Iran in crisi tra la pena di morte e il potere di dire “no”

In Cinema

“Il male non esiste” di Mohammad Rasoulof ha vinto l’Orso d’Oro alla Berlinale 2020, e da allora non ha mai smesso di girare per festival. Ma senza il regista, inviso al potere, che gli ha ritirato il passaporto impedendogli di uscire dall’Iran. Racconta le storie di quattro personaggi tormentati, perché diversamente legati alle esecuzioni capitali, che nel paese sono oltre cinquecento all’anno

Heshmat (Ehsan Mirhosseini) è un marito premuroso, un uomo gentile, ma ogni mattina si alza prima dell’alba per andare a svolgere un lavoro di cui preferisce non parlare. E di cui forse nessuno in famiglia vuole sapere. Pouya (Kaveh Ahangar) è un militare di leva, appena entrato in servizio e subito posto di fronte a una scelta terribile: ubbidire agli ordini, accettando di farsi passivo strumento di morte, o ribellarsi ai superiori andando incontro a prevedibili e gravi conseguenze? Anche Javad (Mohammad Valizadegan) è un soldato, pronto a tutto pur di conquistarsi una tanto agognata licenza, e tornare per tre giorni al paese dalla fidanzata che vuole chiedere in sposa. Bharam (Mohammad Seddighimehr) è un medico, ma ha dovuto rinunciare a esercitare la sua professione: cercherà di spiegare alla nipote appena arrivata dalla Germania quale doloroso segreto ha condizionato la sua vita spingendola ai margini. Nell’Iran di oggi quattro storie si intrecciano, quattro drammatici destini individuali, quattro volti di una società vitale e complessa, che non smette di rivendicare il diritto alla libertà individuale.

Nonostante tutto. Perché, anche sotto un regime dispotico, ognuno di noi è sempre responsabile delle proprie scelte. Un messaggio potente che il regista iraniano Mohammad Rasoulof ha affidato a Il male non esiste, un film che prende di petto il tema della pena di morte, ma senza impartire lezioni morali. Piuttosto si interroga, con profonda compassione e grande sensibilità, sui limiti delle nostre scelte, sulla fragilità di tutti noi esseri umani, su quanto e come sia possibile resistere alle tante sirene che ogni giorno ci invitano a chiudere gli occhi, non vedere e non sentire, concentrarci sul nostro particolare e ignorare tutto ciò che può mettere in pericolo il nostro quieto vivere. Rasoulof parla dell’Iran in cui vive, dove ogni anno vengono eseguite più di 500 condanne a morte, ma racconta in realtà una storia universale, nella sua capacità di fare appello alla nostra coscienza ponendoci domande scomode, difficili, ma al tempo stesso semplicissime: e voi che cosa fareste, se vi capitasse di trovarvi in questa stessa situazione?

Il male non esiste ha vinto l’Orso d’Oro al festival di Berlino 2020 come Miglior Film e ha girato su e giù per il mondo tra un festival e l’altro, da Seattle a San Paolo, da Hong Kong a Philadelphia, da Oslo a Valladolid, ma il suo autore non ha mai potuto accompagnarlo, e tanto meno ritirare i premi vinti, perché gli è stato ritirato il passaporto dopo il suo ritorno da Cannes, nel 2017, dove aveva vinto la sezione “Un certain regard” con il film A Man of Integrity. Proprio per questo film Rasoulof è stato condannato nel 2019 a un anno di detenzione per propaganda contro il governo islamico.

E questa non è la prima condanna inflitta a questo regista, da sempre fiero oppositore del regime iraniano, che dimostra la sua distanza dai dettami più retrivi della religione musulmana anche attraverso il modo in cui mette in scena le donne: la loro vita, le loro parole, i loro capelli, fra una tintura casalinga e una battuta su quanto sia scomodo portare sempre sulla testa il velo. Non a caso, proprio a uno dei personaggi femminili Rasoulof affida la battuta che racchiude molto del senso profondo dell’intero film: «Il tuo potere è nel dire no».

Il male non esiste di Mohammad Rasoulof, con Ehsan Mirhosseini, Shaghayegh Shoorian, Kaveh Ahangar, Alireza Zareparast.