Diplomazia: il più grande successo è resistere

In Teatro

FOTO © LAILA POZZO

Dopo una lunga, epidemica e sofferta attesa, ha finalmente avuto luogo la prima nazionale di Diplomazia, lo spettacolo firmato dalla penna del francese Ciryl Gély e adattato sulla traduzione di Monica Capuani. Elio De Capitani e Francesco Frongia hanno ridato corpo a una piéce assolutamente irrinunciabile. Fino al 22 novembre, al Teatro Elfo Puccini

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Parigi non appartiene a nessuno! Non è mai appartenuta a nessuno, in realtà neppure ai parigini della presente e delle passate generazioni. È una città libera, benché intrisa di un melting pot di culture e di storie, e in parte è proprio questa sua libertà naturale, o naturalizzata nel tempo, che la rende da sempre un gioiello statuario di iconica bellezza.

È sempre la sua bellezza, la paura di perderla e il rimorso di distruggerla, che alimentano non solo il testo di Ciryl Gély, ma la trama intima di questa meta millenaria, una metropoli che grazie al Teatro Elfo Puccini potrà ricordare, durante le prossime settimane, un brevissimo e importantissimo capitolo del suo passato bellico. 

È la notte tra il 24 e il 25 agosto 1944, in piena occupazione nazista. Il generale Dietrich von Choltitz (Elio De Capitani) sta per dare l’ordine di far crollare i ponti nella Senna, allagare le strade e radere al suolo vite e monumenti. Tuttavia il console svedese Raoul Nordling (Ferdinando Bruni), entrando di nascosto nella suite dell’Hotel Meurice e armandosi non soltanto di una scontata e suasoria retorica, cerca di dissuadere il fedelissimo titolato del Führer da questo gesto di ingiustificata crudeltà.

Due ruoli in perfetta sintonia, quelli plasmati sui corpi di Bruni e di De Capitani, e interpretati stavolta a dirimpetto di una scrivania in stile Impero, o su dei divanetti in velluto blu di Prussia.

Un fitto ditirambo infilza un’unità di scena incorniciata da bandiere e svastiche, dove parole potenti come armi da guerra si battono prima di un ultimatum definitivo. 

A cosa si assiste? Non alla semplice metamorfosi di un’inimicizia, e neppure alla formazione di un’alleanza calcolata o di un meditato accordo tra due parti che scelgono la migliore soluzione da seguire.  È tutto un concitato prendere coscienza delle propria libertà, avvolti da un ultimo alito di speranza e di celatissimo amore. 

Dopotutto è questa la vera diplomazia: la capacità di sfoggiare con umiltà le proprie medaglie, lucidandole con tattica e psicologia, l’abilità di sfidarsi a singolar tenzone con parole chiare e non troppo affilate.

A tal proposito Georges Pompidou scriveva che quest’arte di usare la dialettica “rassomiglia ad un incontro di pugilato con guanti glacé, nel quale il suono del gong viene sostituito dal cin cin dei bicchieri di Champagne”. Eppure qui, per questo imperdibile spettacolo, le celeberrime bollicine di Reims vengono sostituite da neutrali tazze di caffè bollente, lasciate a riposare in disparte, mentre si intiepidiscono, insieme alle smanie belligeranti di un generale profondamente combattuto.

Solo la diplomazia più fine, quella sfoderata da Bruni-Nordling, ha potuto così salvare la storia di Parigi e quella di migliaia di civili; dopotutto, se una vita non vale davvero nulla per un militare apparentemente consumato dal potere, nulla vale davvero una vita per un console rifocillato di responsabilità.

Il lavoro di Frongia, De Capitani e Bruni è tutt’altro che diplomatico; a dire il vero si tocca a fondo una vastità corposa di emozioni e si rievocano una verità storica e una morale che alcuni ricordano purtroppo a malapena. 

Ottanta minuti per pensare e ripensare, per lasciarsi scappare qualche amaro sorriso e ricordare che se qualcuno oggi è davvero libero e salvo, qualcun altro in passato ha sofferto per la sua libertà e l’ha salvato.

Difficile, anche per gli spettatori più patriottici, non commuoversi durante la scena finale, avvolti dallo svolazzare del tricolore francese e dai versi della Marseillaise; già solo questi pochi istanti valgono tutto lo spettacolo. 

Si devono inoltre segnalare alcune accortezze sceniche: le luci di Michele Ceglia e il suono di Luca De Marinis. Completano bene il cast gli attori Michele Radice, Alessandro Savarese, Simon Waldvogel

Se non siete ancora tornati a teatro, fatelo, ma con Diplomazia!

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