Versione natalizia della nostra rubrica. I Christmas album per vivere le feste con una colonna sonora più o meno adeguata. Con gli auguri di Cultweek
Un Natale disfunzionale, scrivono i corrispondenti da Washington per l’anno uno dell’era Trump. È così anche in musica: rispetto ai Christmas album frizzantini dello scorso anno, stavolta sono in circolazione dischetti da fast food come i Big Mac e le diet Coke di cui s’ingozza The Donald. Cori mormoni, voci tenorizzanti, tangheri bianchi del deep South, violiniste pop più appiccicose della melassa, dive e divetti country, boyband riciclate, rockettari fuori tempo massimo. Insomma, qualcosa si salva ma in generale non è un bel sentire. Così, per quadrare i conti, ho selezionato solo il meglio (o il meno peggio, fate voi). Buon Natale e buoni ascolti.
Gwen Stefani – Jingle bells/ Let it snow/ Last Christmas/ You make it feel like Christmas/ Santa baby
Non tra le mie cantanti preferite la biondissima Gwen Stefani che era Jean Harlow in The aviator di Martin Scorsese. Voce dei No Doubt e solista di buon successo (tre Grammy, 40 milioni di album e 30 milioni di singoli venduti), madre dalla vena onomastica spropositata e ridicola (i tre figli si chiamano Kingston James McGregor, Zuma Nesta Rock e Apollo Bowie Flynn), nonché stilista e profumiera. Insomma, una simil Madonna. Però il meglio fico del bigoncio mainstream quest’anno, con You make it feel like Christmas (***1/2), è lei. Che per l’occasione sfodera una voce da gatta sexy che canta per i gangster di uno speakeasy, con movenze fra ska e swing e coretti alla Trio Lescano.
98 degrees – Please come home for Christmas/ The first Noel/ O little town of Bethlehem/ River
Che cosa fanno le boyband quando invecchiano? Fanno dischi di Natale. Accade così anche per i losangelini 98 degrees (o 98°), attivi fra il 1997 e il 2002. Loro un Christmas album lo avevano già inciso nel 1999, non più di primo pelo possono recidivare. Let it snow (***) è anche piacevole, nel suo piccolo: non troppo personale, senz’altro professionale. Con in più il merito di avere sdoganato, fra i classici festivi, una canzone antinatalizia come River di Joni Mitchell.
Reba McEntire – Winter wonderland/ The Christmas song/ O holy night/ I’ll be home for Christmas
Veterana e combattente, Reba Mc Entire. Carriera più che trentennale, ha inciso 45 album e venduto 55 milioni di dischi: in pratica la country singer più popolare degli anni ’80 e ’90. Si aggiunga che se la cava bene tanto in tv (la sit-com Reba di cui era protagonista ha tenuto banco per sette stagioni) quanto nei rodei (ha imparato a cavalcare bestie bizzose dal padre, che è stato tre volte campione del mondo per la legatura del vitello), e si avrà un’idea della sua esuberanza. Che non traspare da My kind of Christmas (***), dischetto corretto e moscio, per fortuna asciutto ed essenziale negli arrangiamenti che evitano il country-kitsch.
Thegiornalisti – Happy Christmas John
Ci vuole coraggio (e un fisico bestiale? non saprei) per chiamarsi Thegiornalisti in un’epoca in cui i gazzettieri sono appena appena più popolari dei boia, dei fondamentalisti e dei politici. Dal 2009 Thegiornalisti, trio romano fortemente voluto da Tommaso Paradiso (romano del quartiere Prati, “il più bello d’Europa”, laurea in filosofia e passione biasimevole ma non troppo, al massimo un buffetto e via, per i cinepanettoni) hanno bruciato le tappe, imponendo un pop-rock fresco, attuale e (ossimoro soltanto virtuale) fortemente ancorato ai ’70-’80 di Venditti, Dalla & compagnia cantante. Senza trascurare il britpop e gli Oasis. Intanto lui, il talentuoso Paradiso del quartiere Prati, è diventato autore richiestissimo (per Luca Carboni, Nina Zilli, Giusy Ferreri, Arisa, Gianni Morandi e altri). E conferma la sua vena con questa Happy Christmas John (***1/2), metacanzone spudorata che rende omaggio a Lennon & Ono.
Lindsey Stirling – You ‘re a mean one, Mr Grinch/ Angels we have heard on high/I saw three ships/ What child is this
Vi mancava la violinista hip-hop (ipsa dixit) e anche mormona, imposta a furor di piccolo schermo (America’s got talent, il format Usa di Ballando sotto le stelle)? Eccola qui: Lindesy Stirling virtuosa del pizzicato e del cattivo gusto. Warmer in the winter (**1/2), dove la nostra gioiosamente massacra un repertorio (fatto spesso per essere massacrato, è vero), ha tuttavia l’attenuante generica di aver messo nel frullatore anche il Grinch.
Giuliano Palma – Jingle bells rock/ White Christmas/ Happy Xmas (War is over)/Blue Christmas
Sono ancora grato a Giuliano Palma per essere stato il primo a salire sul palco in piazza del Duomo, nel 2011, per festeggiare l’elezione dell’altro Giuliano, Pisapia, a sindaco di Milano. In quella circostanza Giuliano (Palma) intonò Tutta mia la città, e dopo gli anni funesti di Mestizia Moratti era un gran bel sentire. Il resto lo fanno la simpatia, la ballabilità, l’estroversione. E così non suona strano che l’ottimo Palma, dopo avere giamaicizzato persino Peppino Gagliardi, renda a ritmo di ska un pugno di canzoni ispirate dal solstizio d’inverno dei cristiani. Happy Christmas (***1/2) è epidermico e contagioso, e mette allegria.
Josh Groban – Silent night/ Little drummer boy/ It came upon a midnight clear/ Have yourself a merry little Christmas
Se siete in crisi di astinenza da Pavarotti, o più semplicemente da Bocelli (il nostro peraltro lo sostituì alla cerimonia dei Grammy 1999, duettando con Celine Dion), Josh Groban fa al caso vostro. Bel faccino, bella voce da baritono lirico, non sbraca troppo né nell’interpretazione né negli arrangiamenti. A proposito, Noel (***1/2) è del 2007, questa è la deluxe edition del decennale, oggi una deluxe edition non si nega a nessuno, todos caballeros.
Hanson – A wonderful Christmastime/ Someday at Christmas/ Joy to the mountain/ All I want for Christmas
Altro giro, altra boyband. Gli Hanson, tre fratelli from Oklahoma, sono persino più stagionati dei quasi coevi 98°. Richiamati alla leva del pop nel 1992, tuttora in attività, quasi due milioni e mezzo di follower su Spotify, offrono il loro Finally it’s Christmas (***1/2) al colto e all’inclita. Nessun brivido, ma il mestiere c’è ed è collaudato.
O’Hooley & Tidow – Fire & wine/ Winter folk carol/ Coventry carol/ Fairytale of New York
L’unico album con un senso e un perché in questo Natale. Il più inopportuno da usare come sottofondo. Al desco con i parenti, se volete evitare i commenti acri, tenetevelo per voi. La vecchia zia e la consuocera non capiranno l’inglese, ma hanno un fiuto infallibile per tutto quel che rovina la festa. E quindi anche per questo WinterFolk, vol. 1 (****) che, diamo la parola a The Guardian, mette sotto i riflettori «some of the darker hued aspects of yuletide, considering the season in an alternative, real way, from the absence or loss of children, to domestic violence at Christmas, from global warming to poverty, religion, displacement, migration and loneliness». Belinda O’Hooley e Heidi Tidow, folksinger inglesi sposate nella vita e nell’arte, fanno un disco ipnotico e forse un po’ troppo solenne, ma bello e necessario.
Immagine di copertina di Rodion Kutsaev