#iorestoacasa, ma #laculturanonsiferma. Vademecum di resilienza culturale.

In Arte

Dopo il decreto di ieri sera, la chiusura di qualunque attività, culturale e non, è definitiva ma il mondo dell’arte sta cominciando a reagire, facendo emergere il potenziale di resilienza che potrà trasformare la crisi in opportunità, passando attraverso il web e la mediazione culturale.

Dopo un’escalation di provvedimenti e di tentativi di adattamento in corsa siamo arrivati al dunque. Da oggi, dopo il decreto che estende a tutto il territorio nazionale le restrizioni che già erano state decise per Lombardia e limitrofi, l’imperativo è starsene a casa, uscendo solo per questioni gravi o irrimandabili.

Tutto chiuso, musei, gallerie, eventi, come biblioteche, scuole e università, cinema e teatri, palestre, piscine e stadi. C’è chi si rassegna annunciando semplicemente chiusure sine die, e tutti noi siamo testimoni del riempirsi delle nostre caselle di posta di messaggi che, cominciando con il fatidico “in ottemperanza…”, finiscono ormai direttamente nel cestino.

Biennale di Architettura, Salone del Mobile, MiArt e ArtWeek, Fondazione Nicola Trussardi, Fondazione Furla sono solo alcuni tra quelli che hanno dovuto annunciare il rinvio dei loro eventi a data da destinarsi, musei e istituzioni come Museo del 900, P.A.C. e Fondazione Prada sono chiuse in attesa di sviluppi mentre Hangar Bicocca ancora confida di aprire ad aprile, ma chissà.

Dovremo rinunciare per ora a Olafur Eliasson, Tania Bruguera e Chen Zhen, ma non al nostro amore per l’arte, perché in un momento di crisi così potente e inedito, passato lo shock iniziale, non resta che riorganizzarsi e affrontare il fisiologico portato di trasformazione e rinnovamento che la parola crisi porta con sé, per far si “che le lacrime diventino perle”, come argomentano con grande efficacia Patrizia Meringolo, Moira Chiodini e Giorgio Nardone nel loro libro omonimo.

Innescare una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, che permetta la costruzione, anzi la ricostruzione, di un percorso di vita. In una frase: sviluppare la resilienza per trasformare le ferite in opportunità. Cerchiamo assieme di capire come.

L’8 marzo il Ministro della Cultura e del Turismo Dario Franceschini ha lanciato il suo appello su Twitter, chiedendo alle tv di programmare musica, teatro, cinema e arte e a tutti gli operatori culturali di usare al massimo i loro social e siti, mentre il Ministro della Pubblica Istruzione Lucia Azzolina ha chiesto agli studenti di fare squadra e alle scuole di organizzarsi per la didattica online.

La RAI ha risposto prontamente all’appello con Scuola 2020 di Rai Cultura, dove sono a disposizione materiali su Arte, Letteratura, Storia, Musica, Cinema, Teatro e Danza, Filosofia e Scienza, e con programmi dedicati nelle varie reti, mentre il Ministero per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione ha attivato Solidarietà digitale, dove imprese, associazioni e privati hanno messo e metteranno a disposizione servizi digitali gratuiti che vanno dalla connessione veloce alle testate giornalistiche, dai webinar di formazione alla didattica online.

A questo proposito, va ricordato lo sforzo e l’impegno di moltissimi docenti di ogni ordine e grado che si stanno adoperando per continuare a garantire la didattica a distanza, usando piattaforme straordinariamente efficaci ed efficienti come Moodle , Skype , Zoom , Spaggiari e molte altre, perché insegnare non è un mestiere qualunque e il virus non può uccidere la passione.

Goldschmied & Chiari, Untitled View (particolare), 2019, per Triennale Decameron

Anche il mondo dell’arte sta sviluppando la sua resilienza a questi tempi metafisici, in cui piazze e musei somigliano sempre più alle deserte ed enigmatiche Piazze d’Italia di De Chirico. Se la gente non può andare al museo, il museo andrà alla gente, valorizzando la mediazione culturale, come giustamente affermato da  Sergio Risaliti su Artribune, quale “strumento necessario e indispensabile al futuro della conservazione e della valorizzazione, sempre più partecipata e diffusa, vissuta a distanza, interconnessa e rizomatica, digitale e mediale”. Non è un consiglio ma un imperativo categorico, di quelli per cui o si cambia o si muore, e c’è chi ha ben capito l’urgenza e la necessità del cambiamento.

Prima fra tutte va citata l’iniziativa della Triennale di Milano che con Decameron: storie in streaming – a partire dallo spunto del Decamerone di Boccaccio, che narra di un gruppo di giovani che nel 1348 per dieci giorni si trattengono fuori Firenze per sfuggire alla peste nera e a turno raccontano novelle per trascorrere il tempo – ha invitato artisti, designer, architetti, intellettuali, musicisti, cantanti, scrittori, registi e giornalisti ad “abitare” gli spazi vuoti della Triennale per sviluppare una personale narrazione. Decameron viene trasmesso in diretta sul canale Instragram della Triennale e ha visto e vedrà la partecipazione di nomi come Lella Costa, Giovanni Agosti, Victoria Cabello e molti altri. Fino a qualche giorno fa, ma speriamo che l’esperimento si ripeta, il MAMbo di Bologna ha messo in streaming l’opera principale della sua ultima mostra AGAINandAGAINandAGAINand, a cura di Lorenzo Balbi, ovvero Bonjour, l’incantevole installazione in bilico tra scultura, performance e teatro dell’artista islandese Ragnar Kjartansson, in cui un uomo e una donna ripetono lo stesso copione ogni cinque minuti ininterrottamente sulle note della canzone La Mer di Charles Trenet.

E poi si possono seguire pagine FaceBook come ad esempio quella del curatore Marcello Smarrelli che offre visite virtuali ad eventi di Musei e Fondazioni, o di iniziative spontanee come il Coronavirus Artweek, che cerca di sdrammatizzare l’ansia da pandemia con l’ironia e con l’arte. E molto altro vedremo sicuramente a partire da oggi.

Ragnar Kjartansson, Bonjour, 2015 al MAMbo di Bologna

Marcel Duchamp, sempre lui, diceva che l’arte non ha bisogno di pubblico ma di complici e, aggiungo io, la complicità ha bisogno di conoscenza e condivisione. Approfittiamo allora di questa pausa forzata per studiare, approfondire e conoscere, restando connessi ma a casa.

Perché, sempre per citare Boccaccio, “Umana cosa è aver compassione degli afflitti”: prendersi cura degli afflitti con la narrazione, che se non può essere di persona può essere a distanza.

Galleristi e direttori di museo si stanno alacremente organizzando, e se ad esempio la pagina FaceBook di Massimo de Carlo, il celebre gallerista, sfoggia il “torno subito” di Maurizio Cattelan per annunciare la chiusura della sede milanese, il suo sito permette approfondimenti e visite virtuali, rispettando l’esortazione #staytunedandstayhome ripresa nelle loro pagine: state a casa, ma restate sintonizzati. Perché #iorestoacasa, ma #laculturanonsiferma!

Immagine di copertina: Maurizio Cattelan, Torno Subito, 1989.

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