Edipo si fa in tre. Da Pizzetti a Stravinskji passando per Pasolini

In Musica

Ardita operazione scenica quella messa in atto da Gabriele Lavia che fa sintesi di tre capolavori sul tema, con al centro l’”Oedipus Rex” del grande compositore russo. A dirigere, sul podio del Comunale di Bologna, l’ucraina Oksana Lyniv

Il Teatro Comunale di Bologna ha avuto l’idea di abbinare non due ma tre versioni di Edipo in una sola sera: i preludi composti da Ildebrando Pizzetti per una rappresentazione scenica dell’opera di Sofocle a inizio novecento (oggi è usuale eseguirli in concerto), le slides del film di Pasolini del ’67 ad accompagnarli e l’opera oratorio di Stravinski Oedipus Rex presentata in forma scenica quarant’anni prima.

La vicenda che “stritola” emerge lentamente in maniera subdola e non smette mai di incantare perché fa una paura funesta. I preludi di Pizzetti dovrebbero essere “risvegliati” dalle immagini di Pasolini, sebbene divergano per drammaturgia. Pasolini ha scritto e girato un film che racconta la vicenda in senso diacronico laddove Pizzetti si adegua al ritmo lento e atroce della tragedia di Sofocle, pago di un’invenzione musicale che si avvolge e si risveglia da se stessa.

Pasolini ha scoperto il colore ed è avido di una visività mediterranea in cui la tragedia si incarna attraverso i suoi attori (Sergio Citti, Ninetto Davoli) e le sue dive predilette (la Valli, la Mangano). 

Pizzetti è relativamente giovane quando compone (1903) i preludi per la scena di Sofocle ed è all’inizio di quella strada di rinnovamento del teatro musicale che lo porterà ad essere l’interprete più grande delle tragedie dannunziane.
Tra Pizzetti e i quadri viventi di Pasolini si colloca l’opera di Stravinski con un lavoro di potenza e freschezza assolute. 

La presenza dei sovratitoli renderebbe superflua la funzione del narratore interpretato dallo stesso regista, Gabriele Lavia, in una prova dove le esitazioni rendono più vere e credibili l’impostazione e la dizione vocale. Mentre i cantanti recitano in latino, un latino che si vorrebbe capire di più. Perché mentre il latino della messa cantata è sempre chiaro, questo di Stravinski e di Cocteau, autore del libretto, è una specie di lingua primitiva, per assurdo barbarica, che si ripiega su se stessa e poi si dispiega  e si apre a tratti nel declamato di Edipo (Gianluca Terranova) e Giocasta (Atala  Schleck) e definitivamente in quel monologo finale del messaggero (Anton Keremidtchiev). Esiste qualcosa di più bello?

Gavazzeni (giustamente evocato nel programma di sala), allievo di Pizzetti a Milano, conosceva a memoria i preludi per l’Edipo, e nello stesso tempo si era fatto portavoce fino all’ultimo del genere oratorio, in particolare della Giovanna d’arco al rogo di Honegger.

Ieri sera (repliche il 9 e il 12) era impossibile dopo tanti anni non pensare ancora a lui e a quella straordinaria storia musicale di tutto il novecento. Stravinski “apre” l’orchestra, gioca con una specie di meta suono che sembra quello di un Apollo Musagete più espressionista. Il canto e la scoperta del latino cantato – amato dalla direttrice d’orchestra  Oksana Lyniv – fa pensare alla prova di coraggio di Britten che di fronte alle esitazioni di Galina Visnievkaja a cantare in inglese, le disse : ‘“non si preoccupi, ho fatto qualcosa di meglio per lei. Non canterà in inglese bensì in latino!”

Foto @ Andrea Ranzi

Teatro Comunale di Bologna: Igor Stravinskij Oedipus Rex. Dirige Oksana Lyniv, regia di Gabriele Lavia (repliche: 9, 12 ottobre)

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