Leigh e le verità sepolte nella coscienza: ognuno ha il copyright delle sue nevrosi

In Cinema

Verità scomode e dure sono quelle che l’82 regista britannico racconta nella sua nuova, bellissima opera. In cui la dolente Pansy, refrattaria alla vita, muove guerra a tutti e tutte, dagli sconosciuti in coda dal dottore al marito idraulico che non sopporta più. L’unica in grado di capire questa donna fobica e bipolare , che vive, spesso a letto, nella periferia londinese, sembra essere la sorella parrucchiera. Ma non sperate in un happy-end. Un film che ha tutte le migliori caratteristiche interiori dell’autore di “Il segreto di Vera Drake”, protagonista la straordinaria attrice giamaicana Marianne Jean-Baptiste

Le verità sepolte dentro la coscienza, nascoste pure a se stessi, dice Mike Leigh, sono dure (in originale, hard) e scomode (nella traduzione più accomodante). Il sui nuovo bellissimo film, girato con la cinica saggezza dei suoi 82 anni, non dà colpe o spiegazioni precise, rimane un sentimento, una minaccia esistenziale alla vita quotidiana. E torniamo alla vita di quella middle class, appena sopra quella di Ken Loach, che il regista di Manchester, vincitore di Palme e Leoni, aveva già magnificamente raccontato in Belle speranze, Segreti e bugie, fino a Peterloo e Il segreto di Vera Drake: in tutto, il suo patrimonio filmico sociale è di 23 film e 5 nomination all’Oscar.

Gli dobbiamo molti generi di pathos, anche quello pittorico (Turner) e ora gli dobbiamo anche l’empatia per il dolore sofferto di Pansy, non si sa come o da chi ferita, “refrattaria” alla vita, che respinge chiunque incontri, convinta che la vita ce l’abbia con lei tanto che se la prende con tutti. Scomode verità, girato con un piccolo budget, inizia con un urlo che viene dal profondo ed è il diario bipolare e infelice di questa donna fobica e irascibile che vive isolata, spesso a letto, nella periferia londinese col marito idraulico, un uomo tranquillo, il figlio taglia XXL, la sorella Chantelle parrucchiera, l’unica che le dichiara comunque tutto il suo affetto e che sarà l’unica a partecipare e capire questa forma di rivalsa nei confronti del mondo, questa sofferenza invasiva che forse però trova un piccolo spiraglio di ragionevolezza.

Ma non è un happy end. Pansy, mettendo in luce tutta la sua antipatia, ferisce, insulta e maltratta tutti, persone che incontra per caso in fila al supermercato, in visita dal dottore, in coda al posteggio. Ha voglia tutte le mattine di aggredire il mondo, anche perché Marianne Jean-Baptiste, attrice giamaicana bravissima e premiata anche a teatro, ci nomina subito complici e analisti. Perché alla fine c’è sempre la mamma e la prima infanzia, torniamo a Baby Jane: queste due sorelle così diverse, unite e divise dalla madre che forse aveva preferenza per una delle due. Quando un giorno finalmente portano i fiori sulla tomba per la Festa della Mamma, e poi tornano a casa per un party familiare tristissimo, ecco che qualche scomoda verità, emerge dal passato, fino a far piangere Pansy (ma le lacrime nascono da una isterica risata) ed è la premessa-promessa di una quasi liberazione, almeno una rimozione. L’infelice Pansy confessa anche il disamore per il marito: ogni occhiata ed ogni gesto le sembrano organizzati per offenderla.

E’ un’opera che ha tutte le caratteristiche interiori del miglior Leigh, il quale ha scritto la storia in modo raffinato, con acida tristezza, scavando e scovando i nascondigli caratteriali del quotidiano della gente, mettendo a rischio il self control britannico e chiudendo il film con un maxi punto di domanda: domani, si può ripetere con quell’eroina del 1939 di Via col vento, è davvero un altro giorno? Leigh neutrale guarda alla doppia valenza degli affetti, sente la rabbia covata nei confronti dei torti veri o presunti che ciascuno riceve da un mondo anaffettivo cui si risponde ormai solo col silenzio. Pansy è una delle tante e dei tanti e ciascuno ha il copyright della sua nevrosi.

Scomode verità, di Mike Leigh, con Marianne Jean-Baptiste, Michele Austin, David Webber, Tuwaine Barrett, Ani Nelson, Sophia Brown

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