Atelier dell’Errore per la Giornata del Contemporaneo. Un errore di metodo

In Arte

C’è qualcosa di stonato nella scelta di AMACI – l’associazione che riunisce i musei d’arte contemporanea italiani – di affidare l’immagine della 21ª Giornata del…

C’è qualcosa di stonato nella scelta di AMACI – l’associazione che riunisce i musei d’arte contemporanea italiani – di affidare l’immagine della 21ª Giornata del Contemporaneo all’Atelier dell’Errore. Non tanto per l’opera in sé, Unknown Pleasures – The Shelter – grande vela di coperte termiche dorate che evoca la grande vela dell’imbacazione Edipo Re di Pier Paolo Pasolini, ma anche suo malgrado quelle delle navi dei folli ricordate da Foucault – quanto per ciò che questa decisione implica e ignora: una visione dell’arte come riscatto pietoso del disagio, più che come terreno di libertà e crescita individuale.


L’Atelier dell’Errore nasce nel 2002 come laboratorio espressivo all’interno della neuropsichiatria infantile di Reggio Emilia. Un’esperienza che, pur animata da intenzioni poetiche e terapeutiche, conserva fino a oggi un’impostazione rigidamente separatoria: da una parte gli “artisti” – i ragazzi e le ragazze con diagnosi psichiatriche, identificati nel lavoro dell’Atelier solo per nome di battesimo – e dall’altra l’artista-fondatore, il fotografo Luca Santiago Mora, garante e filtro della loro produzione. L’idea di fondo, mai messa in discussione, è quella di una “differenza sacra” da esibire, un’alterità da tradurre in linguaggio estetico. Nel tempo, l’Atelier è stato accolto nella costellazione della Collezione Maramotti, con mostre, cataloghi, residenze e un curriculum espositivo degno di un collettivo internazionale. Ma a beneficiarne non sono stati certo gli autori delle opere, definiti genericamente “artisti neurodivergenti” e rimasti figure anonime, spettatori del proprio successo, esclusi dal riconoscimento che spetterebbe a chi, di quelle opere, è la mano e il corpo. Ricordando la vecchia logica dell “genio e follia”, l’alibi con cui si perpetua la distanza tra normalità e devianza, travestendola da fascinazione per l’alterità.


Il problema non è dunque che AMACI scelga un progetto nato in ambito psichiatrico, anzi, ma che lo faccia senza interrogarsi sul modello che quell’approccio rappresenta. A quarantasette anni dalla legge 180 di Franco Basaglia, che restituì cittadinanza, voce e identità a chi era rinchiuso nei manicomi, questa scelta appare come una passo all’indietro. Dove Basaglia parlava di diritti e responsabilità, qui si celebra l’eccezione: un “noi” che guarda con benevolenza al “loro”, trasformando la disabilità in una garanzia di autenticità artistica. È la retorica abilista che rovescia lo stigma in privilegio, ma lascia intatte le gerarchie. Ed è per questo che, dietro la superficie dorata delle coperte di soccorso, l’immagine scelta da AMACI rischia di custodire un rifugio solo per chi osserva e non per chi lo abita. Il disagio psichico torna così ad essere un linguaggio estetico da amministrare, più che una realtà umana da ascoltare.

In un momento storico in cui l’arte dovrebbe mai quanto prima interrogarsi sul proprio potere trasformativo, e in cui è sempre più necessario il massimo rigore intellettuale per contrastare la barbarie incombente, sarebbe bastato un confronto con i principi dell’inclusione, una riflessione sul lavoro dei tanti artisti e collettivi che oggi agiscono dentro e fuori le istituzioni con reale orizzontalità, per evitare di cadere in questa trappola simbolica. La Giornata del Contemporaneo nasce per promuovere l’arte italiana e la sua capacità di leggere il presente, e affidarne il volto a un’esperienza che conserva lo sguardo verticale dell’assistenza, invece di quello orizzontale della condivisione, significa tradirne lo spirito. Forse il vero Errore, stavolta, non è nei disegni dei ragazzi di Reggio Emilia, ma nello sguardo che continua a usarli per raccontare la nostra idea, ancora colpevole, di normalità.

In copertina: Atelier dell’Errore per la Ventunesima Giornata del Contemporaneo, Unknown Pleasures – The Shelter, 2025

Le altre immagini: Atelier dell’Errore BIG, collettivo di artisti dell’Atelier diventati maggiorenni ospitato permanentemente come work in progress all’interno della Collezione Maramotti a Reggio Emilia

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