Con il cinema di genere rinasce l’industria italiana

In Cinema

Il regista di “Perfetti sconosciuti” ha nell’attore romano un gran protagonista per il suo ultimo “The Place”, dove interpreta un misterioso signore che riceve in un bar otto diversissimi interlocutori, garantendo a ciascuno il raggiungimento del suo più grande desiderio. In cambio, però, ognuno di loro avrà un compito, e spesso sarà inconfessabile, e duro da eseguire. Nel cast di un film che conferma una certa ripresa del prodotto medio-alto, storica spina dorsale del cinema italiano, anche Sabrina Ferilli e Giulia Lazzarini, Marco Giallini e Silvio Muccino, Alba Rohrwacher e Rocco Papaleo

La grande attrattiva del nostro cinema di genere, durante i suoi anni più floridi, consisteva nel raccogliere le istanze sociali più significative della società italiana e nel trasporle in modo intelligente e mai banale sullo schermo. Da qualche anno un certo filone del nostro cinema sta ritrovando questa straordinaria capacità, e The Place di Paolo Genovese ne è un’altra solida conferma.

La storia è piuttosto semplice: un misterioso uomo siede sempre allo stesso tavolo di un ristorante, pronto ad esaudire i sogni più vari di otto visitatori, in cambio di compiti, spesso inconfessabili, anche a loro stessi, da svolgere. Quanto saranno disposti a spingersi oltre i protagonisti per realizzare i loro desideri? Il punto di partenza di questa narrazione funziona un po’ come l’espediente di Perfetti Sconosciuti, un meccanismo scatenante che abbatte le strutture sociali e rivela quella che dovrebbe essere la vera natura o identità dei protagonisti.

E la forza di entrambi i film, che evidentemente il regista ha saputo far sua, è quella di universalizzare le vicende raccontate al loro interno. In un mondo in cui non esistono più particolari specificità culturali tra una nazione a un’altra, parlando di Italia si potrebbe anche tranquillamente parlare di Francia, di Germania, o in generale di tutta l’Europa o di tutto l’Occidente. Così l’appiattimento delle specificità che una volta erano caratteristiche pregnanti di ogni stato viene abilmente usato in The Place per creare un film che possa parlare davvero a tutti.

E se non sorprende infatti che un’opera come Perfetti Sconosciuti sarà presto oggetto di numerosi remake, non stupisce neanche che a sua volta The Place sia ispirato alla serie tv americana The Booth At The End, proprio per questa infinita possibilità, parlando di una specifica realtà territoriale, di poter parlare allo stesso tempo anche di un’altra, in un mondo che ormai è sempre più uguale.

I meccanismi del film sono perfettamente oliati e riescono a portare avanti la trama in modo incalzante dall’inizio alla fine dell’arco drammaturgico, sia grazie al lavoro di identificazione di cui si è accennato prima, sia anche allo straordinario lavoro con gli attori che il regista ha condotto. Tutte le interpretazioni risultano essere perfettamente credibili, da quella di Valerio Mastandrea, attore ormai di lungo corso a quella di Sabrina Ferilli, da Giulia Lazzarini a Rocco Papaleo, da Alba Rohrwacher a Marco Giallini e Silvio Muccino.

La sensazione è che con film come The Place il cinema italiano stia piano piano ritrovando quelle specificità che un tempo lo rendevano grande non solo per la valenza artistica di alcuni film d’autore (la cui alta qualità ha sempre caratterizzato le nostre produzioni, sia ieri che oggi), ma anche per la capacità di un’industria ben oliata di poter creare ottime vie di mezzo, capaci di attrarre il pubblico più mainstream senza per questo dover rinunciare al loro alto valore cinematografico.

The Place, di Paolo Genovese, con Sabrina Ferilli, Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alessandro Borghi, Silvio Muccino, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Vinicio Marchioni, Giulia Lazzarini

 

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