“L’Arminuta” e l’Adriana sfidano il presente, in cerca di un futuro migliore

In Cinema

Sofia Fiore e Carlotta De Leonardis sono le giovanissime protagoniste del nuovo film di Giuseppe Bonito, dopo l’attimo debutto con “Pulce non c’é”. Ancora un ritratto familiare delicato e drammatico, che ruota intorno all’Arminuta, sfortunata 13enne che deve tornare alla povera famiglia d’origine dove troverà un’ancor più giovane alleata. Dal romanzo di Donatella di Pietrantonio, Premio Campiello 2017

1975, estate. La protagonista (Sofia Fiore) ha tredici anni e ha sempre vissuto al mare, in una bella casa, con una madre amorevole e un padre benestante. Senza preavviso, da un giorno all’altro, il suo mondo crolla: i suoi genitori, quelli che lei credeva i suoi genitori, la restituiscono alla sua vera famiglia, al posto da cui proviene: una casa miserabile, fratelli e sorelle accatastati come animali in due stanze senz’aria e senza luce. Insomma, si trova catapultata in un altro mondo, lontano dal mare e da quel benessere che per la piccola e media borghesia a metà degli anni Settanta era ormai condizione normale e condivisa, ma non nei piccoli centri del sud, nelle campagne abruzzesi dove il film e il bel libro di Donatella di Pietrantonio (vincitore nel 2017 del premio Campiello) sono ambientati.

La protagonista diventa così l’Arminuta, la “ritornata”, e questo nome diventa una sorta di marchio d’infamia, come se fosse lei la colpevole, come se del suo destino bizzarro e infelice fosse l’unica responsabile. Naturalmente non lo è. A lei nessuno ha mai chiesto nulla, né quando sua madre l’ha consegnata poco più che neonata alla “mamma del mare”, la cugina ricca e senza figli, che per tredici anni si è occupata di lei, né quando quest’ultima ha cambiato idea, o è stata costretto a farlo, come scopriremo a un certo punto, e l’arminuta è stata rimandata a casa, riconsegnata come un pacco, un oggetto rispedito al mittente. 

È un’Italia arcaica, lontana nel tempo e nello spazio, quella che viene rappresentata in questo film, ma non per questo meno interessante. Perché la ricerca della propria identità, dentro e fuori la famiglia di origine, è un tema che non ha mai smesso di essere vivo e coinvolgente. E il modo in cui viene esplorato attraverso la storia dell’arminuta è senz’altro capace di toccare corde emotive profonde, sentimenti universali. Il regista Giuseppe Bonito indaga paure antiche e meccanismi famigliari fin troppo contemporanei, con uno sguardo carico di empatia e al tempo stesso capace di dire verità sgradevoli. Una capacità di cui aveva già dato prova nel suo lungometraggio di esordio, Pulce non c’è, ottimo tentativo di raccontare una famiglia dal punto di vista del rapporto con l’handicap (una bambina autistica), ma anche e soprattutto con l’ombra di un’accusa infamante, portata avanti dai giudici e capace di esplodere come una bomba in un contesto parentale già fragile. 

Nell’Arminuta il contesto è una sorta di sfida fra passato e futuro, tra la generazione dei genitori – che pur nelle differenze di censo ripropone sempre un identico modello, fatto di donne dolenti e silenziose, immobili, e uomini che agiscono, di volta in volta, la violenza e il dominio – e la generazione dei figli, che pur tra mille incertezze cerca una strada nuova, più libera. Anche se in realtà di figlie dovremmo parlare. Sono le figlie il futuro: la protagonista e la sorellina Adriana, selvatica e sincera, intraprendente e timida, apparentemente chiusa in un modo profondamente arretrato eppure capace di accoglienza vera e di gesti diversi, intimamente rivoluzionari. 

Un film potente e scabro, sensibile, vibrante, costruito prima di tutto su scelte di cast di grande rigore ed efficacia. E su una capacità piuttosto rara di distillare emozioni dai silenzi, dagli sguardi, da una galleria di volti difficili da dimenticare. Grazie all’intensità delle due giovanissime protagoniste, Sofia Fiore e Carlotta de Leonardis, ma anche ai lancinanti silenzi delle due madri, Vanessa Scalera ed Elena Lietti. Il risultato è un film che lascia il segno, nel nome di una possibile riconciliazione tra opposti che facile non è, ma che può rivelarsi l’unica strada per operare una sintesi e andare avanti. Guardare avanti. In una sorta di passaggio del testimone da una generazione a un’altra, da un’epoca a un’altra, nel segno di ferite da ricucire e nuove relazioni da costruire, tra presente e passato, guardando soprattutto al futuro.

L’arminuta di Giuseppe Bonito, con Sofia Fiore, Carlotta De Leonardis, Vanessa Scalera, Fabrizio Ferracane, Elena Lietti, Andrea Fuorto.

(Visited 1 times, 1 visits today)