La prigioniera e il carceriere: Auschwitz, una sconvolgente love story

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Il documentario “Se questo è amore” della regista israeliana Maya Sarfaty, on line il 27 gennaio per la Giornata della Memoria, ricostruisce con interviste a figli, nipoti e conoscenti l’inquietante relazione tra la belllissima Helena Zitron e l’ufficiale delle SS Franz Wunsch. Che sarà processato per i suoi crimini e assolto, in Austria negli anni 70. Come almeno settanta suoi colleghi, che vivevano liberi

«Come può una donna sorridere così con addosso l’uniforme di un lager? Mi sta dicendo che anche lì si può essere felici?» Queste sono alcune delle domande con le quali si apre il documentario Se questo è amore della regista israeliana Maya Sarfaty on line il 27 gennaio, in occasione della  Giornata della Memoria, sulle principali piattaforme on demand  distribuito da Wanted Cinema A porre tali inquietanti  domande, con sguardi perplessi e voci esitanti, sono figli e nipoti, parenti e conoscenti di una donna che abbiamo visto apparire in una foto in bianco e nero, perfettamente nitida nonostante il passaggio del tempo, del tutto incongrua rispetto al luogo e all’epoca in cui è stata scattata: marzo 1942, Auschwitz. Si chiama Helena Zitron e sorride tranquilla nella sua divisa a strisce: ha le guance paffute, lo sguardo sereno di una donna innamorata, anche se è appena arrivata nel luogo che diventerà il simbolo di una delle peggiori tragedie della nostra storia.

A partire da questa immagine Maya Sarfaty ricostruisce, attraverso interviste, filmati d’archivio e fotografie, la storia d’amore tra una prigioniera ebrea e il suo carceriere nazista – l’ufficiale delle S.S. Franz Wunsch – nel campo di sterminio di Auschwitz,. Un amore proibito, segreto, di cui vergognarsi, ma talmente forte da durare fino alla fine della guerra, nonostante il rischio quotidiano di essere scoperti e giustiziati. Una relazione evidentemente sbilanciata, dove è facile immaginare quali vantaggi concreti potesse trarne la giovane e bellissima Helena e quale mostruosa smania di dominio potesse celarsi nella passione dell’aguzzino per la sua vittima. Eppure fu un amore vero, secondo gran parte dei testimoni intervistati nel documentario.

Gli ingredienti di questa storia sono decisamente più inquietanti del solito. Invece di una delle tante storie di eroismo individuale e di salvezza in qualche modo confortanti, ci viene presentata una vicenda ambigua, piena di contraddizioni, che pone una gran numero di domande a fronte di poche e striminzite risposte. Helena è sopravvissuta, insieme alla sorella Roza e ad altre donne che grazie a lei, alla sua relazione proibita, beneficiarono della protezione di Franz Wunsch, che le assegnò a lavorare nella caserma Kanada, un luogo sicuro dove venivano smistati gli effetti personali di chi veniva mandato nelle camere a gas. Ma nell’intrecciarsi dei racconti, nel sovrapporsi delle voci, le ombre si alternano alle poche luci. E il buon soldato Franz Wunsch viene spesso descritto come uno spietato aguzzino, un nazista fanatico impegnato a dare il suo entusiastico contributo alla famigerata soluzione finale.

Proprio per questo sarà processato nel 1972 a Vienna, e in quel frangente avrà l’ardire (ma la lettera sarà firmata dalla moglie) di invocare la testimonianza di Helena, come un modo per “restituire il favore”. Helena non si tirerà indietro e accetterà di parlare in tribunale davanti all’uomo che non ha mai smesso di dichiararsi innamorato di lei, raccontando “la verità, tutto il male e tutto il bene”. Franz Wunsch non verrà condannato, nessuno dei 70 ufficiali delle SS che secondo Simon Wiesenthal vivevano come uomini liberi in Austria negli anni ’60 subirà alcuna condanna.

Ormai i protagonisti di questa vicenda sono tutti morti da anni, ma vedendo questo documentario che intreccia con pazienza epoche e volti, ambiguità e certezze, ci si sente coinvolti fino al midollo nel tentativo della regista di trovare comunque qualche fragile e provvisoria risposta ai dubbi che l’esistenza (e la nostra storia) incessantemente ci pongono. Molto interessante anche la tecnica per ricostruire le scene chiave: un fotomontaggio multistrato che utilizza foto storiche e immagini d’archivio, ritagliate e montate insieme per dare vita a composizioni inedite, che sembrano illustrazioni ma in effetti ricreano meticolosamente la realtà dell’epoca. La scelta di questa elaborazione, spesso usata per realizzare spot pubblicitari, è ispirata proprio a una serie di fotomontaggi che lo stesso Franz Wunsch aveva creato, ritagliando il volto della donna amata per appiccicarlo su immagini di un mondo lontano dalle tragedie della guerra, e dalla necessità di opzioni estreme.

Se questo è amore, documentario di Maya Sarfaty

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