuti del film che ricorda un momento particolare della band. Quello che segue la “dipartita” di Andy Fletcher nel 2022, l’uscita di “Memento Mori” nel 2023 e i conseguenti show sold ou nella capitale messicana. “M”, il lungometraggio di Fernando Frias, è attraversato da un intenso sentimento di amore e morte che esalta e rende affascinanti le performance di Dave Gahan e Martin Gore
Cosa sono stati i Depeche Mode per le ultime quattro generazioni? Qualcosa di originale e unico insieme, perché la loro musica si è evoluta, è cresciuta ed è cambiata con la loro storia e la loro età, e con la Storia – con la esse maiuscola – che hanno e abbiamo attraversato.
Pensieri monumentali attraversano la visione di Depeche Mood: M, il film dedicato alla tournée della band degli ultimi due anni, diretto dal regista messicano Fernando Frias e visibile nei cinema fino a domani.

Monumentali, perché il film attraversa un potente sentimento di Amore e Morte, conseguente alla nascita del loro quindicesimo album. Andò così. Nel 2022 Andy Fletcher, il terzo indimenticabile membro della band lascia la vita terrena, e Martin Gore e Dave Gahan come sempre diretti e veri, senza filtri e senza paure di essere se stessi, intitolano il disco, quello del 2023 appunto, Memento Mori (da cui la “M” che giganteggia sul palco), che racconta tutto il disagio e le paure che nascono in chi perde un compagno di strada e di vita. Segue l’omonimo tour.
Ora, il film riprende tre date (di quel tour) registrate a Città del Messico nel 2023 di fronte a 200.000 persone: citazioni, poesie, racconti in lingua mexicana fanno da contrappunto alle superbe esecuzioni live della band. Il filo rosso è il rapporto con la morte, che i messicani coltivano in maniera diversa (intensamente diversa) dagli altri paesi del mondo (per i messicani nel Dia de Los Muertos i defunti si onorano con gioia non con mestizia), e che il regista mette in relazione in maniera affascinante con le canzoni.
Morte e amore, dunque, che, per il regista, sono connesse anche alla tecnologia: non solo con la musica dei Depeche Mode – che nel tempo da totalmente elettronica si è trasformata in una specie di blues del XXIesimo secolo – ma anche dal punto di vista visivo. Infatti, per raccontare il live Frias usa filtri e tecniche che arrivano dal nostro passato tecnologico: vecchi televisori di cui riproduce la texture, fatta di pixel in bianco e nero, effetti analogici che appartengono agli anni Novanta, un gusto per il passato recente fatto di high-tech superato. Il tutto rende il film pervaso di una sorta di “nostalgia moderna” che si sposa perfettamente con la musica.
I due musicisti sono a loro modo fantastici: Dave Gahan canta sempre meglio e assume le fattezze di un diavolo postmoderno, che ti può portare in paradiso o all’inferno con la stessa classe ed eleganza: balla, canta con la sicurezza di chi ha superato i suoi fantasmi. Martin Gore, autore di tutte le canzoni più importanti del gruppo, ha una voce quasi angelica ma che usa pochissimo (nel film canta solo una canzone), come se si rendesse conto che le sue canzoni hanno bisogno dei toni bassi, inquietanti e luciferini di Gahan e non dei suoi acuti. Le esecuzioni migliori del concerto sono quelle dei brani che da elettronici diventano elettrici, con uso di batteria, come per esempio in una spettacolare versione di Wrong o della eterna Enjoy the silence. E non manca ovviamente una versione all’altezza di Personal Jesus.
“M” è un film per chi già ama i Depeche Mode, perché spinge sull’acceleratore della dicotomia Amore/Morte e inevitabilmente tralascia altri aspetti della band; ma è a suo modo un’opera d’arte, che non ha paura di sbilanciarsi e parlare di temi difficili e lontani dallo show business di questi anni inutilmente luccicanti. I Depeche Mode sono oltre, perché hanno una credibilità e una creatività unica che si sono costruiti nel tempo e nello spazio. Che Dio o chi per lui li conservi in gloria.
Foto di Toni François