Sogni e bisogni borghesi nella “prigione” di Feydeau

In Teatro

Il teatro d’azione e raffinatissimo di Feydeau in scena a Milano con due opere: «Sarto per signora» e «L’albergo del libero scambio»

“Che ragazzo buffo! simpatico davvero! È quello che io definirei un gentil somaro! Non mi sorprenderebbe se in futuro facesse carriera!” La battuta folgorante negli spettacoli di Georges Feydeau non manca mai: poche calcolatissime parole ed ecco assestata una stoccata beffarda a cui, immediata, fa eco la risata della platea. Botta e risposta insomma, azione e reazione: la forza del teatro – o, per meglio dire, del vaudeville – del drammaturgo d’oltralpe è proprio quella di essere congegno ad orologeria, messa in scena pirotecnica, dove la comicità si trasforma in “meccanismo infernale” che “travolge, divora, ribalta e scuote”, quasi matematicamente, la scena e lo spettatore (così il critico Gilles Sandier su Feydeau). E non si tratta certo di una meticolosità puramente testuale. Fu, del resto, lo stesso Feydeau a dichiarare con disarmante franchezza come il movimento sia “la condizione essenziale del teatro, e di conseguenza […] la principale dote del drammaturgo”. Non sorprende allora che la sua opera, fatta di ritmi indiavolati, personaggi quasi costantemente sopra le righe e situazioni paradossali ricche di equivoci, venga spesso additata come l’anello evolutivo che collega idealmente la commedia dell’arte alla slapstick comedy di Charlie Chaplin o Buster Keaton (le cui origini cinematografiche nascono significativamente in Francia grazie agli sforzi della Pathè). Un teatro d’azione, in un certo senso, che, forse proprio in forza di questa vivacità fisica e lessicale, gode tutt’ora di ottima salute nei palinsesti, come testimoniano Sarto per signora e L’hotel del libero scambio, rispettivamente in scena in questi giorni al Teatro Manzoni e al Teatro Carcano di Milano.

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Due spettacoli che oltre all’autore hanno, a ben vedere, almeno un altro punto di contatto. Entrambi vantano infatti tra i propri protagonisti interpreti di formazione teatrale la cui consacrazione però è avvenuta soprattutto grazie al piccolo schermo: da una parte Emilio Solfrizzi veste i panni del dottor Molineaux in Sarto per signora, dall’altra è la coppia formata da Antonello Fassari e Nicola Rignanese (foto in alto) a incontrarsi e scontrarsi nelle stanze dell’Hot-Hell del libero scambio. Una presenza, questa dello star-system televisivo, che fa riflettere su come l’opera di Fedyeau sia tutt’ora associabile a una forma di teatralità “concepita per il teatro commerciale privato e le sue platee” come ci ha ricordato recentemente il drammaturgo Davide Carnevali nelle note di una sua riscrittura de L’albergo del libero scambio per il Teatro Stabile di Torino. Una forma che ha quindi un orizzonte e un pubblico di riferimento ben precisi, individuabili facilmente in quella che è – ed era anche ai tempi di Feydeau – una della forze dominanti dello scacchiere sociale: la borghesia. La scelta di rappresentare oggi un vaudeville o una commedia di Feydeau comporta quindi la decisione su come affrontare l’universo borghese: assecondarne le inclinazioni e la voglia di evasione o metterlo in difficoltà sottolineando la portata critica e satirica dell’opera del commediografo francese. Valerio Binasco chiamato a dirigere Solfrizzi opta per una soluzione classica: la sua regia è pulita e molto tecnica, tutta al servizio del “Totò delle Puglie” che, dal canto suo, con la complicità di un cast affiatato, affronta i tempi comici con grande precisione senza rinunciare a gigioneggiare con la platea. Roberto Valerio invece, al Carcano, forte dell’adattamento scritto a quattro mani con Umberto Orsini, punta a una regia decisamente più interpretativa. Lo si intuisce fin dalla scenografia costituita da numerose porte modulari, che se da un lato disegnano le architetture cangianti della scena, dall’altra rappresentano simbolicamente le infinite libertà a cui anela la cattività borghese (a cominciare dalla possibilità di fuggire dalla prigione matrimoniale) che vengono puntualmente frustrate e disinnescate. O ancora: impossibile non vedere nelle atmosfere oniriche, virate al blu, dell’Hot-Hell del libero scambio e nella sua dimensione magica e surreale, un preciso riferimento al bosco incantato del Sogno shakespeariano.

Impostazioni dunque diversissime per Binasco e Valerio che portano a esiti altrettanto discordanti: laddove la parte satirico-riflessiva risulta del tutto subordinata a quella comica (Sarto per signora) ci si trova di fronte a un prodotto allineato, conformista, ma sicuramente con una sua godibilità; paradossalmente invece le velleità autoriali de L’hotel del libero scambio sembrano appesantire l’apparato scenico e incidono su una gestione dei ritmi e della puntualità comica già di per sé, un po’ altalenante.

Segno forse che in Italia, nonostante il rapporto con Feydeau sia ormai di lungo corso (basti pensare agli adattamenti “napoletani” operati già all’inizio del secolo scorso da Eduardo Scarpetta), manca ancora una diffusa consapevolezza nel modo di affrontare il vaudeville e la pochade in tutta la loro effimera complessità. Suonano preziose, a questo punto, le indicazioni che arrivano d’oltralpe da Jean-Louis Martinelli, a lungo direttore del Teatro nazionale di Strasburgo e del Théâtre des Amandiers a Nanterre: “se il teatro di Feydeau fosse solo una macchina, per farla funzionare basterebbe interpretare le sue pièces alla massima velocità. E questo non è assolutamente il caso. […] Va ugualmente evitato […] interpretare ‘un testo di Feydeau’ anziché interpretare la situazione. È proprio la capacità di interpretare la situazione, senza cercare l’effetto, in tutta spontaneità e con l’indispensabile candore, a restituire all’attore tutta la sua libertà.” Ma senza cercare troppo lontano, sarebbe sufficiente che qualcuno raccogliesse l’eredità di due “guitti eccezionali” come Dario Fo e Paolo Poli, che di Feydeau non furono soltanto interpreti ma con cui condivisero una tradizione teatrale in perenne equilibrio tra serio e faceto, tra amenità e sberleffo satirico. Chissà se la loro recente scomparsa non possa fare da sprone per una nuova rivisitazione seriamente comica (e graffiante) del genere.

 

Sarto per Signora di Georges Feydeau, regia di Valerio Binasco. In scena al Teatro Manzoni fino al 30 ottobre.
L’hotel del libero scambio di Georges Feydeau, regia di Roberto Valerio. In scena al Teatro Carcano fino al 30 ottobre.

 

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