Personaggi migratori

In Letteratura

Riflessioni – infarcite con teoria delle reti – sul personaggio di finzione (e sul migrante) a partire da Aleksandar Hemon per arrivare al romanzo di esordio di Alessio Cuffaro “La distrazione di Dio”

Alcuni scrittori raccontano sempre la stessa storia. Uno di questi è senza dubbio Aleksandar Hemon, autore bosniaco emigrato a Chicago ma che ha lasciato il cuore a Sarajevo e dintorni. I romanzi di Hemon, così come le sue opere di non-fiction, si somigliano tutte: un emigrato serbo negli Stati Uniti cerca di sopravvivere alle sentite differenze culturali fino a quando non decide di fare un salto nella terra natia, dove ha lasciato pezzi di vita e parenti e dove spera di ritrovare, nonostante i sensi di colpa, le proprie radici. I protagonisti di Hemon sono europei erranti – o meglio: dispersi –, che seppur diversi nei nomi e nelle descrizioni, sono uguali in tutto e per tutto nell’anima e nell’indole.

 

«La presunta impossibilità di vedere il mondo attraverso gli occhi di qualcun altro è legata all’idea che una persona abbia un’identità ben radicata in profondità dentro di sé, in uno spazio intimo a cui nessuno può accedere. Se sei il re o la regina di te stesso, non puoi essere qualcun altro, non puoi capire gli altri, e gli altri non possono capire te. Ma se invece partissimo dal presupposto che ognuno di noi è anche in una certa misura qualcun altro? Che le persone sono sempre implicate in un reticolo di scambi, che sono costituite dalla relazione con gli altri, che non si creano da sole? Allora una persona potrà immaginare di trovarsi in una posizione diversa del reticolo, e attraverso l’immaginazione potrà capire gli altri

 

Si tratta di una dichiarazione di Hemon, estratta da un’intervista pubblicata dal magazine Bomb nel 2000. Dando per scontato qualcosa che non lo è – il parallelismo fra esseri umani reali e personaggi letterari – potremmo dire che nella soprastante affermazione l’autore bosniaco sottolinei che il personaggio in sé è un entità che non esiste nello spazio letterario, ma che prende forma grazie alla presenza di una rete di relazioni. I personaggi, così come le persone, si muovono mossi da desideri, intuiti e necessità che paiono forze simili a quelle che animano gli abitanti di Cloe, la più casta e al tempo stesso lussuriosa città invisibile di Calvino. Sono forze che creano relazioni, e la relazione, si sa, definisce che cosa sia un essere umano meglio di qualsiasi gesto auto-riferito.

Ma l’intento di Hemon nella sua asserzione è anche un altro: scardinare il personaggio/persona dalla sua posizione centrale, dal suo perno egoico che lo tiene ancorato al suolo, a una vita e alla sua interiorità blindata e nascosta. Se ci formiamo grazie alle relazioni, se siamo nodi erranti di una rete in perenne oscillazione, necessitiamo di un movimento centrifugo, il quale ci permetta di allontanarci da noi stessi per giungere negli spazi dell’altro, innescando così quei meccanismi di immedesimazione ed empatia che nella vita permettono di assumere punti di vista altri sul mondo e di allargare lo spettro delle esperienze. Un doppio movimento dunque: perdita di centralità abbinata alla necessità di relazionarsi col prossimo. La persona e il personaggio sono dunque entità in disequilibrio, eternamente in divenire e protese verso l’esterno.

Ma così facendo, non rischiamo di perderci? Sembra essere proprio questo il destino di Francesco Cassini, ingegnere torinese di fine Ottocento che, a causa di un capriccio dell’esistenza, non finisce sottoterra dopo la sua apparente dipartita in un incidente essendo condannato a migrare di corpo in corpo, trovando nuovi corpi, nuove relazioni, nuovi tempi e nuove città al posto del riposo eterno. Francesco – protagonista del romanzo d’esordio di Alessio Cuffaro, La distrazione di Dio (Autori Riuniti) – prende possesso dei corpi in cui si risveglia e, pur conservando abilità e ricordi, è costretto a sopravvivere in universi che non gli sono propri, lontano nel tempo e nello spazio dal nord Italia che lo aveva visto crescere alle soglie del 1900. Francesco Cassini è un nodo della rete in movimento, un navigatore del reticolo di scambi che connette le esistenze degli esseri umani. Egli è un nuovo Case, che invece di spostarsi nel cyberspazio immaginato da William Gibson si sposta da un corpo all’altro quando questi cessano di vivere, dribblando senza sosta la falce del tristo mietitore.

Personaggio errante nel tempo (attraverserà tutto il Novecento, inanellando una serie di esperienze diverse che lo metteranno costantemente alla prova) e nello spazio (da Torino a Parigi, passando per l’Europa orientale e le metropoli statunitensi del nuovo millennio), Francesco Cassini cerca risposte nelle vite delle persone che occupa, tentando di comprendere se la sua disfunzione esistenziale sia un semplice quanto inspiegabile capriccio divino oppure uno straordinario dono di cui fare tesoro nonostante gli ovvi deragliamenti emotivi che tanto spesso lo colpiscono e devastano. Che forma daresti alla tua vita, se potessi vivere quella di un altro? recita la “tagline” del romanzo d’esordio di Alessio Cuffaro. Accoglieresti il movimento eccentrico per fare esperienza dell’altro, rischiando di allontanarti dal tuo centro, dal perno del tuo mondo? Il protagonista de La distrazione di Dio non fa che ripeterselo, trovando nel suo bizzarro viaggio umano alcune importanti risposte.

«Chiamatemi Francesco Cassini», potrebbe recitare l’explicit del libro, tanto è definito il personaggio di cui è stata raccontata la vicenda. Abitare altri corpi, sembra dirci Alessio Cuffaro, è un modo per scoprire se stessi, per poterci in qualche modo definire. Al termine di questa lunga serie di ibridazioni, il protagonista è definito, è delineato in modo splendido. Lo conosciamo. Sembra essere un amico, un conoscente. Nonostante egli abbia vissuto per oltre metà del romanzo in modalità migrante, lontano dalla propria trama iniziale e dalle proprie radici, Francesco Cassini sta davanti a noi, personaggio letterario particolarissimo e a sua volta modello di personaggi e persone che trovano la propria via nel confronto, nella relazione e nel movimento centrifugo. E non è soltanto la relazione che intercorre fra le persone che il romanzo mette in luce: Alessio Cuffaro ci mostra quanto sia fondamentale il rapporto corpo-coscienza. Non siamo mai slegati dal corpo che abitiamo, dalle cellule agli organi. Emozioni, desideri e voglie creano essi stessi la materia carnea nella quale si insinuano neurotrasmettitori e ormoni, dando origine all’impasto che chiamiamo uomo.

La confusione regna sovrana nella testa di Francesco Cassini, ma egli non è il solo a sentirsi scompaginato e perso. Il suo movimento altera le vite degli ospiti che abita, gettandole nel caos e mutandole, in alcuni casi, in modo definitivo. Che tipo di paure provoca questo agire? In pratica, è un ritorno alla vecchia questione del vivere per sé o del vivere per gli altri. Sarebbe buona cosa non farci distrarre dai suggerimenti di Hemon, perché nonostante la tendenza che abbiamo di esplorare gli ambienti altrui e le coscienze degli individui che ci circondano, viviamo sempre per noi stessi e in noi stessi. È uno psicologo che, rispondendo al protagonista, mette in chiaro questo punto: «Vivere significa mettere in ombra qualcuno per poter prendere più luce. Capita anche se stai attento che non capiti. Il punto non è riuscire ad essere immune da questo, nessuno ci riesce. Il punto è accettarlo e imparare a stare dalla propria parte, anche se si crede di non meritarlo

Vivere. Che si tratti di personaggi o di persone poco importa. Ciò che conta è tenere presente i poli opposti che si relazionano nel fondamentale paradosso dell’esistenza: il movimento empatico verso gli altri da un lato e la consapevolezza che non possiamo nascondere sotto al tappeto quell’Io che così tanto ci appartiene. Nonostante il mondo brulichi di esseri umani, come si vede nello splendido Booktrailer del romanzo, dobbiamo “stare dalla nostra parte”, senza che questa posizione di partenza ci pregiudichi la possibilità che abbiamo di mettere da parte lo spazio intimo che molto spesso, volenti o nolenti, siamo chiamati ad aprire per poter accedere a quello di chi vive intorno a noi.

La distrazione di Dio di Alessio Cuffaro è il primo romanzo pubblicato da Autori Riuniti, neonata casa editrice torinese composta da soli autori. Il progetto editoriale è riassumibile nel manifesto pubblicato sul sito ufficiale e su ogni copia dei loro libri. Il romanzo con protagonista Francesco Cassini fa parte della collana di narrativa: “i nasi lunghi”, la quale comprende altri tre titoli – La vita va avanti di Vito Ferro, Diranno di me – La vera storia di Shaye Saint John di Andrea Roccioletti e Il nome dell’isola di Fabio Greco.

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