Ma l’amore no? “Contro il matrimonio” di Laura Gramuglia

In Letteratura

Quanto costa, ancora oggi, non sposarsi? Attraverso una mappa ragionata di storie di coppie anche celebri, Laura Gramuglia compone una “guida sentimentale per le Ragazze di Ieri, Oggi e Domani” (pubblicata da Edt). Se l’istituzione è in crisi, è davvero così facile pensare una vita affettiva e amorosa che non contempli per forza il matrimonio, figli e convivenza?

«Vivere come amanti da sposati è carino, ma vivere come sposati da amanti è imbecille».

 Queste le parole di Robert Vadim alle porte del matrimonio con Jane Fonda. Divorzieranno dopo otto anni. La citazione è una delle tante che Laura Gramuglia inserisce all’interno del suo Contro il Matrimonio – Guida Sentimentale per le Ragazze di Ieri, Oggi e Domani: sono molte le star che occupano la mente dell’autrice nelle sue riflessioni riguardo al sacro vincolo, le pagine si riempiono di amori rapidi e dolorosissimi o lunghi (ma mai abbastanza) e travagliati, un compendio di esempi volti a sfatare il mito del «finché morte non ci separi».

Sembra crudele, come lista, ma è perfettamente comprensibile. Nulla obbliga le donne a sposarsi: possiamo avere una carriera stellare, il nostro conto in banca, una casa, viaggi con le amiche, a tutti gli effetti possiamo vivere indipendentemente dal matrimonio. Se non fosse per l’elefantiaco peso che la società fornisce ad ogni bambina, e che cresce col suo diventare ragazza, e poi donna: è ancora così, per quanto ci si racconti di essere aperti e innovativi. La verità è che l’esperienza femminile ancora non viene considerata completa senza il matrimonio, senza figli addirittura innaturale, che la vecchiaia è una condanna e la possibilità diventare gattara un’inquietante prospettiva.

Non stupisce, quindi, che Gramuglia si interroghi sull’effettiva validità del matrimonio, che ne indaghi le motivazioni e i possibili risvolti, che dica con franchezza che il «per sempre» dei suoi nonni non è uno che andrebbe desiderato.

«Il matrimonio, meglio, la sua fine, inaspettata o fin troppo ovvia, è senza dubbio una marcia in più per chi ha capito come servirsene».

Stupiscono ancora gli studi in cui è esplicito il benessere che la componente maschile guadagna dal matrimonio rispetto a quella femminile? O sulla percentuale di donne che rifioriscono dopo il divorzio? Le storie di donne di successo bloccate dalla fede al dito si susseguono nelle pagine, accompagnate da donne che quella fede se la sono tolta, in un modo o nell’altro, e che hanno ritrovato loro stesse nel processo. Esordisce sui social un nuovo termine proveniente dalla psicologia: incompetenza strumentalizzata. Serve per descrivere un partner che è (o si finge) deliberatamente incapace di compiere alcune azioni in modo da poter scaricare il compito sull’altro. Sono situazioni che fanno parte della quotidianità di molte donne: «mio marito non sa proprio cucinare, devo fare tutto io», oppure «vado via per due giorni e la casa è in uno stato tremendo», o ancora «cara, ci pensi tu al regalo per mia madre? Con queste cose sei più brava tu». Ai piccoli ma infiniti fardelli quotidiani si aggiungono i lavori invisibili e non stipendiati della moglie, che è colf, segretaria, event planner, chef privato e, in caso di prole, anche bambinaia, o come viene definita oggi “madre single sposata”.

«Un matrimonio riuscito o un meccanismo prossimo a incepparsi? Non lo sappiamo, non ne abbiamo il tempo.».

Si avverte l’angoscia di Laura Gramuglia, il bisogno di capire, di scoprire se è tutta una farsa quella della realizzazione femminile attraverso il matrimonio e la procreazione: ci vengono promessi applausi, festeggiamenti, persino regali per queste vette, ma qual è il prezzo da pagare? Accanto alla parabola della famiglia felice si trovano quella di Nora in Casa di Bambola, di Medea, delle donne che ammettono coraggiosamente che quella era la scelta di vita sbagliata per loro (sicuramente avranno sbagliato loro qualcosa. O no?).

Ancora più forte è il bisogno dell’autrice di giustificare la sua scelta: felicemente non sposata e senza figli sembra una traiettoria non contemplata per il genere femminile, se non giustificata attraverso l’impossibilità di concepire e la profonda commiserazione di aver tentato ma non essere riuscita a trovare il compagno di vita a cui dire «sì», entrambe comunque situazioni da pietire e di cui sparlare. Prima di scegliere questa strada sembra necessario trovare la giustificazione da fornire agli altri, ma anche a se stesse. Circondata da amiche e familiari che tentano di incanalarla sulla via del matrimonio, come fosse la panacea di tutti i mali, e confrontata con la concreta realtà di avere un figlio, Gramuglia coraggiosamente prende tempo:

«Un tempo che come al solito nella vita di una donna, è nemico, potrebbe non bastare».

Il sacrosanto tempo per riflettere che deve avvenire prima di scelte del genere nella vita di una donna: il motivo per cui agli uomini non viene mai chiesto come avere tutto, come gestire carriera e figli, è che la parte sacrificale della vita coniugale concerne principalmente le donne. Nel celebre monologo di Laura Dern in Storia di un Matrimonio è chiaro il concetto: la donna che è madre e moglie deve essere perfetta, come Maria («She’s a virgin who gave birth!»), e per fare tutto bene, tutto non si può fare. Scandagliare le vite di altre donne può salvarci da una vita infelice? Forse può aiutare.

Il matrimonio non è l’anticristo o la fine della vita, scrive Gramuglia: ma è fondamentale valutare la vita da sposati con la gravità che comporta la scelta, ed è una scelta da prendere se si allinea con chi siamo e vogliamo essere. L’opzione single-con-gatto resta allettante.

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