Cercando la figlia perduta nell’immensa, ostile Tokyo

In Cinema

Un eccellente Romain Duris è protagonista del film di Guillaume Senez, nel ruolo di un cuoco-tassista che si sposa in Giappone ma viene lasciato da moglie e figlia, sparite dopo la separazione. Le leggi giapponesi, in quanto straniero, gli sono contro, così ritrovare la bimba, diventata nel frattempo una adolescente, sarà impresa difficilissima. Un racconto malinconico e delicato, una storia raccontata dal punto di vista di chi si sente estraneo e quindi debole, ma non vuol rinunciare a ciò che gli dice il cuore

Jerome (Romain Duris), protagonista di Ritrovarsi a Tokyo di Guillaume Senez, è francese, fa il tassista e vive a Tokyo. Una scelta che inizialmente ci sembra piuttosto bizzarra, finché non capiamo che si tratta di una decisione tutt’altro che libera, frutto di una disperazione assoluta, di una situazione che fatichiamo persino a comprendere. Jerome era arrivato a Tokyo come cuoco, aveva conosciuto una ragazza giapponese e l’aveva sposata. Con lei aveva avuto una bambina, Lily, e tutto sembrava andare per il meglio. Ma a un certo punto il matrimonio era entrato in crisi e la moglie di Jerome aveva deciso di andarsene di casa e chiedere la separazione. Una scelta che in un paese come il Giappone può avere conseguenze drammatiche, soprattutto se uno dei due genitori è straniero. La legge nipponica non prevede infatti alcuna forma di affido congiunto dei figli minori in caso di separazione.

Jerome si trova quindi separato da sua figlia, impossibilitato a mantenere con lei alcun rapporto, addirittura per anni e anni tenuto all’oscuro anche dell’indirizzo della casa dove la bambina, nel frattempo diventata un’adolescente, abita insieme alla madre. La scelta di rimanere a Tokyo, lavorando come tassista, è nata quindi dall’ostinata volontà di rintracciare, prima o poi, per caso, la figlia perduta, dal desiderio di mantenere un rapporto con lei, nonostante tutto. Un desiderio che un caso fortunato sembrerà esaudire a un certo punto, ma che rischierà di produrre esiti catastrofici, perché la burocrazia nipponica sembra incapace di riconoscere qualunque ragione che non sia formale, giustificata dalle leggi e approvata dai giudici in tribunale. Il puro e semplice moto del cuore che spinge a voler rimanere accanto a un figlio per accompagnarlo nella vita, anche nel momento in cui vengono meno i legami di coppia con l’altro genitore, sembra semplicemente e radicalmente assente dalla prospettiva della società giapponese. Una società che appare ai nostri occhi europei come un universo violento, dove la brutalità si cela sotto la cortina di un formalismo glaciale, apparentemente impeccabile ma in realtà spesso rigido al limite dell’insensibilità, se non addirittura feroce.

Una storia raccontata dal punto di vista di chi si sente estraneo e per ciò stesso debole, ma non vuole rinunciare a portare avanti la propria istanza, in nome di un bisogno tutto umano di dare e ricevere amore, di mantenere un legame affettivo tra genitori e figli, anche quando tutto sembra cospirare contro tale possibilità. Un film che accende una luce livida e inquietante su un aspetto inedito, in gran parte sconosciuto, della società giapponese e sulla chiusura al limite della xenofobia che sembra contraddistinguerla. Un racconto malinconico, struggente, profondamente toccante, che sceglie di mettere in scena situazioni e sentimenti con grande delicatezza e misura, senza retorica ma con una grande capacità di coinvolgere e commuovere.

Merito della regia accorta e sensibile del regista e sceneggiatore belga 46enne Guillaume Senez (già autore del notevole Le nostre battaglie, 2019) ma anche e soprattutto del protagonista Romain Duris, strepitosamente bravo nel disegnare per sottrazione, con grande intensità, un personaggio davvero memorabile. Un uomo fragile eppure resistente, tenace, tenero, ostinatamente capace di amore e tenerezza.

Ritrovarsi a Tokyo di Guillaume Senez, con Romain Duris, Judith Chemla, Mei Cirne-Masuki, Tsuyu, Shungiku Uchida

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