Giappone minimal tra amore e morte. Guardando l’immensità dell’oceano

In Cinema

“Super Happy Together” di Kohei Igarashi, come altri recenti film di successo internazionale Made in Tokyo, valorizza i punti di forza cinematografici dei piccoli accadimenti e dei sentimenti intimi di personaggi in balia del destino e della paura di osare. Il giovane Sano ha appena perso la moglie amata, e per elaborare il lutto torna con un amico nell’albergo turistico in cui cinque anni prima l’aveva conosciuta. E dove, anche grazie a un cappellino rosso da baseball, tra i due era scoccata una scintilla

Grazie alla sua delicatezza di regista, alla capacità di esplorare le sottigliezze psicologiche dei personaggi, i dettagli degli accadimenti, alla maestria nel dirigere gli attori (e soprattutto le attrici) giovani, il giapponese Ryûsuke Hamaguchi ha portato con pieno merito nel 2022 il suo Drive my car all’Oscar e alla Palma a Cannes, raccontando in fondo una storia di emozioni e sentimenti quotidiani, individuali. E lo stesso Wim Wenders ha posto al centro dello splendido Perfect days, ambientato a Tokyo e valorizzato da uno splendido protagonista (Koji Yakusho), la vicenda di un uomo solo che fa un umile (ma fondamentale) mestiere, anche se poi nel film entrano in gioco temi importanti come l’amore, la paternità, la capacità di relazionarsi con gli altri.

Anche il regista e sceneggiatore 42enne Kohei Igarashi sceglie per la commedia malinconica Super Happy Forever, passata alla Mostra di Venezia e premiata in diversi festival, piccoli accadimenti, sentimenti appena accennati, minuscole coincidenze, colpi di scena che lasciano a tratti sensazioni sospese. E quasi il dubbio di trovarsi di fronte a un racconto che gioca con i suoi personaggi, spesso in crisi, smarriti, maltrattati dal destino, e con gli spettatori, spinti a domandarsi se tutto ciò che vedono e sentono è reale o (almeno in parte) immaginario, immaginato, se è davvero avvenuto o fantasticato.

Il film si apre ai giorni nostri, con gli amici Sano e Miyata che ritornano, cinque anni dopo, in un hotel sul mare, nella penisola di Izu, pochi giorni prima della chiusura definitiva. Per Sano è una forma di elaborazione del lutto per la recente morte della moglie Nagi, che aveva conosciuto e di cui si era innamorato proprio in quella città turistica e in quell’albergo nel 2018. Complice un fatto all’apparenza irrilevante (la perdita di un cappellino rosso da baseball regalato alla ragazza) che legherà poi i protagonisti anche a una cameriera vietnamita, diventata inconsapevolmente personaggio chiave della vicenda. Il film scorre in parallelo nei due tempi della vita e della storia d’amore (e poi, purtroppo, di morte) di Sano e della sua amata ragazza. I due girano per la cittadina, finiscono in discoteca, sembrano sempre sul punto di ammettere che qualcosa tra loro è scoppiato e di lasciarsi andare. E invece lasciano, ciascuno per suo conto, l’hotel. Per ritrovarsi però casualmente a decidere di cercare quel cappellino. Quanto conta, anche in Giappone, la forza del destino  

Non è certo un caso che ad accompagnare e concludere il racconto ci sia una celebre canzone di Bobby Darin, Beyond the Sea. Perché sicuramente il mare, con la sua forza rasserenante e attrattiva, ma forse anche inquietante al tempo stesso, è un altro protagonista del film, come della vita di un popolo isolano, i giapponesi, che guardano all’oceano in cui sono immersi come una fonte insieme di pericoli possibili e risorse imperdibili. Un’entità che nel film si fa anche metafora, con quelle enormi dimensioni che il nostro occhio nemmeno riesce ad abbracciare, della condizione di permanente incertezza in cui il genere umano si trova e galleggiare, navigare. Pure quando il mare lo guarda da una riva che pare sicura.

Super Happy Forever, di Kohei Igarashi, con Hiroki Sano, Yoshinori Miyata, Nairu Yamamoto, Hoàng Nhu Quýnh 

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