“Bird” è il quinto, e il più riuscito lavoro di Andrea Arnold: visionario e selvaggio, racconta la storia complicata di Bug, che ha già due figli e sta per sposarsi con una nuova ragazza. Dell’adolescente Bailey, che non vuole cambiar vita. Di una deliziosa piccola damigella, entusiasta invece delle nozze. E di Bird, personaggio poetico, surreale, che entra in scena portando magia e speranza in una realtà difficile. Il film non giudica mai, neanche per un istante, nè indulge in miserabilismi di maniera. Nell’ottimo cast guidato da Barry Keoghan e Franz Ragowski la giovane Nykiya Adams è una scoperta
Bug (Barry Keoghan) e Bailey (Nykiya Adams), i due protagonisti di Bird, quinto lungometraggio della regista, attrice e sceneggiatrice inglese Andrea Arnold, sembrano fratello e sorella, ma in realtà sono padre e figlia. L’equivoco nasce dal fatto che Bug, a poco più di trent’anni, sembra un ragazzotto agitato e scoppiato, privo di baricentro e senso di responsabilità, mentre Bailey a dodici anni sembra molto più grande e affidabile. Bug ha anche un altro figlio adolescente, Hunter, e sta per sposarsi con una ragazza che a sua volta porta in dote una bambina deliziosa, ben felice di fare da damigella il giorno del matrimonio con un vestitino scintillante ricoperto di lustrini colorati.
Bailey invece non è contenta per nulla di questo cambiamento, che rischia di rendere la sua vita randagia ancora più complicata. In segno di rifiuto ha proclamato a gran voce che il vestitino da damigella non se lo metterà mai. Nonostante tutta la sua rabbia, non ha tuttavia alcuna via d’uscita: può solo accettare lo stato delle cose. Tornare a casa di sua madre vorrebbe infatti dire affrontare una condizione ancora più degradata, violenta, potenzialmente pericolosa. Un confronto difficile – anche per la presenza di una schiera di sorelline e fratellini, ancora più piccoli e indifesi di lei – ma che forse alla fine si rivelerà inevitabile.
È a questo punto che entra in scena il terzo protagonista, quello che dà il nome al film: Bird. Un personaggio bizzarro, poetico, indecifrabile e magnifico, costruito pescando nell’universo del surreale, aggiungendo magia e speranza a un mondo che sembra radicalmente privo sia di una che dell’altra. Un personaggio affidato a un grande attore, Franz Rogowski, capace di coniugare ambiguità e dolcezza, sogno e realtà in uno sguardo che accoglie e consola, nonostante tutto. Non gli sono da meno l’irlandese Barry Keoghan (già indimenticabile in Gli spiriti dell’isola e Saltburn, qui ancora più trascinante) e la giovanissima Nykiya Adams. Il primo si conferma una forza della natura, in grado di disegnare una figura paterna improbabile eppure tenerissima, ipercinetica e commovente; la seconda, al suo debutto sullo schermo, è sorprendente per forza e intensità, per la capacità di esprimere rabbia, fragilità e resilienza nella stessa immagine, con la stessa fugace espressione, infantile e adulta allo stesso tempo.
Proprio nella continua ambivalenza che contraddistingue la messa in scena dei tre personaggi principali c’è tutta la forza di un film che non ci prova neanche a stabilire confini precisi tra bene e male, giusto e sbagliato, e decide di correre e volare, con la camera a mano lanciata addosso ai personaggi e contro i muri. E verso il cielo. Dopo una serie di tentativi interessanti e altalenanti, da Red Road a Fish Tank ad American Honey, Andrea Arnold sembra trovare un magico punto di equilibrio tra disperazione e salvezza, realismo e immaginazione. Il risultato è un piccolo grande film struggente, visionario e selvaggio, che racconta una realtà difficile senza giudicare mai, neanche per un istante, ma anche senza indulgere in alcun miserabilismo di maniera. Tenendo comunque sempre a mente, come diceva Nietzsche, che «bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante».
Bird, di Andrea Arnold, con Barry Keoghan, Franz Rogowski, Nykiya Adams, Jason Edward Buda, James Nelson-Joyce