È arrivata come una tempesta la notizia della improvvisa e prematura scomparsa, lo scorso 10 maggio a 57 anni, di Koyo Kouoh, che tra pochi giorni avrebbe presentato il suo progetto per la Biennale Arte 2026 di cui era stata nominata direttrice nel dicembre del 2024. Nata a Douala nel 1967 e cresciuta a Zurigo, Kouoh – come recita il saluto dell’istituzione veneziana – lascia un vuoto immenso nel mondo dell’arte contemporanea e nella comunità internazionale di artisti, curatori e studiosi che hanno avuto modo di conoscere e apprezzare il suo straordinario impegno intellettuale e umano. Matteo Lucchetti, curatore al Museo delle Civiltà di Roma, che con lei ha lavorato e che ben la conosceva, le dedica questo appassionato e doloroso ricordo.
La perdita della presenza di Koyo Kouoh si sente già così profonda che i segni di cordoglio e dolore per la sua scomparsa stanno facendo il giro del mondo, mentre un irrazionale senso di ingiustizia si percepisce nelle parole di molti, forse perché un altro pilastro africano dell’arte contemporanea se ne va non ancora sessantenne nel fiore della sua carriera, come prima Olabisi Silva (1962–2019) e poi Okwui Enwezor (1963–2019). È infatti profondamente straziante sapere che non potremo più sperimentare il suo modo sartoriale e impeccabile di curare, ascoltare la sua voce intelligente nel posizionare le prospettive emerse dall’Africa nel mondo, lasciarsi guidare dalla sua capacità di connettere la pratica curatoriale con i valori sociali che dovrebbero sempre riportare l’arte alle comunità da cui origina e per le quali esiste. Per sua stessa ammissione, Koyo non si è fatta posto alla tavola dell’arte contemporanea occidentale, ma ha apparecchiato la sua versione di tavola, cambiando le regole che avrebbero limitato il senso del lavoro di intere generazioni di artisti e curatori. Fondando RAW Material Company a Dakar (Raw material come ‘materiale grezzo’ in inglese ma anche come ‘pioniere’ in lingua Wolof) ha dato corpo ad un nuovo genere di istituzione artistica, che ha mescolato i formati di una scuola, una casa, una biblioteca e molte altre cose che ancora oggi animano uno dei centri di produzione culturale più innovativi dell’Africa occidentale, grazie a curatrici incredibili, da lei formate, come Marie Hélène Pereira e Fatima Bintou Rassoul Sy.

E così ha fatto in tutte quelle istituzioni e quelle mostre che hanno avuto il privilegio di ospitare la sua visione e il suo sguardo capace di creare spazi che non esistevano ancora. Ho avuto l’onore di lavorare con Koyo a Visible – progetto che curo assieme a Judith Wielander per Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e Fondazione Zegna – nel 2013, ed è stata per me una lezione di etica lavorativa e umanità dalla prima e-mail fino alle nostre ultime parole insieme, che fortunatamente sono continuate in una amicizia e stima reciproca nel tempo. In quell’occasione mi ha mostrato un altro lato del potenziale di portare progetti di impegno sociale nel dibattito pubblico, del modo in cui il fare politico di un progetto artistico esista non come illustrazione di un problema sociale ma come il potenziale di guardare a quello stesso problema da un altro punto di vista, pensando al sapere che un progetto può produrre come materiale artistico. La sua capacità è stata anche quella di vedere in quel sapere uno strumento per creare nuove relazioni tra le idee che ispirano artisti e curatori e le istituzioni con le quali lavorano, sfidando sempre queste ultime ad attarsi ai primi, e non viceversa.

Sono certo che la prossima Biennale di Venezia ti vedrà presente, nelle forme meno prevedibili e in quelle più appariscenti, nei dettagli e nell’infrastruttura generale. D’altra parte, nella tua ultima intervista dicevi che la tua educazione africana non ti ha insegnato i concetti di morte e aldilà, ma di vite e realtà parallele, fatte di energie e forza cosmica. E sempre in quest’ultima conversazione pubblica hai rivelato che quando avevi bisogno di sentirti ispirata andavi a dormire. Ecco, forse, d’ora in poi l’enorme quantità di persone che sentono la tua perdita come un peso grave nei propri cuori, e io con loro, verremo a cercare te e le tue parole nei nostri sogni, capaci di riconnetterci ancora una volta alla grandezza che hai espresso in questo mondo. Sarai sempre un punto di riferimento, così come lo sei stato fino ad ora. Brillerai per sempre di bellezza, saggezza e cura, cara Koyo.