La musica che gira intorno / 46

In Musica

Pop, rock, folk, country, tex-mex, musica ottomana, jazz, classica: i nuovi album, le ristampe, gli eventi musicali significativi

GLI APPUNTAMENTI
Mercoledì 8 novembre
Rock. La band inglese Lamb al Magnolia, ore 22.
Classica. Il pianista Giuseppe Albanese esegue Liszt al Conservatorio, ore 21.
Jazz. Chrishile e Brad Mehldau al Teatro Dal Verme, ore 21.
Jazz. Rob Mazurek e Jeff Parker al Triennale Teatro dell’Arte, ore 21.
Giovedì 9 novembre
Rock. La cantautrice britannica Laura Mvula all’Alcatraz, ore 21.
Pop & rock. Birthh, al secolo Alice Bisi, toscana, 21 anni, tra le nuove leve più interessanti. Da sentire all’Arci Ohibò, ore 21.
Venerdì 10 novembre
Jazz. Gavino Murgia al Triennale Teatro dell’arte, ore 19.
Contaminazioni. Chilly Gonzales e Kaiser Quartett al Conservatorio, ore 21.
Brasile. Maria Gadù al Blue Note, ore 21.
Cantautorato. Andrea Laszlo De Simone, Christaux e Joan Thiele alla Santeria, ore 21.
Rock. I Fleet Foxes al Fabrique, ore 21.
Classica. Riccardo Chailly dirige l’Orchestra della Scala. In programma la Messa di Rossini, ore 20.
Rock. Il cantautore inglese Harry Styles all’Alcatraz, ore 21.
Sabato 11 novembre
Jazz. Mauro Ottolini al Triennale Teatro dell’Arte, ore 23.
Rock. La pianista e compositrice Banks al Fabrique, ore 21.
Classica. Il flautista Matteo Cesari esegue musiche di Sciarrino a Palazzo Reale, ore 21. Replica domenica 12 alle 19.30.
Rock. Bryan Adams al Live Forum di Assago, ore 21.
Domenica 12 novembre
Jazz. Franco D’Andrea e Han Bennink al Triennale Teatro dell’arte, ore 15.
Jazz. Harold Lopez Nussa al Triennale Teatro dell’Arte, ore 19.
Jazz. Jan Garbarek e Trilok Gurtu al Conservatorio, ore 21.
Lunedì 13 novembre
Classica. L’Orchestra Sinfonica della Rai, diretta da Cornelius Meister, esegue musiche di Beethoven, Schumann e Sciarrino. Teatro alla Scala, ore 20.
Monumenti. Charles Aznavour al Teatro degli Arcimboldi, ore 21.
Classica. La pianista Maddalena Giacopuzzi esegue Couperin, Chopin, Debussy e Ravel all’Auditorium Giorgio Gaber, ore 21.
Martedì 14 novembre
Classica. L’Orchestra della Scala diretta da Maxim Pascal esegue, in prima mondiale, Ti vedo, ti sento, mi perdo di Salvatore Sciarrino. Ore 20.
Rock. James Blunt al Live Forum di Assago, ore 21.
Vecchie glorie. Peter Hammill, leader nei ’70 della band progressive Van Der Graaf Generator, alla Salumeria della Musica, ore 21.

POP & ROCK
Neil Young – Pocahontas/ Powderfinger/ Hitchhiker/ Campaigner/ Human highway
A volte ritornano. Hitchhiker (***1/2) del venerato maestro Neil Young esce soltanto adesso, ma avrebbe dovuto uscire nel 1976, dopo American stars and bars e prima di Comes a time. Rimase invece nel cassetto, non si capisce bene se rifiutato dalla Reprise o bloccato dallo stesso Young, prolifico nello scrivere e nell’incidere ma pare allora non troppo soddisfatto del risultato. Ascoltato adesso, è un album acustico per voce chitarra e armonica molto piacevole ma che non aggiunge e non toglie niente al nostro, benché contenga più di un brano travasato nei lavori successivi e diventato con il tempo classico.



Tom Russell – Up in the old hotel/ Leaving El Paso/ The sparrow of Swansea/ Rise again, handsome Johnny/Harlan Clancy/ The rooftoops of Copenhagen
Meriterebbe di essere più conosciuto anche alle nostre latitudini il losangelino (e texano di adozione) Tom Russell, classe 1948, 28 album all’attivo con questo Folk hotel (****), una vocazione torrenziale al narrare anche in musica e solide radici country-folk con suggestioni tex-mex. Da noi, in Italia, lo ha proposto Francesco De Gregori (L’angelo di Lyon), ma niente di più. Personaggio avventuroso, Russell: è stato girovago per mezzo mondo (anche in Nigeria, durante la drammatica secessione del Biafra), taxista a New York, scrittore (un dizionario di citazioni, un thriller, un libro a quattro mani con Charles Bukowski). Qui, con la sua voce profonda, tratteggia splendori e leggende del Chelsea Hotel di Manhattan, luogo d’elezione di bohèmien e artisti (ricordate la splendida #Chelsea Hotel 2 che Leonard Cohen dedicò a Janis Joplin?), rievocando Louis Armstrong (Up in the old hotel) e Dylan Thomas (The sparrow of Swansea), il presidente Kennedy (Rise up, handsome Johnny, dove è accompagnato da due virtuosi italiani, il chitarrista Max De Bernardi e la washboardista bergamasca Veronica Sbergia), i diseredati bianchi (Harlan Clancy) e il bluesman Lightnin’ Hopkins (The rooftops of Copenhagen).



Alessio Lega – Ambaradan/ Hanno ammazzato il Mario in bicicletta/ Stazione Centrale/ Non sarai più sola/ Porrajmos/ Zolletta
Seguo, fin dagli esordi che gli valsero la Targa Tenco nel 2004, il cantare appassionato di Alessio Lega con stima e affetto. Autore notevole di suo, grande interprete dei francesi e degli irregolari di tutte le latitudini, del canzoniere popolare e anarchico, della canzone d’autore italiana, il musicista pugliese (è nato a Lecce nel 1972) si ripresenta con canzoni quasi tutte sue (due riletture: Hanno ammazzato il Mario in bicicletta di Dario Fo e Fiorenzo Carpi, Fiore di Gaza di Paolo Pietrangeli) con il recente Mare nero (****1/2). E siamo nei dintorni del capolavoro, dell’opera matura intessuta di cronaca e politica, ma che travalica il cantarpolitico con una cifra poetica alta e musiche che sfuggono al dettato ascetico chitarra e voce per farsi varie e multicolori (gran lavoro dei produttori e suonatori Rocco Marchi e Francesca Baccolini, alle percussioni c’è il bravissimo Gigi Biolcati che mi ha incantato suonando con Riccardo Tesi), rasentando Irlanda e Balcani, pizzica e Beatles. Difficile dire quale canzone sia la più bella, ho scelto molto ma avrei voluto scegliere tutto, compreso l’inno anarchico postmodern Mare nero e la conclusiva Petizione per l’affidamento dei figli alle coppie omosessuali.




David Crosby – She’s got to be somewhere/ Sell me a diamond/ Capitol/ Amelia/ Curved air/ Home free
Negli anni ’60, con i Byrds e con il supergruppo Crosby Stills Nash & Young, David Crosby fu uno dei grandi eroi del rock intessuto di psichedelia. Poi un esordio solistico stellare (If I could only remember my name del 1971, *****, tra i dischi immortali del rock) e un lungo silenzio. Interrotto, negli ultimi quattro anni, da ben tre album. Belli e ispirati, tutt’altro che routine da reduce. Sky trails, il più recente (****1/2), è anche il migliore e mostra Crosby in forma smagliante. Come cantante, con la sua voce rarefatta. Come autore di suprema eleganza, qui a suo agio in un jazz-rock morbido a metà strada fra gli Steely Dan e Joni Mitchell (alla quale rende peraltro omaggio rileggendone Amelia, accompagnato soltanto da un pianoforte). Non mancano le zampate politiche: come Capitol, che accusa gli Stati Uniti di essere diventati una “corporatocrazia”.



Lamekan Ensemble rilegge la musica classica ottomana
La musica dei sultani, dei serragli e dei dervisci, dal XV al XIX secolo. Musica modale lontana dal nostro orecchio ben temperato, canto melismatico ed estatico. Chi si aspetta lo zumpapà dei giannizzeri e i rondò alla turca resterà deluso; chi frequenta le operazioni di cross-over più avvertite, sorrette da una salda cultura musicologica e da uno smagliante estro esecutivo (qualità che hanno fatto la fortuna delle esplorazioni ardimentose del catalano Jordi Savall, per intenderci) apprezzerà. The book of lovers (****) è il secondo album del Lamekan Ensemble (lamekan in turco significa “apolide”, senza un posto dove stare), un sestetto di musica ottomana fondato nel 2011 a Bruxelles da Tristan Driessens, musicologo e suonatore di oud, il liuto turco, e composto da musicisti europei e turchi. Musiche ipnotiche e languide, avvolgenti e voluttuose.




MUSICHE RITROVATE
John Lee Hooker – Boogie chillen/ Crawling king snake/ Dimples/ Boom boom/ Never get out of these blues alive/ Five long years
Esce, nel centesimo anniversario della nascita di John Lee Hooker (1917-2001), uno dei più grandi bluesmen di sempre, il sontuoso cofanetto King of the boogie (*****), cinque cd e 100 brani, il quinto album dedicato ad alcune session con i grandi del rock. Sì, perché Hooker, nato nel Mississippi e presto emigrato a Memphis, attivo discograficamente dal 1948 e fra i primi a elettrificare la chitarra, è stato tra i bluesmen più ripresi dal rock. Con il suo boogie chitarristico, con la sua musica scabra e graniticamente ritmata, John Lee è stato coverizzato da decine di band e di solisti. Nei video di YouTube che ripropongo, lo vedete accompagnato da Rolling Stones, Eric Clapton e Ry Cooder, o affiancato da Van Morrison e Joe Cocker.





Paolo Conte – Sotto le stelle del jazz/ Madeleine/ Via con me/ Come-di/ La ricostruzione del Mocambo/ Insieme a te non ci sto più/ Un vecchio errore/ Don’t break my heart
Non poteva mancare, per gli ottant’anni dell’avvocato di Asti, da alcuni decenni fra i nostri più prestigiosi articoli di esportazione, il cofanetto celebrativo. Si intitola, e non poteva essere altrimenti, Zazzarazàz-Uno spettacolo di arte varia (****, ma ***** a Paolo Conte), e lo celebra in maniera tutto sommato equilibrata, pescando dal suo memorabile strapaese e dal suo vertiginoso esotismo da sensuali anni ’20. Sessanta canzoni, e ne avremmo volute molte di più (io, che assieme a mia moglie l’ho seguito in concerto da quando muoveva i primi passi, nel 1974, almeno La donna d’inverno). L’ultimo album fa spazio ai grandi interpreti delle sue canzoni, da Lauzi a Jannacci, dagli Avion Travel alla Caselli, da Milva che lo rifà in tedesco a De Gregori, dagli Stadio alla Mannoia, con la gradita sorpresa di Miriam Makeba & Dizzy Gillespie (Don’t break my heart, da tempo irreperibile su disco).







JAZZ
The Blue Note All Stars – Cycling through reality/ Meanings/ Witch hunt/ Masquelero/ Freedom dance
Un gruppo di giovani jazzisti (il punto di riferimento è il Miles Davis elettrico di Bitches brew) dà vita a uno scintillante doppio, Our point of view, per festeggiare i 75 anni della Blue Note.
I cavalieri che hanno fatto l’impresa sono Gavin Akinmusire alla tromba, Robert Glasper alle tastiere, Derrick Hodge al basso, Lionel Loueke alla chitarra, Kendrick Scott alla batteria e Marcus Strickland al sax. Bell’amalgama di gruppo, impennate di fusion (Witch hunt e Masquelero rendono omaggio al grande Wayne Shorter, quest’ultima con la partecipazione dello stesso Shorter e di Herbie Hancock), una crepitante conclusione afro con Freedom dance. Quattro stelle (****) alle giovani stelle.




CLASSICA
I Bassifondi eseguono il repertorio liutistico del Seicento
Gran bell’esordio discografico, questo del gruppo romano I Bassifondi: Simone Vallerotonda al liuto, tiorba, chitarra battente e chitarra barocca; Josep Maria Marti Duran al colascione basso; Gabriele Miracle alle percussioni. Il repertorio liutistico e chitarristico dell’età barocca (musiche di Foscarini, Kapsberger, Carbonchi, De Murcia, Valdambrini, Piccinini, Corbetta), fuori dall’accademia, con una buona dose di audacia esecutiva e un discreto spazio all’improvvisazione. Suoni brillanti e vivi, una ritmica che increspa perle solistiche altrimenti diafane, alcune aggiunte non ortodosse (lo xilofono, il basso continuo) che forse faranno storcere il naso ai puristi, ma che fanno di Alfabeto falso (****1/2) un album vivo, pieno di nerbo e abitato dalla grazia.




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