Goliarda, ladra di storie e di gioielli, capace di ascoltare le voci degli altri

In Cinema

“Fuori” è l’ultimo film diretto da Mario Martone e scritto con Ippolita Di Majo, passato con successo in questi giorni al Festival di Cannes. Racconta la vicenda umana di Goliarda Sapienza (una magnifica Valeria Golino), scrittrice per necessità e donna libera e inquieta, che esce dal carcere romano di Rebibbia senza soldi, casa e lavoro. Vaga per la città, d’estate, misurando lo sconforto di avere 55 anni, la paura della solitudine, il senso di esclusione, il rimpianto per le occasioni perdute. Ma per fortuna ritrova l’abbraccio confuso e sincero di due ex compagne di cella (Elodie e Matilda De Angelis)

Roma, 1980. Goliarda Sapienza (Valeria Golino), magnifica protagonista di Fuori, il nuovo film di Mario Martone in arrivo nelle sale dopo essere passato in concorso al Festival di Cannes, è appena uscita dal carcere di Rebibbia, dove è finita per aver rubato una collana a casa di un’amica. Senza un soldo, senza lavoro, sotto sfratto, quasi senza più speranza di vedere un giorno riconosciuto il proprio talento di scrittrice, vaga per la città, d’estate, misurando a ogni passo i propri fallimenti, lo sconforto di avere 55 anni e non essere più ritenuta adatta nemmeno a fare la cameriera o la domestica. Con la paura della solitudine, il senso di esclusione e di rimpianto per le occasioni perdute.

Nella desolazione dell’estate romana, in una sorta di tempo sospeso e infelice ma anche inesorabilmente vitale, Goliarda trova compagnia e conforto nell’abbraccio confuso e sincero di due ex compagne di cella a Rebibbia: Roberta (Matilda De Angelis, luminosa e tetra, per me al suo meglio) e Barbara (Elodie, brava, quando trova un regista capace di dirigerla), una detenuta politica e una comune, la prima innamorata dell’eroina e della rivoluzione, la seconda (solo) di un uomo sbagliato.

Goliarda Sapienza, ladra di gioielli per bisogno (ma anche per rabbia, o forse puro e semplice, anarchico dispetto), scrittrice per necessità, donna libera e inquieta, ha raccontato la sua esperienza del carcere in L’università di Rebibbia e per decenni ha cercato invano di pubblicare il suo capolavoro, L’arte della gioia, di cui vediamo spuntare qua e là il manoscritto, mentre lei arranca tra un bar e una stazione, troppo alcol, tanti desideri e un senso di quieto e perplesso smarrimento. Ma anche e sempre una sorprendente capacità di ascoltare le voci degli altri, catturare le immagini del mondo, imprigionare nelle proprie parole le vite delle persone. Perché Goliarda è soprattutto, dall’inizio alla fine, una ladra di storie. O forse di leggende. Bellissima la scritta che Goliarda e Roberta scoprono su uno scrostato e luminoso muro romano: “Le ore del presente sono già leggenda”.

Martone sceglie di far aderire la macchina da presa come una seconda pelle alle tre protagoniste, e soprattutto a Valeria Golino: perfetta, generosa, bravissima nel rendere il carattere svagato e ribelle di Goliarda, disegnando un personaggio struggente, fragilissimo, spezzato eppure indomabile. Golino, l’anno scorso regista della miniserie L’arte della gioia, sembra aver condensato in questa sua interpretazione tutto ciò che ha imparato della figura di questa grande scrittrice, quasi completamente sconosciuta fino a pochi anni fa. L’arte della gioia, che Sapienza ha finito di scrivere nel 1976, è stato infatti pubblicato integralmente solo nel 2005, in Germania e in Francia, 9 anni dopo la morte dell’autrice. In Italia Einaudi è arrivato solo nel 2008, quando non si poteva più ignorare il successo internazionale dell’autrice di cui tutti parlavano.

E non alzatevi sui titoli di coda: anche se già vi è capitato di vederlo, riguardatevi lo spezzone di una trasmissione televisiva che vede ospite Goliarda Sapienza nel 1983. A fare le domande è Enzo Biagi, non un cretino qualsiasi, ma il suo tono è irridente, nella sua voce arrogante di maschio intellettuale vibra una nota di scherno che ferisce; tutt’intorno uomini vestiti di scuro che ridacchiano e parlottano, intanto che Goliarda, vestita di chiaro, si sforza di dire con voce limpida quello che adesso è diventato quasi banale dire, che tra dentro e fuori (il carcere) non c’è tutta questa differenza. Anche se a tutti noi – noi che stiamo fuori – fa tanto comodo sottolineare la distanza.

Una manciata di immagini in cui si condensa perfettamente tutta la fatica di vivere di una donna e di una scrittrice che ha lottato tutta la vita per riuscire solo e semplicemente a far ascoltare la propria voce. Grazie a Martone (e alla co-sceneggiatrice Ippolita Di Majo) che ha saputo prestare il proprio occhio maschile, privo di qualsiasi arroganza, a una storia femminile complessa e a tratti confusa, scomposta, sfaccettata, disordinata. Come spesso è la vita. E solo a volte, con coraggio, il cinema.

Fuori di Mario Martone, con Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie, Corrado Fortuna, Antonio Gerardi

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