Serie tv e letteratura. Tre gradi di separazione

In Letteratura, serieTV

Questo sarà il secolo della Serie Tv, come il Novecento è stato quello del cinema. Che rapporto corre fra serialità televisiva, ultimo grido in fatto di narrazione, con una delle forme più antiche: la letteratura?

La narrazione degli anni Zero, e di conseguenza di questi primi anni Dieci, è senza dubbio quella della serialità televisiva. Le serie tv stanno ormai prendendo sempre più spazio nei nostri consumi culturali. Sia a livello di ore spese a guardarle (rivelatore è il sito che ci dice quanti mesi – mesi! – abbiamo speso dietro alle nostre serie tv preferite), sia a livello di attenzione culturale e d’intrattenimento. Insomma, questo sarà il Secolo della Serie Tv, come il Novecento è stato quello del cinema. Può risultare interessante, quindi, analizzare il rapporto che corre fra serialità televisiva, ultimo grido in fatto di narrazione, con una delle forme più antiche: la letteratura.

Questo rapporto fra serie tv e letteratura può essere suddiviso in tre grandi macro-livelli. Il primo dove la serie tv si fonda direttamente sul libro, ovvero l’adattamento. Il secondo, caratterizzato da un approccio più metaletterario, crea un universo narrativo, prendendo i diversi personaggi di un libro o universo letterario, e collocandoli in un nuovo discorso. Il terzo, più generico, è l’utilizzo di tecniche narrative tipiche della letteratura per il racconto delle serie tv, non limitandosi unicamente a quelli che possiamo definire “trucchi del mestiere”, ma proprio adattando ritmi e approcci eminentemente letterari a un nuovo modello narrativo. Detto così, può sembrare un rapporto particolarmente complesso e indecifrabile, ma con l’aiuto di draghi, mostri e rapimenti diventerà più chiaro.

DRAGHI E ADATTAMENTO
Il rapporto più diretto fra serialità e letteratura è l’adattamento di un libro (o di un’intera saga) in serie tv. L’esempio principe, ora come ora, quello sulla bocca di tutti, è, ovviamente, Game of thrones, basato su Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin. Analizzare in dettaglio la trama non è molto importante, basti dire che la serie (televisiva e letteraria) si concentra sulla cruenta lotta al trono in un universo fantastico dai toni medievaleggianti. La serie tv, di cui sta per partire la sesta stagione, ci permette un’interessante analisi su cosa significhi adattare una saga letteraria tanto complessa. Come trasporre, infatti, più di cinquemila pagine? Innanzitutto, sono fondamentali la semplificazione e l’unione. Molte sottotrame, e di conseguenza personaggi più o meno secondari, vengono eliminati o fatti convergere in un unico macro-personaggio. Inoltre, è differente anche la gestione dei ritmi: ciò che nel libro potrebbe richiedere centinaia di pagine, in una serie televisiva, per mantenere alta l’attenzione dello spettatore, deve essere necessariamente più veloce.

Possiamo quindi dire che, nel momento dell’adattamento, ciò che è particolarmente importante è tenere conto della differenza fra i diversi medium. Le esigenze televisive sono differenti da quelle letterarie, e ciò che funziona in un libro non necessariamente funzionerebbe in televisione.

Avere a disposizione, nel caso di Game of Thrones, dieci ore a stagione permette la costruzione, più o meno certosina, di un universo narrativo realmente espanso e stratificato. Le serie televisive proprio perché caratterizzate da continutà sono, sotto questo aspetto, la scelta migliore e necessaria. Non è un caso, infatti, che un certo tipo di cinema stia puntando sempre più  sulla serialità. Si pensi al Signore degli Anelli, ai vari Harry Potter, ma soprattutto a quella meraviglia, narrativamente sottovalutata, del Marvel Cinematic Universe, che fonde cinema, televisione e web.

Il grande problema in questo tipo di rapporto è la percezione di sudditanza della serie televisiva nei confronti del libro. Lo spettatore-lettore, infatti, impone alla serie una sorta di dovere di fedeltà alla materia letteraria. Emblematica è la crisi identitaria a cui sta andando incontro Game of Thrones ora che ha raggiunto – e superato – il materiale cartaceo. È la serie televisiva che diventa un orpello, dipendente, ontologicamente e narrativamente, dalla letteratura. La fedeltà è il requisito fondamentale che lo spettatore-lettore richiede e, spesso, l’unico criterio con cui è valutata la serie in sè. In questo caso, quindi, possiamo parlare di un rapporto sbilanciato, dove è la letteratura a farla da padrone, e la serie televisiva diventa una narrazione minore.

FRANKESTEIN E METALETTERATURA
Il secondo tipo di rapporto fra serialità televisiva e letteratura, meno dipendente rispetto al primo, è l’utilizzo di personaggi letterari in un contesto differente rispetto alla loro origine. E’ il caso, per esempio, di ciò che fa Penny Dreadful, serie-tv calderone in cui finiscono dentro tutti i personaggi della letteratura gotica. Già dal titolo, infatti, ci si richiama a un tipo di pubblicazioni, molto in voga nell’Inghilterra del 1800, caratterizzate da sensazionalismo, horror grand-guignolesco e brividi a basso costo. Pubblicati settimanalmente, al costo di un penny, queste riviste garantivano storie di detective, misteri e sovrannaturale.

Penny Dreadful si premura di garantire lo stesso tipo di atmosfera: leggermente sporca, e intrisa di sangue e gotico. Per fare questo non esita a prendere a piene mani dalla letteratura ottocentesca, più o meno horror. Ritroviamo infatti; vampiri, mummie, esseri sovrannaturali vari. Ma soprattutto, già dalle prime puntate, fanno la comparsa il Dottor Frankestein e Dorian Gray. Reinventati e reintrodotti in questo nuovo e sanguinoso, contesto.

Per fare una cosa simile, però, è necessario che i due personaggi siano ricondotti alla loro essenza più pura. Cosa è che rende Dorian Gray, Dorian Gray? Qual è il centro che deve restare immutabile? Si rende quindi necessaria una stereotipizzazione dei caratteri affinché siano riconoscibili. Il rischio, in questi casi, è sempre quello di appiattire il personaggio nella rappresentazione di se stesso. La rivelazione dell’identità ne è il tipico esempio: vera e propria illuminazione sulla via di Damasco per lo spettatore. Ci si rende conto così di non trovarsi di fronte una persona ma a un personaggio (letterario) perfino all’interno della realtà stessa della serie.

Se, in questo secondo tipo di rapporto, il rischio di intifada, da parte degli appassionati delle origini letterarie dell’opera, è più blando rispetto al primo (ci si accontenta che il personaggio resti fedele alla propria definizione minima), si assiste, comunque, a una sorta di richiesta di legittimazione parodistica della serialità nei confronti della letteratura. Se ne estremizzano, cioè, i caratteri – Dorian Gray, Frankestein, la formula stessa dei Penny Dreadful – in un gioco fondamentalmente metaletterario. Sono i personaggi della letteratura a vivere sullo schermo, non le persone che rappresentano.

RAPIMENTI E MOSAICI
Il terzo grado di rapporto fra serialità televisiva e letteratura non si fonda più su un singolo libro specifico (come nel primo caso) o su un corpus letterario più ampio (come il secondo), ma mostra una contaminazione programmatica. In particolare, l’influenza letteraria si fa particolarmente importante nella struttura e nella gestione della storia. Un ottimo esempio di questo rapporto è The Leftovers, vero e proprio gioiello della serialità statunitense di questi anni.

The Leftovers è la storia di chi è rimasto dopo che il 2% della popolazione mondiale è scomparso nel nulla. In particolare, di come un simile evento abbia scatenato nichilismo, disperazione e la lotta necessaria per andare avanti. Il tema centrale di The Leftovers è fondamentalmente la fede in tutte le sue declinazioni; umana, religiosa, sociale.

Nell’affrontare un simile tema, The Leftovers costruisce un’opera-mondo chiusa in se stessa, che chiede allo spettatore un vero e proprio salto nel buio. Non vi sono episodi introduttivi, ma ci si ritrova direttamente catapultati in media-res nella vita e nella realtà della serie. Un approccio, questo, tipico della letteratura. Non vi è un vero e proprio pilot (ovvero la puntata pilota, che di solito funziona come introduzione al mondo e ai personaggi della serie.). I personaggi non vengono introdotti, bensì mostrati. Inoltre, spesso si assiste a veri e propri episodi mono-personaggio. Non sono gli eventi che collegano le puntate l’una dopo l’altra, quanto l’appartenere a un mosaico più grande. E’ evidente, in questo caso, il debito nei confronti della struttura letteraria, dove un libro è composto da singoli capitoli con differenti punti di vista.

BINGE READING
Se l’influenza cinematografica nella serialità televisiva è stata approfondita e assodata, soprattutto a livello produttivo e tecnico, non può essere sottovalutato il filo diretto che lega serie tv e letteratura.
Tutti e tre i tipi di rapporto – adattamento, parodia, contaminazione – si basano sul presupposto che di una serie televisiva, ora, si guardano tutti gli episodi. Ovvero. Mentre la serialità pre-anni Duemila era caratterizzata dall’idea che la visione di una singola serie fosse sì costante, ma comunque non necessariamente totale (potevo perdermi, tranquillamente, uno o più episodi senza inficiare la comprensione delle puntate successive), ora la situazione è differente. Ora si dà per scontato che la visione di una puntata presupponga la visione di tutte le puntate precedenti. Proprio come la lettura del quindicesimo capitolo di un libro richiede quella di tutti i quattordici capitoli precedenti. E, necessario per questo cambiamento, è stato il progresso tecnologico che ha reso disponibile la visione di qualsiasi puntata  in qualsiasi momento.

L’attività di guardare un’intera serie, o stagione, in pochissimo tempo è definita binge watching. Nel caso di serie televisive sempre più complesse e collegate diventa un’azione quasi necessaria per catturare a pieno tutte le sfumature e non perdere i diversi collegamenti. Questa diversa modalità avvicina sorprendentemente la serie televisiva alla gestualità della lettura: proprio come non ci sogneremmo mai di leggere un capitolo di un libro sporadicamente, ma anzi ne vogliamo tutto e subito, uno dopo l’altro, così la fruizione delle serie televisive è sempre più determinata da una visione fluida dell’intera stagione. Non a caso Netflix, dispensatore prediletto di serialità, rilascia tutti gli episodi di una stagione contemporaneamente.

Narrativa, costruzione dei personaggi, ritmo e fruizione della serialità televisiva mutuano molto dalla letteratura. Questo rapporto, fecondo e in divenire, la dice lunga sulle intenzioni programmatiche di questo nuovo mondo narrativo che si sta ritagliando il proprio spazio, assorbendo la lezione cinematografica e letteraria,  e rimodellandola secondo le proprie esigenze e visioni.

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