Intrecci d’arte alla Triennale

In Arte

Alcuni dei maggiori artisti del Novecento italiano, una grande manifattura made in Italy: capolavori dell’arte tessile in mostra alla Triennale

Parco Sempione è un cuore verde a Milano, fatto di intrecci tra viali alberati, persone e percorsi che si snodano. Scendo all’Arco della Pace in una Milano settembrina ancora soleggiata e calda, fino ad arrivare in Triennale, in cui la mostra Intrecci del Novecento, gratuita e aperta fino all’8 ottobre, raccoglie 163 opere uniche, alcune mai esposte al pubblico fino ad ora.

Realizzati dalle più sapienti manifatture italiane quali l’Arazzeria Scassa, l’Arazzeria Pennese, Mita, l’Arazzeria di Esino Lario e l’Atelier d’arte tessile Elio Palmisano, che ebbe la preziosa intuizione di coinvolgere attivamente alla sua produzione gli stessi artisti, il sipario si alza per immergere il visitatore tra arazzi e tappeti firmati da grandi nomi della storia dell’arte del Novecento del calibro di Depero, Balla, Prampolini, Dova, Capogrossi, Dorfles, Kokoschka, Sottsass, Nespolo.

Giacomo Balla, Linee-forza di mare, 1971-1975, arazzo eseguito dall’Arazzeria Pennese, 148 x 201 cm. Milano, Collezione Moshe Tabibnia Courtesy Galleria Moshe Tabibnia, Milano

Trama e ordito formano l’intreccio di un tessuto. Attraverso mani che lavorano fili prende vita un dialogo, il cui linguaggio crea forme nuove, colori, disegni, fino a formare opere di rara e raffinata bellezza. Così si apre la mostra, a cura di Moshe Tabibnia e Virginia Giuliano, della Galleria Moshe Tabibnia, punto di riferimento d’eccellenza per l’arte antica a Milano: l’opera di Paola Besana “Distrazione lombarda” dà l’incipit a tutto il percorso e le cromie si sposano con il giallo dell’arazzo in ingresso, di Remo Salvadori.

L’esposizione stupisce per quantità, qualità, colori. L’allestimento è arioso, leggero, gli accostamenti cromatici delle opere risaltano fervidi ed emergono dai volumi a terra o dalle pareti su cui sono posti. Il fruitore viene dotato di un opuscolo in ingresso per seguire in autonomia la sequenza di ciò che più lo colpisce, senza doversi preoccupare di seguire le informazioni didascaliche che solitamente sono accanto a ogni opera.

Fortunato Depero, Guerrieri, 1923, tarsia in panni, 85 x 175 cm. Collezione privata. Foto di Giorgio Pedrotti

Ci si trova davanti a un patrimonio italiano di alto artigianato tessile molto ricco, quadri che al posto della pittura sono fatti di fibre ed è difficile reggere alla tentazione di non poterli toccarli: cotoni, lane, tinture si uniscono e disvelano al fruitore il panorama silenzioso e splendido di un’arte italiana ancora troppo poco conosciuta, quella del tappeto e arazzo d’arte contemporanea.

Estremamente interessante, per la vastità di materiale esposto e resa estetica, Intrecci del Novecento ripercorre storicamente il recupero dell’arazzo e del tappeto durante il Novecento, merito delle Case d’Arte Futuriste e del fermento produttivo instancabile del Bauhaus, fino all’affermazione come elemento d’arredo e design, che dal secondo Dopoguerra lo consacra simbolo di lusso ed eleganza, all’interno di salotti e Grandi Navi, novità italiane per un turismo di alto rango.

Un’occasione imperdibile, dunque, da cogliere al volo in quest’ultima settimana di apertura al pubblico, per potersi immergere in una storia tutta italiana del secolo scorso e che oggigiorno, tra sperimentazioni grafiche e nuove soluzioni artistiche di interior design, risulta più attuale che mai.

 

Intrecci del Novecento. Arazzi e tappeti di artisti e manifatture italiane, a cura di Moshe Tabibnia e Virginia Giuliano, Triennale, fino all’8 ottobre.

Immagine di copertina: Giuseppe Capogrossi, Astratto (Composizione), 1963 circa, arazzo eseguito dall’Arazzeria Scassa, 245 x 600 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, in comodato presso Fintecna Spa, Gruppo Cassa Depositi e Prestiti. Fotografia: GMGProgettoCultura, Studio Idini, per gentile concessione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

 

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