Il Rock e i suoi Fratellis

In Musica

La band scozzese fa ballare, cantare e persino dimenticare i telefonini

The Fratellis in una parola? Cool. Non c’è un altro aggettivo per definire al meglio questa band che viene dalla Scozia. Di tempo ne è passato dal loro primo album, Costello Music, del 2006. Ma il terzetto di Glasgow ha saputo sempre conservare quell’irresistibile british coolness che condivide con pochissimi altri artisti. Una caratteristica che, dopo quattro dischi, non è per niente sbiadita e si rivela un decisivo valore aggiunto della loro musica. Musica che su disco convince e dal vivo stupisce.

La loro esibizione al Fabrique, lo scorso 2 novembre, non smentisce. Che si tratti di una ballad o di un’energica uptempo, i Fratellis riescono sempre a coinvolgere il pubblico, facendolo cantare e ballare. E il live accontenta tutti, con vecchi successi, come Flathead, e nuove canzoni dell’ultimo album Eyes Wide Tong Tied, come Baby Don’t You Lie To Me. Ed è proprio al ritmo incalzante di questo brano che affidano l’apertura del concerto.

Durante l’esibizione milanese, la platea è catturata dallo stile giocoso della band. E il frontman del gruppo, John Lawler, da sotto il suo panama bianco lo sa. Da vero rocker conosce le regole del gioco e si lancia in veloci assoli di chitarra che scatenano e accendono il pubblico. L’euforia di brani come She’s Not Gone Yet But She’s Leaving e Too Much Wine, si alterna a momenti di intimità che danno un ampio respiro al repertorio proposto dalla band.

Verso la metà della serata, i tre ragazzi di Glasgow, insieme al tastierista di supporto, regalano una splendida esibizione della ballad Desperate Guy, dall’ultimo album. E a questo punto si manifesta una scena insolita. Le mani del pubblico sono tutte in alto, scandiscono il tempo, ma qualcosa suona strano. Manca quel mare di telefonini, pronti a riprendere e a fotografare ogni canzone. Quella cornice luminosa, ormai immancabilmente presente a ogni concerto, è assente. Si percepisce un’atmosfera diversa. La band è riuscita a coinvolgere così tanto da far dimenticare a tutti l’imperativo categorico da reportage. E questo è uno dei più grandi traguardi che chi fa musica possa raggiungere.

La band racconta storie e scherza col pubblico. E, infatti, a un certo punto sembra lasciare il palco senza aver suonato “quella canzone”. Tutti allora iniziano a cantarla in coro e i Fratellis riprendono in mano gli strumenti per un encore di tre pezzi, tra cui proprio Chelsea Dagger, “quella canzone” che tutti aspettavano. Basta un accenno di riff alla batteria perché il pubblico si riscaldi, per poi esplodere in un coro liberatorio. “Tururu-tururu” e il Fabrique si trasforma in un disinibito pub inglese che salta e canta, sospinto dal ritmo incalzante di una delle canzoni più celebri del british rock.

Quando la band lascia, questa volta per davvero, dopo un’ora e mezza di gran bella musica, il pubblico continua a canticchiare e a sorridere. E qualcuno si volta indietro, a guardare con ammirato stupore il palco.

The Fratellis al Fabrique

Immagine di copertina di Steve Braund

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