Fotografia a Milano: il bilancio (provvisorio) di Polifemo

In Arte, Weekend

Gli ultimi anni di fotografia a Milano visti dal collettivo Polifemo che compie 13 anni, li festeggia con una collettiva, e attende di sapere se avrà ancora casa alla Fabbrica del vapore. Negli anni, spiegano, si è affermato un punto di vista femminile sul mondo e una grande qualità: ai tempi dei social i professionisti, per differenziarsi, hanno dovuto scommettere su una proposta alta

Un’ultima mostra, o forse la prima di un’altra lunga serie. Così Polifemo celebra 13 anni di storia e aspetta di sapere che ne sarà della propria sede. Il collettivo fotografico e associazione culturale, formato da Leonardo Brogioni, Marco Pea, Italo Perna e Luca Tamburlini, per più di una decade ha abitato i locali della Fabbrica del Vapore di via Procaccini e attende i risultati del bando indetto dal Comune di Milano per riassegnare gli spazi. «Non dovrebbe mancare molto», spiega Brogioni, fotografo e cofondatore di Polifemo. «Pare, da quanto sappiamo in via ufficiosa, che la commissione che valuterà i progetti non sia ancora stata nominata, ma tutto dovrebbe essere valutato dall’attuale giunta». Dunque, si saprà qualcosa  a ridosso di queste elezioni o nel periodo immediatamente successivo, «pensiamo entro giugno, luglio. Ufficialmente, però, ci troviamo in una situazione di stallo che ci costringe a non poter più programmare sul lungo periodo, le nostre attività». [Qui le tappe)

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Per ora Polifemo resta dov’è, grazie a una lettera, «frutto di una delibera comunale, che ci consente di stare qui fino a quando lo spazio non verrà assegnato in via definitiva». Nel frattempo, allestita a oltranza, sfondo di prossimi eventi spot e di iniziative a breve termine, c’è una mostra – si chiama appunto Nel frattempo –  che raccoglie opere fotografiche che il team ha conservato nel frutto degli anni, frutto di acquisizioni, lasciti, regali e  talvolta anche di dimenticanze. «Tutti sono stati avvisati della presenza delle loro fotografie: visto che nessuno è però venuto a ritirarle, le abbiamo considerate nostre, le abbiamo conservate come si deve e l’occasione ci è sembrata ideale per esporle». Ma l’allestimento non è ancora definitivo, restano degli spazi, sui muri bianchi, da riempire: «Alcuni fotografi verranno nei prossimi giorni a lasciarci la loro opera», spiega Brogioni.

Sono fotografie molto diverse per genere e stile, che «danno un po’ un’idea di tutto quello che è passato da Polifemo in questi anni». Tredici, per l’esattezza. «Tutto è cominciato nel 2003 – ricorda Brogioni – in uno spazio provvisorio, un ex consiglio di zona in via Luigi Nono. Tre stanze in cui abbiamo iniziato a esporre, organizzare mostre e incontri, sempre a 360 gradi». Prima ancora, a ospitarli, c’era stato il foyer del Teatro Franco Parenti. Fotogiornalismo, ricerca pura, fotografia architettonica, generi e stili completamente diversi. «Abbiamo sempre cercato di fare un lavoro di scouting, alla ricerca autori emergenti, non necessariamente giovani in senso anagrafico, con un metodo molto accurato. Abbiamo girato mostre, scuole di fotografia…». Nel team molti insegnano o insegnavano nelle scuole e avevano modo di intercettare quei talenti. «Sono molto soddisfatto degli autori che abbiamo intercettato, alcuni dei quali hanno fatto strada, approdando ad altre gallerie, come Marco Dapino ( qui il portfolio che Cultweek gli ha dedicato, ndr)  e Michele Ranzani. Significa che abbiamo individuato le persone giuste».

In questi 13 anni la fotografia, spiega Brogioni, è cambiata. «L’aspetto più eclatante, credo, è il suo incremento a livello professionale, di ricerca e anche dal punto di vista femminile. È un dato numerico, statistico, tant’è che la maggioranza degli autori che sono qui esposti sono donne. Rispetto al passato esiste una visione molto femminile del mondo». E poi c’è stato l’avvento dei social media e di strumentazioni che rendono la fotografia sempre più facile da realizzare, che hanno fatto sì che il livello qualitativo si innalzasse molto. «Il professionista – dice Brogioni – ha dovuto distinguersi da questa massa di immagini, cercando di offrire lavori di grandissima qualità dal punto di vista dei contenuti, della narrazione, dell’immagine, dello stile, della personalizzazione».

In tredici anni a Milano sono nati – e morti – molti spazi dedicati alla fotografia. «Ho visto un avvicendamento continuo di gallerie che propongono anche cose molto interessanti, ma che poi non riescono a sopravvivere dal punto di vista economico. Evidentemente non ci sono collezionisti a sufficienza», dice Brogioni. «Mi stupisco sempre che Polifemo sia durato così tanto: non dipendendo dai collezionisti, ma semplicemente dal nostro lavoro di fotografi commerciali, abbiamo potuto permetterci una certa indipendenza e libertà e abbiamo proposto autori e sguardi, disinteressandoci del mercato dell’arte. Questo, paradossalmente, è risultato vincente».