Il realismo emozionale di Mathias Enard

In Letteratura

“L’alcol e la nostalgia” di Mathias Enard

Che i viaggi in treno favoriscano il rimuginare e il rivangare compulsivo di vecchie ferite, mai abbastanza rimarginate, vuoi per lo scorrere ipnotico del paesaggio fuori dal finestrino, vuoi perché si è necessariamente confinati in uno spazio ristretto, è un luogo comune con cui tutti abbiamo più o meno avuto a che fare almeno una volta. Ora, immaginate in quale abisso interiore potreste finire non solo se il paesaggio che scorre placido fuori dai finestrini del vostro treno è quello della tundra siberiana, ma che  state viaggiando anche per raggiungere il villaggio natale di un vostro amico suicida. In un simile viaggio si imbarca il protagonista del nuovo libro – ma uscito in Francia nel 2011 – di Mathias Enard, L’alcol e la nostalgia.

Ho pensato che eravamo delle matrjoske, noi tre. Infilate per sempre una dentro l’altra, inutili fuori, aperte in due e vuote.

L’alcol e la nostalgia prende il via quando Mathias, in Francia, riceve una chiamata dalla sua ex-fidanzata, Jeanne, che gli comunica la morte di Vladimir, loro amico e amante della ragazza. Mathias, così, raggiunge Jeanne in Russia, e da qui poi prende un treno che lo porta nelle profondità siberiane, nel villaggio natale di Vladimir.
La prima cosa che emerge dal romanzo di Enard è la sua gestione del triangolo amoroso: lui-Mathias, lei-Jeanne, l’altro-Vladimir. Innanzitutto per la sua connotazione geografica, dove la coppia di ragazzi francesi è subito affascinata e sedotta dal russo Vladimir, incarnazione di quel Behemoth geografico che si stende appena oltre l’Europa. In secondo luogo, è un triangolo amoroso in cui ogni vertice è in contatto con entrambi gli altri: non è soltanto Jeanne a essere sedotta da Vladimir, ma è anche lo stesso Vladimir a essere affascinato da Mathias. Fra i due ragazzi, infatti, si stabilisce un rapporto che è soltanto apparentemente mediato e filtrato dal loro amore reciproco per Jeanne. In L’alcol e la nostalgia, l’amore e la seduzione investe tutti e tre i ragazzi.
Enard, inoltre, riesce a mettere al centro del suo romanzo i rapporti fra questi tre, le loro gelosie, la loro passione, senza che però i personaggi si esauriscano in queste definizioni. Perfino Jeanne, che nel racconto ha meno spazio, riesce a emergere come una persona concreta, non rimanendo confinata nella gabbia monodimensioanle di ex-ragazza.

Tutto è talmente fragile, talmente fragile, i ricordi, la felicità, le canzoni, gli abbracci, i desideri, bisogna per forza muoversi, prendere i treni, andare di qua e di là, vagare per la Russia.

Mathias, quindi, si mette in viaggio per andare al villaggio natale di Vladimir nel profondo della Siberia, dove il ragazzo si è tolto la vita. Durante l’interminabile viaggio in treno, Mathias sprofonda sempre più nei ricordi e nella nostalgia.
La geografia di L’alcol e la nostalgia, non che del viaggio di Mathias, è al contempo puntuale e onirica. Questa dualità si rispecchia sia nella descrizione delle singole città, in particolar modo Mosca e San Pietroburgo, sia rispetto il viaggio vero e proprio del ragazzo. Infatti, la nostalgia del titolo (insieme ai ricordi) è dedicata ai giorni che Mathias, Jeanne e Vladimir hanno trascorso insieme in Russia. Ma non soltanto alle loro esperienze, bensì alla condivisione delle loro vite, alla contaminazione fra Europa e Russia, in una sorta di amalgama al contempo fecondo e distruttivo. Mathias , in viaggio sul treno, ricorda (e racconta) la stratificazione emotiva e sensoriale di quei giorni mai in modo diretto o esplicito, ma quasi sempre facendocela percepire appena oltre la parola scritta. Enard la fa emergere attraverso la descrizione impressionistica degli ambienti e della Russia. Questo filtro è necessario anche per restituire la duplicità della contaminazione fra Russia e Mathias: se la vita che hanno condotto Mathias con i suoi amici ha contaminato i ricordi di quei luoghi, al contempo, quei luoghi, quella Russia, ha fatto altrettanto con i loro rapporti.
Per questo, anche il percorso di Mathias, quattro anni dopo, verso il cadavere di Vladimir non è solamente un viaggio fisico, ma è una discesa nell’abisso ctonio. Enard in questo è magistrale, riuscendo con una prosa densa come melassa, a farci sprofondare con Mathias non solo nei propri ricordi, ma nei recessi più primigeni della Siberia. Più il treno sprofonda verso il centro della Russia, verso la glaciale Siberia, più Mathias, e noi con lui, ci immergiamo nel suo dolore e nel suo animo, allontandoci sempre più da ogni fonte di luce o respiro.

Da solo con i ricordi, l’alcol e la nostalgia, è tutto quello che rimane come diceva Cechov

La Russia che descrive Enard in L’alcol e la nostalgia non è soltanto filtrata attraverso le emozioni e i ricordi di Mathias, ma è anche una Russia profondamente letteraria. Fin dal titolo, che fa riferimento a una citazione esplicitamente ricondotta a Cechov, Mathias filtra tutta la realtà che lo circonda con gli occhi dei libri che ha letto. Le stesse istanze di fuga del ragazzo hanno una radice nella letteratura per sua stessa ammissione. “Kerouac, Cendrars o Conrad” ne hanno segnato il destino, eternamente in fuga.
La Russia è un paese sterminato, irriducibile e incomprensibile per uno straniero come Mathias. Forse per una qualche deformazione professionale, essendo un aspirante scrittore, l’unico modo che il ragazzo ha per comprenderla, o almeno cercare di inquadrarla, è attraverso la sua letteratura. Ecco, quindi, che la Russia che emerge da L’alcol e la nostalgia è la Russia di Dostoevskji e di Tolstoj, di Gogol e di Esenin.
Ma non è soltanto l’enorme paese straniero a essere mediato attraverso quest’ottica, personale e letteraria, lo sono anche i rapporti umani e le persone stesse. In questo caso, la mediazione è duplice: primo, tutto è ammantato dal velo dei ricordi e della nostalgia, che fa sì che ogni episodio raccontato, ogni gesto, acquisti un valore non solo di per sé, ma anche temporale, ovvero rispetto a ciò che sarà. Jeanne che, per esempio, si mette del profumo in metropolitana contiene in sé tutto il dolore e la dolcezza di un amore perduto. Il secondo livello di mediazione, proprio come avviene per la Russia, è quello letterario: Mathias riconduce sia Jeanne che Vladimir a degli esempi letterari. Vladimir non è più soltanto Vladimir, l’amico russo, contendente di Jeanne, ma raccoglie su di sé un’intera geneaologia di eroi russi, perfettamente racchiusi nel suo nomignolo di Andej Bolkonskij (da “Guerra e Pace”). Questo influsso letterario pervade la stessa struttura del racconto: Enard non deve mai veramente specificare come sia morto Vladimir. Appena ne apprendiamo la notizia, ci risulta implicito che sia suicidio proprio perché noi stessi inseriamo Vladimir in un determinato canone letterario. Come potrebbe essere morto, altrimenti, se non uccidendosi?

Ti ricordi Vlado quando Jeanne ci ha presentati ti chiamavo principe Andrej perché mi ricordavi Bolkonskij con quella tua aria insieme nobile e fragile, sicuro di te anche se vacillavi nella droga e nella violenza come un salice, abbiamo avuto il tempo della Pace e quello della Guerra, la nostra prima battaglia, Austerlitz, poi il riposo prima che Mosca bruciasse davanti a noi, prima di bruciare nell’alco e negli stupefacenti, come i minuscoli ceri delle chiese russe, e la presenza strepitosa di Jeanne, Jeanne che abbiamo lasciato in disparte per i nostri giochi virili, tranne poi contendercela, sfidarci a duello da bravi nobili russi e scomparire.

In un altro articolo, mi chiedevo se si potesse cercare di utilizzare il concetto di realismo emozionale per comprendere (la mia ossessione per) i racconti con al centro la morte del padre. Con il rischio che questa sia la volta buona che mi tolgono retroattivamente la laurea, l’idea è di provare a riguardare L’alcol e la nostalgia tenendo presente questa interpretazione.
Riprendendo brevemente l’idea di realismo emozionale, Ien Ang afferma che attraverso la visione di Dallas, le casalinghe americane e non solo, potessero fare esperienza di eventi a loro altrimenti impossibili riguardo i problemi e i lussi di una famiglia di ricchi petrolieri. Attraverso la visione di Dallas era un po’ come se quelle casalinghe diventassero membri di una famiglia di ricchi petrolieri.

Tornando a L’alcol e la nostalgia, Mathias ha avuto esperienza della Russia soltanto attraverso i libri e la letteratura (prevalentemente ottocentesca). Quando si trova, non solo a viverci per dei mesi, ma soprattutto a parlarne, a scriverne, l’unico modo che conosce per farlo è attraverso le immagini e le atmosfere di quella letteratura con cui la sua idea di Russia si è formata, prima ancora di averla vista. Anzi: nemmeno viverla fisicamente fa perdere di importanza all’immagine precostuita. E questo discorso, si è visto, è valido non solo per la Russia, ma anche per i suoi rapporti umani. Per questa importanza fondante della letteratura, il racconto di L’alcol e la nostalgia, fatto attraverso gli occhi di Mathias, è costellato di tutti i riferimenti culturali e letterari con cui è cresciuto, e con i quali interpreta il mondo e la realtà che lo circonda.

A questo punto, quindi, sorge spontanea una domanda, spostando gli occhi da Enard e volgendoli verso di noi: quante nostre convinzioni, idee, interpretazioni di persone o fatti, sono riconducibili a una qualche nostra lettura? Quanto saremmo differenti, nel relazionarci con i nostri amici, i nostri cari, le persone che amiamo, se non avessimo letto i libri che abbiamo letto (o visto i film che abbiamo visto, o così via)? Insomma: siamo fatti veramente della materia di cui sono fatti i libri?