Due persone che hanno letto l’ultimo romanzo di Franzen

In Letteratura

Un appassionato dialogo virtuale su “Purity”, ultimo attesissimo romanzo di Franzen, appena uscito negli USA. Corredato da lettera all’autore da una fan

 Ci sono molte cose che uno può fare in agosto a Milano. La prima è fuggire, l’opzione più sana. La seconda è chiudersi in casa a immaginare una civiltà post-atomica attraverso i buchi della tapparella. La terza è consacrarsi a una missione essenziale e segreta. Io e la mia amica, non volendo scegliere, abbiamo unito le tre opzioni: ci siamo fatte mandare il pdf del nuovo romanzo di Franzen e l’abbiamo letto. Sulle panchine, dietro le tapparelle, al caffè, in treno, davanti a un piatto di spaghetti con le cozze. Alla festa del Pd, che per noi era la festa del pdf. Vivevamo in un’atmosfera silenziosamente eccitata, non solo perché mistiche vestali dell’autore che più di ogni altro oggi definisce il canone della letteratura americana. Ma anche perché Franzen è praticamente quello che ci rende amiche, è quello di cui parliamo ed è un nume tutelare che ci fa brillare gli occhi quando ne parliamo. Quando non sappiamo di cosa parlare di solito parliamo di Franzen. Ma questo volta eravamo troppo cariche di aspettative per riuscire a guardarci negli occhi e confrontarci, avevamo bisogno prima di uno scambio di messaggini. Quello che leggerete quindi non è una pietra miliare della critica letteraria ma è il fragile, sudaticcio, spaventatissimo tentativo di due persone di parlare del proprio mostro – sacro – e di scoprire, come sempre, che un romanzo è un enzima in grado di rafforzare un legame e stabilire connessioni intime anche tra persone diverse come me che sono Franzenofilia e la mia amica che è Franzenopedia, due universi paralleli.

INTRO DI FRANZENOPEDIA

 Prima di dire “io” in un romanzo, Jonathan Franzen ha aspettato quattro libri e quasi trent’anni. La sua opera non narrativa è quanto di più autobiografico ed ego-riferito si possa trovare in circolazione (in senso buono, checché ne dica Michiko Kakutani), ma dai romanzi la prima persona è sempre stata bandita (controllare per credere). Il perché lo ha spiegato lui stesso, nelle “Ten Rules for Writing Fiction”: “Scrivete in terza persona” recita il punto numero 4, “a meno che una voce in prima persona che sia realmente in grado di distinguersi non vi si offra irresistibilmente”.

Poi arriva Purity, e intorno alla metà del libro spunta un diario, e dentro il diario ecco comparire un “I”. Per un romanziere che, pur di rispettare il succitato punto 4, si era inventato l’autobiografia in terza persona (quella di Patty in Libertà), è chiaro che deve trattarsi di una faccenda di una certa importanza: a chi appartiene quell’“I”? Qui l’altra sorpresa: il personaggio in questione, Tom Aberant, ha una lunga storia. Mentre lavorava alle Correzioni, Franzen aveva creato, nutrito e coccolato un protagonista di nome Andy Aberant, salvo poi ucciderlo (con tanto di funerale e lapide cartacea) per fare spazio alla famiglia Lambert. Buttato a malincuore fuori dalla porta, il bizzarro cognome rientra dalla finestra con una lucentezza tutta nuova. Rito scaramantico? Ritorno di fiamma? Sfida dell’autore con se stesso? Forse tutte e tre. O forse, considerando che Purity con i suoi cinque anni di gestazione è stato il parto franzeniano più veloce, la motivazione sta nella fretta: quando una voce davvero speciale “si offre irresistibilmente”, non si può che assecondare l’impazienza di dire “io”.

mer 12 agosto

18.57
Franzenopedia ci sei? Non ho ancora finito. Cioè non ho ancora iniziato. Lo finisco domani.

19.01
Ok! Non so come fai a leggerti un miliardo di pagine entro domani ma se ci riesci sei dio.

19.02
Un miliardo? Stai scherzando? Ma, più o meno, di che parla?

19.02
Parla di Pip, che vive in uno squat in California, è piena di debiti e non sa come cavarsela. Franzen aveva già da tempo mostrato interesse per il conflitto generazionale: Pip è la figlia di una madre morbosa e di un padre assente, ma in generale è la figlia di un’America ambigua che oscilla tra purezza ideologica e irresistibile necessità di mercato. L’esergo, se avrai modo di leggerlo, è Mefistofele che parla nel Faust: “Sono una parte di quella forza che vuole sempre il Male ed opera sempre il Bene”. Capisci dove vuole andare?

19.03
Che noia. Ma fa sesso?

19.03
Sì. Come sapresti bene se avessi letto i precedenti romanzi, il sesso e il denaro in Franzen sono due motori narrativi potentissimi: pensa a Denise nelle Correzioni.

19.04
Sì, mi ricordo. Ho sempre pensato di essere Denise. Poi è arrivata Patty. Poi però ero anche Richard e quando sono finiti a letto insieme non sapevo se stare sopra o stare sotto.

Ven 14 agosto

23.01
No dai, che palle, Assange?

23.32
No, non è esattamente Assange, perché poi il vero Assange viene nominato a un certo punto. Ma se vuoi entriamo nel merito del sanguinoso conflitto tra Franzen e Twitter, e in generale la rete e le informazioni. Che a mio modesto avviso non sono proprio i suoi ambiti.

23.35
Certo, lui non parla di attualità. Parla di me.
Ricapitolando: Andreas Wolf, il crucco-finto-Assange, adesca Pip per andare in Bolivia dove lei va a fare la leaker e lei accetta per i soldi – perché sta indebitata fino al collo – e perché forse spera di trovare il padre?

23.38
Sì.

23.39
Ho capito! Wolf è suo padre!

23.40
No. Però se può interessarti questo è il primo libro in cui la figura del padre è centrale proprio perché assente.

23.41
Ah.

 Sab 15 agosto

17.13
Franzenopedia, ma è la prima volta che muore qualcuno in Franzen?

17.15
No. Muore sempre qualcuno. Non sai mai chi sarà il prossimo, da Jammu nella Ventisettesima città a Lalitha in Libertà. È la prima volta che c’è un omicidio efferato, quello sì. Cioè negli altri romanzi ci sono atti di violenza, ma sempre confusi e distaccati. Niente di così fisico, di così primitivo o di così premeditato.

17.16
Ah. Ecco. Guarda caso il nostro maschio-alfa americano dove si sporca le mani da romanziere? Dove diventa Caino? Altrove: nella Germania dell’Est. Dove ci sono i cattivi. Dove si compie il male. E nel passato. Dove non si può più fare niente.

17.18
Forse, più che un espediente per scacciare altrove il male, è un’ennesima critica al perbenismo occidentale. Nelle Correzioni, quando Chip è in Lituania, il comfort degli USA (brand scintillanti & cibi dai gusti sofisticati) si scontra con la tristezza da surrogato del blocco post-sovietico. Ma a venir fuori fondamentalmente è l’ipocrisia della spensieratezza americana. E infatti Chip è costretto a togliersi la maschera. Anzi, tutto. E rimane in mutande nella steppa innevata.

17.18
Vabbè. Comunque adoro la madre di Andreas. Puro novecento ninfomane con maschera grigio-Stasi. Eros che si finge ethos. E ho deciso che sono Andreas Wolf. Torbido e compulsivo e disperato.

 

Dom 16 Agosto

23.22
Comunque cara Franzenopedia, ᾿sto libro non parla di internet. Parla di nuovo del rapporto con l’ex moglie. Lui, lei e un libro. Ma davvero, stavolta ha superato i limiti.

23.27
L’ex moglie credeva che con Forte movimento le avesse rubato l’anima. Con un personaggio della caratura di Anabel ci sono gli estremi per una querela, o perlomeno un sacrosanto secondo divorzio.

Mer 19 Ago

11.13
Finito. Boh. Non lo so. Non mi sono emozionata tanto. Neanche quando muore.

11.40
Anche a me non ha entusiasmato quanto gli altri, devo dire. Forse è andato un po’ a pescare in territori che non sono suoi. A parte Tom e Anabel.

11.43
Tu fai Anabel. Nazivegana. Che sputa in faccia ai soldi del padre.
Io faccio Tom. Che accetta i soldi per aprire un giornale in provincia dove raccontare tutta la verità e avere la coscienza pulita, senza per forza essere puro.

11.45
Con l’accettazione del compromesso di Tom ho la netta impressione che Franzen intraveda una chiusura nell’eterna partita tra sé, colpevole maschio bianco americano, e il femminile. Anche se, a ben guardare, Anabel non è il femminile. È l’olocausto delle migliori intenzioni: una sfrenata ricerca di purezza che la scaglia fuori in moto centrifugo prima dalla coppia, poi dal mondo e infine dal tempo.

11.47
E poi è anoressica newyorchese stramiliardaria anche se non vuole i soldi, quindi mi sta sul cazzo. Sì, alla fine l’unica che mi piace davvero è Purity perché – essendo fondamentalmente una disperata, circondata da adulti persi nel cosmo – non riesce mai a seguire un ideale fino in fondo come sua madre, anzi non ha un ideale, è solo empatica, non salva gli altri perchè sceglie di salvarli ma perché ne ha bisogno.

11.50
Mi fa piacere che sollevi questo tema, fondamentale ai fini della nostra analisi: la libera scelta. Nessun personaggio di Franzen è mai libero, eppure Pip manifesta degli esiti caratteriali che nessun personaggio prima ha mostrato e credo questo sia imputabile alla netta cesura genitoriale.

11.56
Sì ok, padre assente e madre da ricovero. E bellissimo il finale dove Pip si lega a Jason non per un ideale romantico, ma per una tacita alleanza generazionale. Sembra dire: ok, la coppia è un lager, però per ora stiamo insieme, ché non sappiamo cos’altro fare. Senza progetti. Perché anche i progetti, abbiamo visto, sono catastrofe.

12.00
Il finale è appropriato, anche in quel caso chiusura di conti. Come se Forte Movimento – cioè Renée e Louis che camminano mano nella mano lasciandosi tutto alle spalle, indi positivo – incontrasse Libertà – dove la giovinezza incarnata da Lalitha muore, indi negativo. Il risultato è una neutra sospensione.
… Però troppi personaggi. Annagret, Clelia la mamma tedesca di Jena, le amanti di Andreas, lo scoop sulle testate nucleari di Leila, la Oakland di Occupy, Twitter, il romanziere americano Charles, i soldi, i trust, la DDR. Perfino io a un certo punto ho sentito il sovraccarico. Troppa carne al fuoco. A river of meat.

12.03
Franzenopedia, senti. Hai ragione, però io gli voglio troppo bene. Gli ho scritto una lettera. Te la leggo?

 LETTERA DI FRANZENOFILIA

Caro Jonathan,

non mi conosci ma ho la segreta sensazione di conoscerti e l’intima convinzione che tu mi conosca bene. Mi ricordo che ho letto Le correzioni, con la febbre. E con la sensazione di essere stata osservata e raccontata, con una precisione morbosa. Ero Denise, ero Chip, raccontavi la tua realtà ma raccontavi me. A un certo punto non capivo più se eri tu a prendere spunto da me o io un prodotto della tua penna. A differenza della mia amica Franzenopedia, che ha studiato tutte le carte, rintracciato legami, tessuto connessioni tra le tue opere, catalogato nomi e vicende, io ti ho amato di un amore sciatto e totale, ti ho amato così tanto da non aver avuto bisogno di leggere alcuni dei tuoi libri, fidandomi sulla parola, non volendo sciupare l’immagine perfetta che ho di te, romanziere americano dai piccoli occhi buoni. Ho visto su YouTube tutte le tue interviste, ho chiesto l’amicizia su Facebook alla tua traduttrice. Ho letto Munro perché tu amavi Munro, ho voluto perfino leggere la Zink, perché lo dicevi tu. Ho scelto amici e amanti in base alla loro passione per te, sei stato argomento di conversazioni infinite, cartina tornasole di ogni passaggio di consapevolezza.

Ora è arrivato Purity. Io, pigra, solo per te potevo cavalcare settecento pagine d’un fiato. Ma non perché trovi Purity un romanzo straordinario, solo perché era un modo di restare connessa con te, che ce la metti tutta per essere una buona persona, attenta, che crede in un mondo in cui chi legge un romanzo lo legge perché considera la letteratura come maestra di sfumatura.

È una storia grande, in cui sei riuscito a infilare anche la tua amata DDR. Un incubo di controllo, padri assenti e donne pazze. Ma hey, ora che ci penso anche i tuoi Stati Uniti sono un incubo di controllo, padri assenti e donne pazze. Ma anche l’America “buona”, quella vegana, ambientalista, degli artisti sperimentali, dell’innocenza rivoluzionaria, a piedi scalzi.

Pip, la figlia spuria di quell’America. Che cresce povera senza sapere di essere miliardaria. Che vuole i soldi per uscire dai casini e per aiutare gli altri. Che è pura perché accetta il sudicio di dentro e il fracasso del cuore.

Mi sono ritrovata anche in Pip, ovviamente. Beware of dog, had no father. Con gli imbarazzanti exploit sessuali. Con il senso di colpa per la madre sola che spera di fare felice con una bella torta confezionata che fa cadere nel fango appena prima di arrivare. Con il desiderio che tutti siano felici, anche se non ci riescono, perché forse non lo vogliono. Che crede ci possa essere un happy end. Ma non si stupisce troppo se non arriva mai.

I tuoi romanzi sono come il Sunlight Project di Wolf : un modo di dire delle verità che non hai saputo dire altrove, un amorevole cura delle muffe e delle menzogne che ci crescono addosso. Restituisci dignità al mio mondo perché mi ricordi che la verità di un essere umano è la verità di tutti e che condividerla non ci migliora ma neanche ci uccide.

Un’ultima cosa. Ho saputo che per scrivere Purity hai bevuto e fumato tantissimo e sono preoccupata: davvero ti voglio bene e ti devi prendere cura di te, altrimenti finisci come David.

Quindi ora vai alla finestra, siediti tranquillo e fai un po’ di birdwatching perché anche se Purity non è il tuo romanzo migliore ti vogliamo ancora bene e aspetteremo altri anni per leggerti.

Tua.

Franzenofilia

 

p.s.: “Could a more perfect manufactured object than a tennis ball be imagined?”

 

Immagine: purity by Nicholas Noyes

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