Una promettente tennista 16enne, interpretata molto bene da Tessa Van den Broeck, vera sportiva all’esordio sullo schermo, è al centro dell’opera prima firmata da Leonardo Van Dijl, scrittore e regista belga. E con lei il suo allenatore, sospeso dopo la tragedia che ha coinvolto la compagna. Un film dallo stile asciutto, intenso, doloroso, che riesce a esser trascinante nonostante qualche eccesso di rigore
Julie, la protagonista di Julie ha un segreto di Leonardo Van Dijl, ha sedici anni, studia e gioca a tennis, si allena, mangia e dorme, parla con gli altri e porta a spasso il cagnolino. Ma non sembra davvero interessata ad altro che al tennis, lo sport in cui eccelle, quello dove potrebbe avere un avvenire, se tutto andrà nel migliore dei modi. Se lei si impegnerà, se non ci saranno inciampi. In realtà, il primo ostacolo si è già posizionato come un enorme tronco in mezzo al sentiero: un’amica e compagna di squadra di Julie, anche lei promettente giovane tennista, si è suicidata. Uno shock che ha sconvolto l’intera cittadina belga dove Julie vive, e soprattutto il circolo sportivo dove entrambe le ragazze si allenavano.
Ma c’è un’ulteriore notizia, ancora più destabilizzante: Jeremy, l’allenatore, è stato sospeso dal lavoro. Accusato, ostracizzato, in attesa di processo, si muove sullo sfondo, come un’ombra, appare in una manciata di scene del film, di lui non vediamo quasi nulla, non sappiamo praticamente niente. Non sappiamo esattamente di che cosa è stato accusato, di quali colpe davvero si sia macchiato. Tutto ciò che ci viene mostrato è l’incessante chiacchiericcio di ragazzi e adulti, dentro e fuori dalle aule scolastiche, dentro e fuori dal circolo sportivo, dai suoi campi da tennis, dai suoi spogliatoi. Un rincorrersi di parole, un intrecciarsi di sguardi, un inseguirsi di dubbi. Parole che non dicono, sguardi ciechi, sospetti che avrebbero bisogno di conferme, prima di trasformarsi in accuse capaci di pesare come macigni, e rovinare vite intere.
Proprio Julie si ritrova al centro di questa ragnatela, e mentre tutti la interrogano, le chiedono di parlare, di prendere posizione, esporsi, schierarsi, fugare ogni dubbio o al contrario accusare, lei porta avanti per un tempo infinito una scelta che ha tutta l’esplosiva radicalità dell’adolescenza: se ne sta semplicemente zitta. E il suo silenzio ci interpella, ci inquieta, ci irrita, ci riesce in gran parte incomprensibile, ma proprio per questo ci appare infine, appena prima della parola fine, tutt’altro che privo di senso. Un senso inafferrabile e potente, nonostante tutto, perché quello che ci fa scoprire Julie è un silenzio che non è semplice omertà, reticenza impaurita, ma piuttosto riflessione su se stessi e sul mondo.
Julie ha un segreto ha un titolo che è tutto un programma, forse esagera nel voler mostrare e sottolineare, ma in qualche modo questa scelta tanto esplicita ha una funzione di bilanciamento rispetto ai silenzi e ai tanti non detti che costellano un film dallo stile asciutto, quasi documentaristico, che procede per sottrazione ma riesce a essere trascinante. Opera prima firmata da Leonardo Van Dijl, scrittore e regista belga, sconta forse a tratti un eccesso di programmatico rigore, nel voler mettere in scena una storia scarna senza aggiungere nulla di superfluo, rifiutando di utilizzare trucchi e trucchetti, colpi di scena e facili meccanismi di costruzione della suspense. Eppure il risultato è convincente, intenso, doloroso, privo di retorica, grazie anche e soprattutto all’adesione totale della macchina da presa allo sguardo della protagonista, la bravissima Tessa Van den Broeck, giovane tennista al suo esordio sullo schermo.
Julie ha un segreto, di Leonardo Van Dijl, con Tessa Van den Broeck, Laurent Caron, Claire Bodson, Koen De Bouw, Pierre Gervais