L’umano è ancora nei libri

In Teatro

Foto da www.teatrofrancoparenti.it

Sette personaggi, tanti libri, sprazzi d’umanità. Al Parenti il nuovo lavoro di Lucia Calamaro si muove tra gli spazi di una biblioteca, manovrando abilmente dei tipi umani godibilmente inadatti a stare al mondo

Si applaude molto, ci si diverte, il dialogo pesca nel quotidiano e volano per aria in 1 ora e 45’ decine e decine di libri che il 18 maggio, alla fine delle applaudite repliche nella sala A2A del Parenti, saranno distrutti, spaginati, squartati di copertine. Ci si diverte, ma si ripensa poi alla mole delle battute, ai malumori così condivisi, alle piccole follie dialettiche, perché in realtà Tipi umani seduti al chiuso (Partitura sentimentale per biblioteche) è una bella commedia di Lucia Calamaro ma votata al pessimismo. 

Il finale è molto chiaro, il personaggio quasi autobiografico della scrittrice che si chiude in biblioteca per trovar pace, dopo che ancora una volta si è fatta strage dei volumi allineati sulle pareti della scena, quasi a portata di mano per il pubblico, ci annuncia che ormai siamo anaffettivi nei confronti del mondo, che nulla ci tocca, riguarda, ci interessa. 

L’origine del mondo, testo magnifico che ha lanciato l’autrice, è lontana, ma è chiaro che oggi vince la globale disaffezione e i rapporti sono tutti estremi, registrati sulla scala di nevrosi private o pubbliche, cose di famiglia, manie d’arte mal riposte, accessi di sentimentalismo spinto. 

I sette tipi che popolano la biblioteca, cinque uomini e due donne, sono in preda a ribellioni, romanticismi andati in malora, amore per la musica, scatti isterici di cui fanno le spese i libri, magari citando anche qualche autore di gloriosa notorietà, si cita perfino l’incipit della Karenina, il più noto: ma è bello che i libri ci siano ancora e decorino, tappezzino la nostra vita interiore (chi li raccoglie in modo indiscriminato e ossessivo ha a che fare con lo Tsundoku, in giapponese, manìa resa celebre da Umberto Eco). 

La biblioteca luogo di protezione da un esterno che appare rovinoso e bellico, un luogo dove vige una densa e piccola intimità, come negli uffici dove si consumano vite in attesa della pensione: vengono in mente, teatralmente, il vecchio I burosauri di Ambrogi e il giovane Edificio 3 di Tolcachir. Tra battute ciniche, giochi di parole, memorie familiari la Calamaro occupa lo spazio dialettico con furberia e bravura, non un personaggio che risulti sbiadito, sono tutti simpaticamente inadatti al mondo anche quando ci chiedono che libri abbiamo sul comodino.

C’è un po’ di filosofia e cultura alta ma sciolta nella banalità artefatta con cura dei dialoghi di ogni giorno con tutte le paure e le ossessioni che ciascuno mantiene a proprie spese, con humour se possibile. Quello che ci mettono gli attori (Riccardo Goretti, Simona Senzacqua, Lorenzo Maragoni, Cristiano Moioli, Cristiano Parolin, Filippo Quezel, Susanna Re) impegnati a sfruttare l’assenza della quarta parete per diventare amici-complici. Si passa una serata intelligente sperando che a casa i libri stiano bene.

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